La Repubblica 27/03/2006, pag.31 Luca Pagni, 27 marzo 2006
"Buy-back", sulla Borsa una pioggia di miliardi. La Repubblica 27 marzo 2006. Milano. C´è chi lo fa per mettersi al riparo da eventuali scalate
"Buy-back", sulla Borsa una pioggia di miliardi. La Repubblica 27 marzo 2006. Milano. C´è chi lo fa per mettersi al riparo da eventuali scalate. Chi per finanziare il piano di stock option dei manager. Per qualche società è un modo per sostenere il titolo in Borsa o per remunerare gli azionisti. E c´è chi vede in questo strumento un modo alternativo all´indebitamento in caso di acquisizioni. Quale che sia la ragione, per le società quotate a Piazze Affari il 2006 è certamente l´anno del "buy-back", termine tecnico che identifica il riacquisto di azioni proprie. Hanno deciso di farvi ricorso sia i big del listino – da Telecom a Generali – sia società scampate alla crisi dell´high tech come la milanese I.Net. Una serie di operazioni trasversali a tutti i settori, dalle utility (come Autostrade o Asm Brescia) agli editoriali (il gruppo L´Espresso così come Rcs). Complessivamente, in questi primi tre mesi dell´anno i piani di buy-back dichiarati hanno già superato i 4 miliardi di euro. Al di là delle differenti motivazioni, l´elemento comune a tutte le società è la grande disponibilità di riserve liquide. Dovuta in buona parte ai consistenti utili messi a segno in questi ultimi anni, coincidenti con la ripresa delle quotazioni in Borsa. In altre parole, le società hanno parecchio denaro in pancia, che viene così investito per non tenerlo fermo. «Ma nella maggior parte dei casi – fa notare uno dei responsabili milanesi di una banca d´affari internazionale – si tratta di manovre difensive: al massimo si cerca di convincere il mercato che se gli amministratori investono sulla propria società quella società è destinata nel breve-medio periodo ad acquistare ulteriore valore». Ed è quello che più o meno ha detto anche Marco Tronchetti Provera, numero uno di Telecom, il cui cda ha deciso di approvare un buy-back fino a 1 miliardo di euro. Tronchetti ha spiegato agli analisti che non si tratta di un´operazione per sostenere il titolo, uno dei meno brillanti nel corso del 2005. «Gli scambi sono elevati – ha argomentato – con un miliardo di buy back non possiamo influenzare il titolo, possiamo fare dei riacquisti e dare stabilità quando ci sono ribassi più marcati. Sono operazioni nell´interesse di tutti gli azionisti». Ma c´è chi punta sul buy back anche per crescere. l´obiettivo di Indesit che nel corso dell´anno potrebbe raggiungere il massimo consentito dalla legge per il riacquisto di azioni proprie (il 10% del capitale). Compito non impegnativo per la società controllata dalla famiglia Merloni, visto che già ora è al 9,76%. «Ma quello che il cda ha chiesto all´assemblea – spiegano dal quartier generale di Fabriano – è di poter disporre dei titoli per eventuali operazioni». In altre parole, quel 10% di titoli servirà con tutta probabilità per far qualche acquisizione, con tutta probabilità sui mercati asiatici, da pagare in parte cash e in parte con azioni. Gli amministratori delle società italiane si sono così messi in scia di quanto accaduto a Wall Street. Solo nei primi sei mesi del 2005, le società americane avevano raggiunto i 164 miliardi di dollari di buy back approvati, doppiando il dato dell´anno precedente. Tendenza proseguita anche nei mesi successivi e in questo inizio del 2006: giganti del calibro di Jp Morgan e Merrill Lynch hanno annunciato buy back oltre i 6 miliardi. Il recond assoluto spetta a Time Warner che di miliardi ne investirà fino a 20. Luca Pagni