Corriere della Sera 25/03/2006, pag.33 Sergio Romano, 25 marzo 2006
Istria, Croazia, Carinzia: il triangolo della morte. Corriere della Sera 25 marzo 2006. La sua risposta a Francesco Guidi (Corriere, 16 febbraio) in merito al generale russo Vlasov che combatté contro Stalin, mi riporta con la memoria alla fine di aprile del 1945 quando venni distaccato come interprete presso un gruppo di truppe speciali britanniche il cui compito ufficiale era quello di tagliare la ritirata ai resti delle truppe di Vlasov che dall’ Istria cercavano di risalire verso il Nord
Istria, Croazia, Carinzia: il triangolo della morte. Corriere della Sera 25 marzo 2006. La sua risposta a Francesco Guidi (Corriere, 16 febbraio) in merito al generale russo Vlasov che combatté contro Stalin, mi riporta con la memoria alla fine di aprile del 1945 quando venni distaccato come interprete presso un gruppo di truppe speciali britanniche il cui compito ufficiale era quello di tagliare la ritirata ai resti delle truppe di Vlasov che dall’ Istria cercavano di risalire verso il Nord. Lo scopo vero era di prendere contatto con la X Mas il cui comandante, principe Borghese, aveva segnalato l’ intenzione di arrendersi agli alleati. Le truppe di Tito, avendo probabilmente avuto sentore della cosa, accerchiarono il gruppo britannico appena sbarcato, sostenendo trattarsi di «tedeschi travestiti». Lo scontro si trasformò rapidamente in uno scambio di sigarette e polli per far trascorrere il tempo necessario sia per chiarire «l’ equivoco» (grazie all’ intervento del Brigadiere Bill Deakin, presso il comando della V armata jugoslava), sia per fare entrare le truppe neozelandesi a Trieste prima di quelle di Tito. Ai «commando» britannici non restò che rientrare alla base di Zara da dove erano partiti e celebrare la fine della guerra - almeno nel mio caso - con una ingloriosa sbornia di gin. Vittorio Dan Segre segred@lu.unisi.ch Caro Segre, in un volume autobiografico apparso più di vent’ anni fa presso Bompiani («Storia di un ebreo fortunato»), lei raccontò la sua vita sino alla fine della Seconda guerra mondiale e descrisse alcuni raccapriccianti episodi croati degli ultimi mesi del conflitto. Ma la curiosa operazione politico-militare in cui lei fu coinvolto, indirettamente, con il generale Vlasov e il principe Borghese, dovette sembrarle, a confronto di altre, meno importante. vero. Grazie al brigadiere Deakin (autore dopo la guerra di un bel libro sull’ alleanza italo-tedesca, apparso presso Bompiani) lei fu davvero, ancora una volta, un «ebreo fortunato». In quel «triangolo della morte» fra Istria, Croazia e Carinzia furono scritte in quelle settimane alcune delle pagine più brutte della Seconda guerra mondiale. Approfitto della sua lettera, caro Segre, per ricordare una vicenda a cui lei fu del tutto estraneo. Mentre i cosacchi lasciavano l’ Istria e il Friuli nella speranza di arrendersi agli inglesi e agli americani, parecchie migliaia di persone cominciavano ad attraversate la frontiera tra la Croazia e la Carinzia. Erano soldati e ufficiali dei corpi militari di Ante Pavelic (il Poglavnik fascista del regno di Croazia) e funzionari civili della sua amministrazione che cercavano di sfuggire con le loro famiglie alle vendette e alle rappresaglie dei partigiani di Tito. Alla mezzanotte del 13 maggio (la guerra era terminata da meno di una settimana) i militari e i civili che avevano cercato protezione nella zona occupata dal 5° corpo britannico erano circa 30.000. Ma altri 60.000, nel frattempo, stavano salendo verso la frontiera austriaca. Due giorni dopo l’ avanguardia di questa armata in fuga arrivò in prossimità di Bleiburg nella Carinzia meridionale e chiese di arrendersi al comando britannico della regione. Ma un generale jugoslavo, apparso di lì a poco, volle partecipare ai negoziati e chiese al comando britannico la consegna dei prigionieri promettendo che sarebbero stati trattati umanamente. Ma alcuni di essi vennero immediatamente massacrati nei pressi di Bleiburg e molti altri ebbero la stessa sorte dopo il ritorno in Jugoslavia. probabile che gli inglesi non potessero accogliere un numero così elevato di rifugiati. Ed è possibile che non abbiano neppure tentato di immaginare quali rischi i croati in fuga avrebbero corso non appena fossero caduti nelle mani delle forze di Tito. Erano tempi crudeli in cui la vita umana aveva perso, anche negli eserciti più civili, buona parte del suo valore. Ma uno storico di origine russa, Nikolai Tolstoj (lontano discendente dell’ autore di «Guerra e pace») decise di ricostruire gli eventi e di individuare, per quanto possibile, le responsabilità di coloro che ne erano stati protagonisti. Lo fece soprattutto in due libri intitolati «The secret betrayal» («Il tradimento segreto») e «The minister of massacres» (il ministro dei massacri). In uno di essi attribuì molte responsabilità a un generale di brigata inglese Toby Low, che divenne più tardi deputato conservatore, ministro nel governo di Harold Macmillan e infine membro della Camera Alta con il nome di Lord Aldington. Ma commise l’ errore di affermare che il generale non poteva ignorare la sorte a cui i prigionieri sarebbero andati incontro. Aldington lo querelò e il tribunale, quando Tolstoj non poté fornire la prova della sua affermazione, lo condannò al pagamento di due milioni e duecentomila sterline: una delle pene pecuniarie più elevate inflitte sino ad allora da un tribunale britannico in una causa per diffamazione. Sergio Romano