Il Corriere della Sera 28/03/2006, pag.8 Marco Del Corona, 28 marzo 2006
Silvio e i «bimbi bolliti»: i comunisti tra storia e leggende. Corriere della Sera 28 marzo 2006. «
Silvio e i «bimbi bolliti»: i comunisti tra storia e leggende. Corriere della Sera 28 marzo 2006. «...Bambini uccisi, messi a bollire e poi utilizzati come concime...». Quando domenica Silvio Berlusconi ha citato il caso dei maoisti cinesi si è basato su questo passaggio del Libro nero del comunismo (Mondadori, 1998). Il contesto è quello della carestia che segnò il definitivo, catastrofico fallimento del Grande balzo in avanti, ispirato alle ricette staliniane. Tra il 1959 e il 1962 costò decine di milioni di morti. La fonte del Libro nero, per la fame sotto Mao Zedong, è lo studio di Jasper Becker (già corrispondente del quotidiano progressista Guardian) Hungry Ghosts: China’s Secret Famine (1996). Tuttavia il dettaglio dei bimbi scempiati e ridotti a concime non sembra trovare ulteriori riscontri. Bambini uccisi sì, vittime di cannibalismo pure: «Casi del genere – dice padre Bernardo Cervellera, sinologo e direttore di Asianews – sono accaduti. Ne parlano anche Jung Chang e Jon Halliday» nella nuova biografia di Mao. «Tuttavia – conclude ”, se oggi si dice di cliniche dove feti sono usati per preparare infusi speciali, mai si è sentito parlare di bimbi bolliti e usati nei campi». La fame è un ricco repertorio di orrori. «Il cannibalismo – scrive Philip Short in Mao (Rizzoli) – era comune come durante le carestie della giovinezza di Mao: i contadini si mangiavano reciprocamente i bambini, per evitare di mangiare i propri». Pratica che esisteva prima del comunismo, quella dell’infanticidio, topos letterario, persino (vedi Lu Xun). Per esempio, Jonathan D. Spence, un punto di riferimento, in The Search for Modern China (1990) mette «l’infanticidio in tempi di carestia» tra i fattori chiave della demografia del regno di Qianlong, nel secondo Settecento. E la persistenza, in epoca comunista, di ancestrali efferatezze contro i bambini ha un parallelo nella Cambogia di Pol Pot, quando i suoi Khmer rossi uccidevano piccoli o sventravano donne incinte esattamente come i guerrieri di Angkor mille anni prima. Di bimbi bolliti non ha sentito parlare neppure Andrew J. Nathan, autorità su Cina e diritti umani: «Tuttavia – dice al Corriere – esistono testimonianze della Rivoluzione culturale di "nemici" mangiati. Vendetta, annichilire il nemico...». Anche qui, nulla di avulso da una storia ben più antica del comunismo. «La Cina – è la sintesi di Marina Miranda, sinologa a Napoli – ha una tradizione di castighi legati all’influenza del "legismo"», che teorizzava, opposto al confucianesimo paternalista, la severità verso sudditi tendenzialmente cattivi. «Non è un caso – aggiunge Guido Samarani, cattedra a Venezia – che la Cina abbia avuto per secoli un ministro non della giustizia ma delle pene, dettagliate da una legislazione minuziosa, le quali alimentarono l’idea occidentale della Cina barbara». Squartamenti, impalamenti, scuoiamenti. Il campionario è orrendo e sterminato; ne faceva parte l’acqua bollente, come nelle nostre ordalie medievali, usata ancora oggi nelle carceri cinesi, denunciano i fedeli del Falun Gong (e cara, fuori dalla Cina, all’autocrate uzbeko Islam Karimov). Una mistica, un’etica della crudeltà, quasi. Anche sulla carta. Basta, per tutti, leggere Mo Yan che al Supplizio del legno di sandalo (Einaudi) ha dedicato un romanzo. Pagine, anche quelle, torturanti. Marco Del Corona