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 2006  marzo 23 Giovedì calendario

Dottrina Monroe, arma invecchiata della politica Usa. Corriere della Sera 23 marzo 2006. Nel dicembre del 1823 il presidente americano James Monroe enunciò in un messaggio al Congresso un principio che si sarebbe rivelato fondamentale per la politica del suo Paese

Dottrina Monroe, arma invecchiata della politica Usa. Corriere della Sera 23 marzo 2006. Nel dicembre del 1823 il presidente americano James Monroe enunciò in un messaggio al Congresso un principio che si sarebbe rivelato fondamentale per la politica del suo Paese. Disse in sostanza che l’America repubblicana si contrapponeva all’Europa monarchica e che gli Stati Uniti avrebbero considerato un pericolo per la loro sicurezza ogni tentativo di estendere oltre Atlantico le istituzioni europee. Questi principi, noti come «Dottrina Monroe», pur variamente interpretati, divennero uno dei capisaldi della politica statunitense fino alla Prima guerra mondiale. Il presidente Wilson portò gli Usa in guerra nel 1917 richiamandosi al suo predecessore di cento anni prima, mentre i suoi oppositori, per bocciare in Congresso il successivo trattato di pace e la Società delle nazioni, si appellarono ad un’opposta interpretazione della dottrina di Monroe. Dopo la Seconda guerra mondiale tutto è cambiato, come ben sappiamo. Lei crede che quella «dottrina» abbia ancora un’influenza nella politica degli Stati Uniti? Gianpaolo Romanato Caro Romanato, la linea politica enunciata dal presidente Monroe fu anzitutto difensiva. Dopo la fine delle guerre napoleoniche, le potenze conservatrici della Santa Alleanza sembravano prepararsi a intervenire in America Latina per aiutare la Spagna a riprendere possesso dei territori coloniali che avevano nel frattempo proclamato la loro indipendenza. Per evitarlo Monroe dichiarò che «i continenti americani, grazie alla libertà e all’indipendenza conquistate e preservate, non debbono considerarsi soggetti alla futura colonizzazione di qualsiasi potenza europea». E aggiunse che «ogni intervento nell’emisfero sarebbe stato considerato una manifestazione di ostilità verso gli Stati Uniti». Ma sulla effettiva portata e importanza storica di queste parole è lecito avere qualche dubbio. Monroe, anzitutto, non osò sfidare le potenze europee nei territori che erano ancora soggetti al loro controllo: il Canada, Cuba, i Caraibi, le isole delle Indie occidentali. E ottenne, almeno in parte, lo scopo desiderato soltanto perché gli interessi degli Stati Uniti coincidevano con quelli della Gran Bretagna. Nella sua opera sulla storia delle relazioni internazionali dal Congresso di Vienna a oggi («Dal Sistema europeo alla Comunità mondiale», Celuc Libri 1999), Ottavio Barié ricorda che il merito del rispetto riservato alla Dottrina di Monroe fu principalmente della Marina britannica, formidabile strumento militare di una potenza consacrata dalla vittoria contro Napoleone. Se gli inglesi non fossero stati decisi a impedire che l’Atlantico divenisse terreno di caccia delle potenze continentali europee, la politica americana non sarebbe stata efficace. Fu quello il momento in cui comincia a delinearsi il grande fronte delle potenze anglosassoni. Più tardi, quando la sconfitta del Messico dette agli Stati Uniti le coste della California e le rive del Rio Grande, la dottrina di Monroe smise di essere difensiva e divenne l’argomento con cui i presidenti americani potevano giustificare la guerra di Cuba, le interferenze nella rivoluzione messicana, il canale di Panama e le pressioni esercitate sui governi del subcontinente. Poi, quando Wilson volle giustificare l’intervento americano nella Grande guerra, fu possibile ricordare che vi era nella dottrina di Monroe una evidente simpatia ideologica per i regimi democratici, anche se nati da un movimento rivoluzionario. E infine, quando Wilson chiese al Congresso di ratificare il Trattato di Versailles e la creazione della Lega delle Nazioni, la Dottrina offrì qualche argomento isolazionista a coloro che si opponevano alla sua politica. Come vede, caro Romanato, il presidente Monroe scrisse senza accorgersene un «documento per tutte le stagioni». Oggi poi, dopo quanto è accaduto in Argentina, Bolivia, Brasile, Cile, Cuba, Venezuela, Uruguay (Paesi governati da leader progressisti o populisti) sembra che della «Dottrina di Monroe» si possa parlare soltanto al passato remoto. Sergio Romano