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 2006  marzo 28 Martedì calendario

Borghezio, blitz a Ceppaloni. La Stampa 28 Marzo 2006. Roma. «Questa è la maledizione del mago di Arcella chiamato da Mastella»

Borghezio, blitz a Ceppaloni. La Stampa 28 Marzo 2006. Roma. «Questa è la maledizione del mago di Arcella chiamato da Mastella». E ci ride su per la rima. Ma sulla strada per Ceppaloni, Mario Borghezio si è preso un coccolone: un tir stringe la sua auto fino a mangiarle una fiancata intera. Niente però ferma il leghista venuto al Sud per liberare gli «amici meridionali» («da quando siamo alleati con Raffaele Lombardo non li chiamo più terùn»). Lascia l’auto mangiucchiata e salta su un’altra vettura. Non c’è tempo da perdere: l’europarlamentare Borghezio deve raggiungere i leghisti di Benevento che dal ’91 vanno ogni anno a Pontida, e i «tre camper bergamaschi sottratti alla campagna elettorale del Nord». Comizio in piazza, davanti al municipio dove regna incontrastato il sindaco Mastella. E’ previsto pure un girotondo attorno alla villa del leader dell’Udeur. Ma per cingerla d’assedio bisogna infilarsi in una stradina percorribile solo da un’utilitaria e che finisce davanti al cancello di casa-Mastella: non c’è modo di girarci intorno. Alla prima curva, zacchete, camper incagliati tra spigoli di muri. Meglio desistere. Già è un successo - «una svolta storica», dice modestamente Borghezio - portare Alberto da Giussano in quella piazza e lì arringare la folla. Alle undici di mattina, una trentina di persone ci sono: 28 sono mastelliani, uno è il segretario della sezione Almirante di An (un ex Dc) e il trentesimo chiede cosa sta succedendo. Tutti sonnecchiano appoggiati ai muri, tra il bar, la statua di padre Pio e una fontanella di acqua potabile e freschissima. Di frizzante qui c’è solo l’aria. E’ preoccupato invece l’uomo della digos venuto a proteggere Borghezio. «Speriamo che se ne vada presto», mormora, guardando i due blindati dei carabinieri e gli agenti in tenuta antisommossa. Arrivano anche due guardie forestali, non si sa mai... L’atmosfera è surreale. Eccolo Borghezio. Scende da un camper con un vestito estivo e il suo fazzelottone verde svolazzante attorno al collo. Parte il primo commento di Cosimo: «Ecco ’u panzone». Al telefono Carmine Tranfa, assessore e capogruppo dell’Udeur, dice: «Sì, c’è Borghetti, ’mo sentimmo che dice...». «Ma quale Borghetti, ’u cafè Borghetti: Borghezio si chiama», gli urla l’amico Luigi. «Questa è una pagliacciata», commenta Concetta che di cognome fa Tranfia come Carmine ed è il vicesindaco, ex Forza Italia fino a qualche settimana fa: ora, mastelliana, ovviamente. Bene, è l’ora di far parlare Borghezio. Afferra un megafono e comincia a parlare dell’«union sacrée Lega Nord-Movimento per l’Autonomia di Raffaele Lombardo», con la quale vogliono stritolare il centralismo romano. Urla contro gli immigrati e gli islamici che stanno invadendo le nostre terre. «Per la verità - commenta a bassa voce Luigi - qui da noi stanno tranquilli, si sono integrati, ci usciamo pure insieme». Borghezio continua e apre il capitolo Mastella che «ha fatto un partito mercenario». Ops, questo non doveva dirlo. «Mario - gli sussurra un collaboratore - parla della Lega, qui sono tutti mastelliani, bisogna farseli amici». «Ah, quindi - riprende Borghezio - il mio amico Mastella che quando eravamo insieme in commissione antimafia mi raccontava certe cose su De Mita...». Gli sguardi attorno si fanno torvi. C’è uno che dice all’amico: «Mettiamolo con il culo dentro la fontana così finiamo ’ncoppa ’o giornale». E Borghezio: «Ma questa storia di De Mita ve la racconto un’altra volta...». Al cronista, poco prima, questa storia l’aveva raccontata così: «Mastella mi raccontava cose sui finanziamenti per il terremoto dell’Irpinia da fare accapponare la pelle». Il comizio continua: «Pensate, un piemontese come me ritorna al Sud per liberarvi, siamo come i garibaldini, ma i piemontesi fecero l’errore di non ascoltare uomini lungimiranti come era allora Cattaneo e oggi Bossi. Non dovete aspettare che il vostro boss politico vi dia il lavoro: avete la capacità e la forza di crescere da soli, senza assistenzialismo. Mastella non ti riconosco, stai con i Caruso e i Luxuria». «Mario parla di altro», suggeriscono i leghisti di Benevento. E lui: «Mi piace questo Paese, è pulito e senza immigrati». Spegne il megafono, applaudono solo quelli scesi dai camper bergamaschi. E Mastella, dov’è? In giro a fare comizi. Dice al telefono, con tono infastidito, che sarebbe stato di «cattivo gusto» se fossero arrivati sotto casa sua. «E’ come se io andassi a Gemonio a disturbare Bossi. Ma io l’avrei fatto entrare perché per noi l’opistalità è sacra». Amedeo La Mattina