Corriere della Sera 14/03/2006, pag.39 Sergio Romano, 14 marzo 2006
I «faccia a faccia» e altri articoli made in Usa. Corriere della Sera 14 marzo 2006. Perché dobbiamo, in questo Paese, organizzare il «faccia a faccia» fra i due leader? Per copiare gli Usa? Non sarebbe meglio andare nelle nostre bellissime piazze e parlare a tutti i cittadini, come si faceva una volta? Non è nostalgia
I «faccia a faccia» e altri articoli made in Usa. Corriere della Sera 14 marzo 2006. Perché dobbiamo, in questo Paese, organizzare il «faccia a faccia» fra i due leader? Per copiare gli Usa? Non sarebbe meglio andare nelle nostre bellissime piazze e parlare a tutti i cittadini, come si faceva una volta? Non è nostalgia. soltanto difesa di quanto a mio parere è più valido. Ciò che maggiormente infastidisce è notare che nessuna emittente tv o nessun quotidiano eleva una voce dissonante. Mi pare di vivere, come in altre occasioni, da pecora. Come mai non si copia la grande America nei confronti di chi evade il fisco? O per l’ insegnamento delle religioni? Negli Usa la religione non è insegnata nelle scuole. Penso, comunque, che sarebbe meglio eliminare l’ insegnamento della religione dal programma degli studi. Quasi sempre l’ ora di religione è ora di baldoria. Giuseppa Mauro ginca@infcom.it Cara Signora, tralascio l’ ora di religione, tema di una precedente rubrica, e cerco di rispondere ai due quesiti della sua lettera. Il primo: perché non torniamo ai comizi in piazza delle vecchie campagne elettorali? Il secondo: perché importiamo dagli Stati Uniti le novità più discutibili anziché imitare i loro aspetti migliori? Alla prima temo di dovere rispondere che nelle piazze, per ascoltare un leader politico, andrebbero ormai soltanto i suoi fedeli e, forse, qualche provocatore per seminare zizzania. La televisione ha avuto sulla nostra vita effetti simili, per molti aspetti, a quelli di altre grandi innovazioni tecnologiche, dalle ferrovie al telefono. Ha ucciso il giornale del pomeriggio, che gli italiani compravano alla fine della giornata di lavoro e leggevano in salotto dopo il pranzo della sera. Ha ridotto considerevolmente il numero delle sale cinematografiche. Ha modificato lo stile dell’ oratoria e del dibattito politico. C’ è una fondamentale differenza tra l’ arte del discorso in piazza, di fronte a una folla in gran parte lontana dal podio, e quella del discorso in televisione, a due metri dagli occhi dello spettatore. Non basta. Tutte le maggiori democrazie sono ormai bipartitiche o bipolari e offrono quasi sempre agli elettori una scelta secca tra Tizio e Sempronio. Era inevitabile che la combinazione fra bipolarismo e televisione producesse il «faccia a faccia», vale a dire il modo più semplice e diretto per consentire ai consumatori di controllare la qualità della merce. Purtroppo il confronto, in molti casi, non è fra le idee, ma fra le apparenze. La prossimità accentua ed esalta particolari che in passato erano meno significativi: il linguaggio del corpo, un sorriso, uno sguardo, la scelta dell’ abito, il nodo della cravatta. Sembra che nel duello televisivo del 1960 fra Kennedy e Nixon il secondo sia stato battuto, oltre che dall’ abilità dialettica del primo, dalle gocce di sudore che gli imperlavano la fronte. Qualcosa del genere accadde da noi in occasione del «faccia a faccia» giudiziario fra Antonio Di Pietro e Arnaldo Forlani nel palazzo di giustizia di Milano all’ epoca di Tangentopoli. Forlani perdette il match, agli occhi degli spettatori, quando all’ angolo della bocca apparve una perla di saliva bianchiccia. Alla sua seconda domanda, cara signora, posso soltanto rispondere che lei ha perfettamente ragione. Prendiamo dagli Stati Uniti le mode effimere, i gusti discutibili, le tendenze trasgressive, i gesti provocatori (il turpiloquio di certi dialoghi cinematografici per esempio), insomma tutto ciò che sull’ America profonda ha meno influenza di quanto non si creda. Questo accade in tutta l’ Europa, ma soprattutto nei Paesi maggiormente privi di ambizioni nazionali, come l’ Italia. Sono stato molto colpito negli ultimi giorni dall’ importanza che le televisioni italiane hanno attribuito a un avvenimento mondano degli Stati Uniti, la «notte degli Oscar». Anche noi abbiamo avuto un grande avvenimento mondano cinematografico: il festival di Venezia. Ma lo abbiamo messo in ginocchio con qualche manifestazione sessantottesca, organizzata da un drappello di intellettuali, e ora, anziché consumare la nostra mondanità, consumiamo quella confezionata in California. Sergio Romano