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 2006  aprile 25 Martedì calendario

Hugo Dixon sbaglia, i titoli della Debito spa sarebbero rischiosi Corriere della Sera, martedì 25 aprile 2006 E’ stupefacente che le proposte di finanza creativa per l’abbattimento del debito pubblico italiano, avanzate nel programma del centrodestra e ispirate a un progetto del professor Giuseppe Guarino, possano sedurre sofisticati commentatori

Hugo Dixon sbaglia, i titoli della Debito spa sarebbero rischiosi Corriere della Sera, martedì 25 aprile 2006 E’ stupefacente che le proposte di finanza creativa per l’abbattimento del debito pubblico italiano, avanzate nel programma del centrodestra e ispirate a un progetto del professor Giuseppe Guarino, possano sedurre sofisticati commentatori. Eppure, nelle "breakingviews" di Repubblica di sabato 22, Hugo Dixon e Camilla Palladino hanno sottoscritto la tesi secondo cui il trasferimento a una Spa di "immobili, spiagge e partecipazioni in società quotate", oggi detenute dallo Stato o da enti locali, consentirebbe l’abbattimento di circa 400 miliardi di euro del debito pubblico che, scendendo così al di sotto dello 80% rispetto al Pil, si avvicinerebbe alla media europea. A dire il vero, i commentatori cadono quasi nella tentazione di pensare ancora più in grande: poiché i beni che lo Stato italiano "potrebbe cedere" sono stimati in 1.800 miliardi, tanto varrebbe puntare addirittura alla sostituzione del debito con un "credito" di bilancio. Ma poi sono costretti a riconoscere la difficoltà di vendere a un prezzo acconcio "la Venere di Botticelli" o gli Uffizi. Accontentiamoci perciò di ragionare sui 400 miliardi. Come ammettono Dixon e Palladino, l’operazione assomiglia molto alla "trasformazione del debito in azioni" tipica delle imprese in crisi. Non aggiungono però che, a differenza, i sottoscrittori delle azioni della nuova Spa non sarebbero le banche creditrici ma i risparmiatori (italiani o stranieri), che oggi hanno in mano i titoli di uno Stato sovrano appartenente al G8 e che, accettando lo scambio, sarebbero in possesso di un titolo rischioso di una holding tanto eterogenea da controllare uno dei big del petrolio (Eni) e - al contempo - da organizzare gli stabilimenti balneari delle Riviere. Perché i risparmiatori dovrebbero diventare azionisti di un simile guazzabuglio? Forse perché lo Stato rimarrebbe il garante di ultima istanza di un tasso minimo di dividendi (necessariamente più elevati dei tassi di mercato sui titoli pubblici), magari fungendo da prodigo acquirente dei beni e dei servizi offerti dalla holding? Se così fosse, la Ue non potrebbe accettare l’operazione e lo Stato italiano sarebbe davvero avviato verso la bancarotta. A differenza di quanto pensano i due commentatori, questa operazione di finanza creativa è dunque irrealizzabile non perché il governo Prodi sarà troppo debole per "far passare provvedimenti così radicali" ma perché è economicamente priva di senso. Ciò non significa che la diminuzione del debito debba prescindere dalla ripresa dei processi di liberalizzazione e privatizzazione e da una più efficiente gestione dei beni economici pubblici. Perché non raggruppare tali beni per insiemi omogenei e magari creare nuove società da collocare gradualmente sul mercato? Marcello Messori