Onda n. 17 2006, 26 aprile 2006
Ombre sul giallo: Franca Leosini. Non datele del lei o, peggio, non chiamatela signora, a meno che non vogliate sentirvi rispondere «le signore stanno in salotto, i giornalisti in strada»
Ombre sul giallo: Franca Leosini. Non datele del lei o, peggio, non chiamatela signora, a meno che non vogliate sentirvi rispondere «le signore stanno in salotto, i giornalisti in strada». Non chiedetele quale sia il killer, l’efferato omicida o il maniaco che l’ha messa in difficoltà in quattro anni di interviste al limite e 55 storie maledette in archivio. Vi direbbe di avere «paura solo dell’ipocrisia, delle menzogne e della falsità delle persone». E guardate che non sono parole gettate al vento. Lei, con tanta poca eleganza soprannominata ”la signora dei mostri”, di dannati ne ha incontrati veramente tanti: Pietro Pacciani, Donato Bilancia, Angelo Izzo, Mario Mariolini, ”il cacciatore di anoressiche”. Come se non bastasse poi ha pure fatto riaprire il caso Pasolini dopo quello che Pino Pelosi le ha detto in trasmissione e non si nasconde dietro false modestie. «Ho riscritto la storia del delitto di Pier Paolo Pasolini dopo trent’anni», dice a chiare lettere. Signori e signori: Franca Leosini, anima, cuore, e, soprattutto, mente, di ”Ombre sul giallo”, che torna, per la quarta edizione di fila, «l’impostazione della trasmissione non è cambiata», questo sabato alle 23.20. Vicende giudiziarie e umane su cui permane l’ombra del dubbio, il tormento di un mistero irrisolto o anche l’ipotesi di un errore commesso da chi era stato chiamato a indagare e a giudicare, «perché i magistrati sono uomini e gli uomini possono sbagliare». Nonostante una sentenza di condanna. Una serie di tre storie che si articola in sei puntate, «i casi vengono snodati su due puntate perché un’ora di trasmissione non è sufficiente per un’inchiesta articolata», che si apre con ”La rosa di ghiaccio” e si chiude con ”Delirio in canonica”, «una grande storia», anticipa. Questa settimana Franca Leosini siederà di fronte a Rosa Della Corte, 21 anni, «ne aveva 18 quando venne compiuto il delitto», rinchiusa nel carcere di Perugia, colpevole dell’omicidio di Salvatore Pollasto, il suo ragazzo. «Rosa - entra nel dettaglio la Leosini, che studia i processi «dalla prima all’ultima pagina, lavorando anche tredici ore al giorno» - è una ragazza di una bellezza incredibile. E’ stata condannata a 25 anni, che successivamente sono diventati 18, per aver ucciso il suo ragazzo con due coltellate. E’ accaduto mentre facevano l’amore: lui è stato trovato con i pantaloni abbassati e in macchina. Un delitto senza una prova, quei pantaloni abbassati - precisa Franca, che dice del suo lavoro «io vado al di là della cronaca. Il mio è un giornalismo di inchiesta che va alla ricerca delle ragioni e della verità di una storia» - sono l’unico indizio. Una ragazza trasgressiva - torna poi su Rosa - che tradiva continuamente e in modo sfacciato il fidanzato. Lui, gelosissimo, ne era follemente innamorato». Salvatore Pollasto è un militare in carriera negli Alpini. Alle prime luci dell’alba del 4 aprile 2003, ne viene rinvenuto il corpo in macchina, in una stradina appartata della periferia di Napoli. Gli inquirenti indagano sulle frequentazioni di Salvatore e scoprono che il ragazzo, irreprensibile e legatissimo alla famiglia, ha un’unica grande passione: Rosa, bella, trasgressiva, ma soprattutto infedele. Tutte le piste portano ad un’unica ipotesi: a vibrare le due coltellate mortali sarebbe stata la ragazza. Ecco, poi, le ombre, nonostante la sentenza che ha condannato la ragazza a 18 anni di reclusione: manca il movente, manca l’arma dell’omicidio, manca persino la certezza che Rosa fosse presente sul luogo dell’omicidio. Un processo indiziario. «Rosa - spiega Franca Leosini, che sul comodino ha una raccolta di Truman Capote, ”Le memorie di Adriano” e ”Lolita” di Nabokov - è una ragazza ingenua e dissennata: il suo quoziente di trasgressività così marcato non è equivalso ad altrettanta scaltrezza. Dissennata - precisa - perché, dopo il delitto, ha continuato a frequentare altri uomini come se nulla fosse. Se fosse stata furba per un periodo avrebbe moderato i suoi atteggiamenti». Furbizia, scaltrezza, ingenuità, schiettezza. Franca Leosini, che ha scritto sul tazebao della sua stanza la frase ”Puoi sempre contare su un assassino per una prosa ornata”, i suoi dannati li vuole conoscere veramente. Oltre a studiarsi i faldoni del processo, «la signora del mistero» incontra, «da sola» sottolinea con orgoglio, diverse volte i suoi interlocutori e non gli pone mai le stesse domande che gli farà durante l’intervista. Un colloquio in cui, come siamo abituati a vedere, avrà davanti gli appunti, i fogli del processo e la sua inesauribile voglia di capire. Niente, insomma, è lasciato al caso. Neanche i meccanismi della televisione, che Franca Leosini conosce benissimo (dopo l’esperienza a ”Panorama”, ”Cosmopolitan” e al ”Tempo”, ha esordito in televisione come autrice delle inchieste di ”Telefono giallo” e fatto centro con ”Storie maledette” e ”Parte civile”). E non si nasconde. «Devo costruire - dice - una sceneggiatura in grado di captare il massimo dell’interesse, con una forma narrativa forte. Per questo mi avvalgo anche di tutto il materiale allegato agli atti del processo come foto e filmati. Deve essere una inchiesta legata ad una grande storia, altrimenti - conclude- non interessa a nessuno. La televisione ha le sue regole».