la Repubblica 22/4/2006, 22 aprile 2006
Prodi, il debito pubblico e la finanza creativa. La repubblica, sabato 22 aprile 2006. hugo dixon Quando si è ridotti al lumicino forse la soluzione sta nella creatività: Romano Prodi dovrebbe rifletterci mentre contempla l’ Himalaya del debito pubblico italiano
Prodi, il debito pubblico e la finanza creativa. La repubblica, sabato 22 aprile 2006. hugo dixon Quando si è ridotti al lumicino forse la soluzione sta nella creatività: Romano Prodi dovrebbe rifletterci mentre contempla l’ Himalaya del debito pubblico italiano. Le soluzioni convenzionali non funzioneranno: se si stringerà troppo la cinghia il paese si ritroverà in piena recessione, e se si tenteranno delicati equilibri tra aumenti delle tasse e riduzioni della spesa i tempi diventeranno troppo lunghi, lasciando l’ Italia esposta a traumi internazionali che la metterebbero in ginocchio. La soluzione creativa sarebbe un grande programma di trasformazione del debito in azioni o di cessione di beni, come fanno le società in crisi. Con la cessione di 400 miliardi di euro di beni il debito pubblico italiano scenderebbe dal 106% a un più gestibile 78% del Pil, partendo dal quale si potrebbe intraprendere una seria riduzione senza ricorrere a lacrime e sangue. Secondo una stima approssimata i beni che lo Stato potrebbe cedere valgono 1.800 miliardi di euro, anche se alcuni (ad esempio la Venere di Botticelli degli Uffizi) sono in realtà incedibili. A 400 miliardi invece si potrebbe arrivare cedendo immobili, spiagge e partecipazioni in società quotate. Nemmeno questo sarebbe facile perché alcuni beni producono redditi scarsi o nulli, o appartengono a enti locali, o la loro privatizzazione scatenerebbe le reazioni rabbiose di locatari che li hanno ottenuti a canoni di estremo favore. D’ altronde, proprio eliminare queste rendite di posizione potrebbe essere il toccasana di cui l’ asfittica economia italiana ha bisogno per riprendere slancio. Il problema è che quasi certamente la coalizione di Prodi, vincitrice delle elezioni per il rotto della cuffia, non avrà la coesione necessaria per far passare provvedimenti così radicali, ma almeno se ne può cominciare a parlare. Hugo Dixon e Camilla Palladino <Speculazioni da ricchi per le masse& L’ acquisizione di ingenti partecipazioni societarie, detta anche private equity, è sempre stata un feudo degli investitori più ricchi, ma KKR progetta di far entrare in gioco anche i piccoli risparmiatori, tra i quali raccoglierà 1,5 miliardi di dollari. Tutti avranno così la possibilità di investire nella più nota società di acquisizioni mediante indebitamento, ma che questa sia una decisione saggia è tutto da dimostrare, nonostante gli elevati rendimenti ottenuti negli ultimi anni dalle società di private equity, a volte prossimi al 50%, e la fame di investimenti in questo settore. Invece, prima di fare incetta di quote di KKR, gli investitori farebbero bene ad ascoltare i lamenti sui prezzi stratosferici delle aziende emessi dagli stessi dirigenti delle società di private equity. Anche i finanziamenti necessari per le acquisizioni sono alle stelle: se solo 18 mesi fa indebitare per più di 5 volte l’ ebitda una società acquisita era considerato temerario, oggi sette volte sono la norma. A dicembre Bain Capital ha acquisito Dunkin Donuts indebitandola per 8,5 volte l’ ebitda con una delle operazioni più spericolate dopo il bagno di sangue che negli anni 80 pose fine alla febbre delle acquisizioni con indebitamento. Se ci fosse un altro crollo del mercato, la quotazione della società di private equity di KKR scenderebbe rapidamente sotto il valore patrimoniale netto dei suoi investimenti e i primi a rimetterci le ossa sarebbero i piccoli risparmiatori. Per un piccolo investitore, entrare al momento sbagliato potrebbe essere rovinoso. Antony Currie (Traduzioni a cura di MTC)