La Repubblica 28/03/2006, pag.58-59 Fabrizio D´Amico, 28 marzo 2006
L´incredibile colore di Mark Rothko. La Repubblica 28 marzo 2006. «Le mie ultime distese di colore sono delle cose
L´incredibile colore di Mark Rothko. La Repubblica 28 marzo 2006. «Le mie ultime distese di colore sono delle cose. Le stendo sulla superficie. Non raggiungono il bordo, si fermano prima». Altrove: «l´arte astratta non mi ha mai attratto»; le mie distese di colore non sono «una soppressione [di realtà], ma una sostituzione di simboli» (rispetto all´epoca iniziale, a suo modo «surrealista»). E dunque «non ho mai provato interesse per Mondrian [.]; Mondrian divide la tela; io ci metto delle cose sopra». Infine, «i miei dipinti non si occupano di spazio»: come invece tutti pensavano. Mark Rothko (ebreo russo nato nel 1903; nel ’13 trasferitosi negli Stati Uniti; dal ’25 stabilmente a New York; presente con una personale ad «Art of this Century» di Peggy Guggenheim nel ’44; insegnante dal ’48 in una scuola d´arte che ha fondato con Baziotes, David Hare e Motherwell; legato alle importanti gallerie di Betty Parsons prima, di Sidney Janis poi, fino alla rottura con quest´ultimo nel ’62, per protesta contro il sostegno dato dal mercante alla Pop; riconosciuto come uno dei massimi interpreti della pittura americana fin dai primi anni Sessanta, quando il Moma di New York e molti musei europei gli dedicano ampie mostre retrospettive; morto suicida nel 1970, alla vigilia dell´inaugurazione d´una grande sala personale di sue opere alla Tate Gallery di Londra) è un pittore - uno dei maggiori del secolo ventesimo - di cui, conosciuta l´opera, è difficile non subire per sempre il fascino. Da un colore variato, respirante, mai fermo, chiuso in forme imperfettamente geometriche che sembrano galleggiare come in un amnio, Rothko giunge, alla fine della vita, a un colore severo e immoto, diviso da una lunga striscia che, simile ad un ininterrotto orizzonte, percorre l´intera lunghezza del dipinto - un colore cieco ora di profondità e spessori, tutto di nuovo e soltanto dato sulla superficie. Nell´uno e nell´altro modo, nascono pitture non dimenticabili: ma non facili a dirsi, a giustificarle; donde quel cercare sempre, da parte della critica, una chiarificazione da parte del loro artefice. Poche sue parole, invece, erano fin´oggi note: affidate per lo più alle rare interviste rilasciate da Rothko nel corso dei vent´anni che è durata la sua maturità. In Italia, una breve antologia di suoi scritti era stata pubblicata anni or sono da Abscondita, nella collana delle «Miniature». Oggi escono, da Donzelli, i suoi Scritti sull´arte. 1934-1969 (a cura di Miguel López-Remiro, pp. 252; edizione italiana a cura di Riccardo Venturi), di cui anticipiamo alcuni passi: il primo è inerente ad uno dei fondamenti della sua poetica; il secondo è una precisa presa di distanza dall´alveo della pittura d´azione, cui era stato ricondotto; il terzo è infine uno dei molti suoi scritti che evidenziano la vigile preoccupazione di Rothko sul modo di esporre e rendere avvicinabile la sua opera. Fabrizio D´Amico