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 2002  gennaio 18 Venerdì calendario

L’allegrissimo Taormina e la Grande Riforma, la Repubblica, venerdì 18 gennaio 2002 Roma. Sul tavolo di Silvio Berlusconi, c’è da ieri un papiello alto una spanna che in 400 articoli raccoglie la Grande Riforma della Giustizia del governo

L’allegrissimo Taormina e la Grande Riforma, la Repubblica, venerdì 18 gennaio 2002 Roma. Sul tavolo di Silvio Berlusconi, c’è da ieri un papiello alto una spanna che in 400 articoli raccoglie la Grande Riforma della Giustizia del governo. Giuseppe Gargani, il responsabile di Forza Italia per i problemi della giustizia, l’ha consegnato ieri al presidente del Consiglio, definendo il testo «importante e formidabile». L’autore del testo, l’avvocato, professore, onorevole Carlo Taormina, già vice del ministro degli Interni, siede allegrissimo e loquace allo scrittoio del suo studio a due passi dalla Corte di Cassazione. Come devo chiamarla onorevole, avvocato o professore? «Professore. Di essere onorevole non mi importa un fico secco». Bene, professore, vogliamo parlare della Grande Riforma? «Io voglio prima parlare della prescrizione». Immagino che faccia parte della Grande Riforma. «Ne fa parte, infatti. Però la correzione delle norme sulla prescrizione che ho previsto consente di voltare finalmente pagina seppellendo le polemiche di oggi e modernizzando il sistema giudiziario». Qual è questa correzione? « semplicissima. Per le contravvenzioni, prescrizione a 3 anni. Per i delitti puniti con pena superiore ai cinque anni, prescrizione a 5 anni. Il ragionevole periodo di 10 anni per tutti gli altri delitti diversi da quelli imprescrittibili (omicidi, stragi, mafia, terrorismo). Semplice, no?». Forse un po’ troppo semplice. Con queste regole il processo Sme (imputati Berlusconi e Previti), i processi Imi/Sir e Lodo Mondadori (Previti imputato) muoiono. «Sì, saltano. Del resto, la sospensione dei processi per i parlamentari, l’amnistia, l’indulto, cioè le altre possibili ipotesi, sortirebbero lo stesso risultato complicando di molto il sistema». Mi scusi, professore, ma chi ha detto che quei processi debbano per forza essere annientati? «Lo dice la ragione. Non è possibile che dopo 17 anni si discuta in un’aula di giustizia di primo grado di un fatto che non si è verificato e per un affare dal quale lo Stato, molti anni dopo, non ha tratto danno ma vantaggio. Lo dicono dunque la ragionevolezza e la convenienza di molti». In verità, la convenienza di uno, anzi di due. Di Berlusconi e Previti. «Si sbaglia, amico mio: la convenienza non è soltanto di Berlusconi e Previti. Anche di altri». Mi faccia un nome. «Lo faccio, ma non lo scriva. Prodi». Che cosa c’entra Prodi con la corruzione dei giudici? «Nulla, ma c’entra con l’affare Sme». Ma a Milano si discute della corruzione dei giudici, non dell’affare Sme. «Presto si discuterà anche dell’affare Sme. Le do una notizia. A nome di un denunziante, che ha un nome noto e ha avuto nell’affare un nome importante...». Mi dica chi è. «No... A nome di un denunziante presenterò una denuncia sostenuta da atti giudiziari, finora nascosti da qualche parte o sopravvenuti, e un elenco di fatti, sui quali non si investigò, che impongono una rilettura degli avvenimenti che potrebbe travolgere la ricostruzione dell’affare Sme che non ha avuto l’attenzione giudiziaria necessaria né a Roma né a Milano dove pure Prodi è transitato al cospetto di Antonio Di Pietro che poi è diventato ministro nel gabinetto di Prodi». La sua denuncia può o potrebbe interferire con il processo di Milano (corruzione dei giudici che si occuparono dell’affare Sme)? «Può darsi, ma è giunto il tempo di dimostrare che la magistratura ha sbagliato ad individuare gli imputati e ha omesso di dirigersi verso i veri responsabili». Ha parlato della sua iniziativa con Berlusconi? «No». Con Previti? «No. Credo che gli parlerò oggi se lei pubblicherà quest’intervista». Faccio fatica a credere che non ne abbia parlato con Berlusconi o con Previti. «Le do la mia parola d’onore. Nei miei affari professionali nessuno mette il naso, mi creda». Non lo credo, e le chiedo: non le sembra che le sue parole siano ricattatorie? Insomma, fino a qualche giorno fa, con l’autorevole benedizione del vicepresidente del Csm, si lavorava al ripristino dell’autorizzazione a procedere per i parlamentari e a una legge ordinaria che salvasse dai processi Berlusconi e Previti. In cambio Palazzo Chigi (che ha smentito) era disposto ad offrire la testa di Castelli ai magistrati e un ”ministro di garanzia” (Caianiello) all’opposizione. Fassino dice un no secco. Si ritorna in alto mare e, mentre Marcello Dell’Utri agita come un ramoscello d’ulivo il Tavolo della Buona Volontà, appare lei con il manganello. Per dire delle denunce e della Grande Riforma, di cui parleremo - spero - presto. Non si può dire questo un ricatto, professore? «Non lo è, e comunque a me piace agire così. Il ricatto è stato fatto da chi ha voluto processare alcuni salvando altri». Cambio la domanda. Lei pensa così di andare incontro al capo dello Stato che ha invitato tutti al confronto e al dialogo? «Senta, io non capisco che cosa vuole dire questa parola ”pacificazione”. Come ci si può pacificare con un tipo come Borrelli? Noi siamo la maggioranza liberamente eletta dal popolo. Abbiamo le nostre proposte. Le sottoponiamo alle valutazioni del Parlamento e quindi dell’opposizione. Che può trovarsi d’accordo o dissentire. In ogni caso, poi tocca a noi perché noi abbiamo la direzione politica e amministrativa del Paese. Che cosa bisogna pacificare, non capisco». Vediamo allora quali sono le proposte della Grande Riforma. «Tengo a dire che sono tre anni che lavoro a questo progetto nato all’Università. L’ho affinato anche alla luce del dibattito degli ultimi mesi. Gargani l’ha presentato a Berlusconi che ora ci lavorerà su». Ma mi dica, professore. C’era una proposta Pera. C’è il programma della Casa della Libertà. C’è un ministro di Giustizia. Perché la Grande Riforma la scrive lei che non è nemmeno nel governo? «Non deve chiederlo a me. Io ho soltanto risposto a un invito». Professore, quali sono le innovazioni della sua proposta? «Il progetto di riforma affronta tutti i capitoli dell’universo giudiziario. Il Csm. L’ordinamento giudiziario. Il processo penale. Il codice penale». Affrontiamo uno per volta, per favore. «Gliene darò soltanto degli accenni. un testo alto così che non è corretto ancora diffondere. Osservo che è una riforma che non prevede alcun intervento sulla Costituzione e che si realizzerà soltanto con leggi ordinarie». Va bene. Csm. Come cambia? «Innanzi tutto cambia la legge elettorale. Diciamo che la novità di rilievo è la creazione di una sezione disciplinare composta esclusivamente da membri laici. Via i togati». Ordinamento giudiziario. «In primis, la separazione delle carriere, non la distinzione delle funzioni. Una separazione netta, rigorosa, una separazione a vita. Se fai il pubblico ministero, mai farai il giudice, e viceversa. Diverso sarà l’accesso, la tecnica di formazione anche se resteranno nello stesso ordine. Poi, rotazione degli incarichi direttivi ogni 4 anni e nuove norme sull’assegnazione delle cause, così la smetteremo con l’abitudine milanese dei pubblici ministeri di scegliersi il giudice per le indagini preliminari e il giudice del dibattimento». Codice e Procedura penale. «Forte distinzione tra pm e polizia giudiziaria. Sarà la polizia a dover trasmettere gli atti al pm quando individua l’indiziato e il reato. Abolizione della Direzione nazionale antimafia e delle direzioni distrettuali antimafia. Tutte le procure lavoreranno sulla mafia. Alla direzione antimafia resteranno soltanto il coordinamento dei dati e delle strategie. Introduzione dell’ipotesi di avocazione da parte della Procura generale della Corte d’Appello con la possibilità di impugnazione dinanzi alla Procura Generale presso la Cassazione. Gerarchizzazione dell’ufficio del pubblico ministero e tra gli uffici. Generalizzazione del patteggiamento. Sostituzione del giudizio abbreviato con procedure semplificate governate dal gip che svolge in aula anche funzioni di giudice monocratico. Per gli appelli e i ricorsi in Cassazione che non riguardano la responsabilità o l’innocenza dell’imputato, le impugnazioni si svolgono con procedura semplificata in camera di consiglio sulla base degli scritti e delle memorie degli avvocati e dei pubblici ministeri. Si risparmieranno il 60/70 per cento dei tempi attuali. Collegialità delle decisioni in materia di libertà personale. Forte riduzione delle competenze del giudice monocratico. Interpello del condannato a pena non superiore ai 5 anni da parte del magistrato per stabilire l’attualità nella esecuzione penale». Che cosa vuol dire? «Vuol dire che prima di andare in galera per scontare una pena inferiore a 5 anni, magari dopo un processo durato 15, un magistrato accerta l’attualità della pena, quali sono le condizioni di vita e i comportamenti del detenuto per decidere in che modo deve scontarla, se in carcere o casa. Vogliamo portare il tetto delle misure alternative al carcere a 5 anni. Oggi sono a 3». E il codice penale? «Prevediamo di riscrivere i reati di opinione, le fattispecie di corruzione, concussione e reati contro la pubblica amministrazione con distinzioni importanti nel regime sanzionatorio tra corruttore e corrotto, cioè tra privato e pubblico ufficiale (con pena inferiore per il privato) e prevedendo l’ipotesi di concussione soltanto in caso di violenza e minaccia. Ah, dimenticavo i pentiti...». Dica. «Definiamo i presupposti e i limiti delle dichiarazioni dei pentiti a pochi casi». Quali? «Soltanto ai casi di conoscenza diretta e personale dei fatti o a personale correità: ogni altra indicazione può diventare soltanto uno strumento d’investigazione e non fonte di prova. Mi fermo qui. Avremo tempo e modo per parlarne ancora». Professore, lei non è nel governo. Non crede che se Berlusconi affida a lei l’incarico di preparare il testo della Grande Riforma, l’incarico sia un’offesa e una sfiducia per il ministro di Giustizia Castelli? «Non lo so e non mi importa». Ne ha parlato con Castelli? «No, ne ho parlato con Bossi e Maroni». Ultima domanda, professore. Berlusconi le ha mai chiesto di fare il Guardasigilli? «No, ma se me lo propone, ci penserò». Giuseppe D’Avanzo