Varie, 28 marzo 2006
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Gonzalez Julio
• Asuncion (Paraguay) 26 agosto 1981. Calciatore. «Quando Julio Gonzalez si è svegliato, molti giorni dopo lo scontro della notte del 22 dicembre 2005, non ha maledetto il destino. ”Il mio primo pensiero è stato di ringraziamento a Dio, perché ha voluto lasciarmi qui, non ha voluto che i miei figli restassero senza padre. D’altronde, non l’ho mai rimproverato per la medaglia d’argento olimpica, per essere stato capocannoniere in Paraguay a 18 anni, per aver fatto nascere i miei figli sani e senza problemi, avrei dovuto rimproverarlo adesso per quello che mi è accaduto? E invece sono contento, contento perché i miei figli mi hanno e spero ancora per tanti anni”. La macchina di Julio si era infilata nel retro di un camion mentre correva verso l’aeroporto di Venezia per prendere l’aereo che lo portava per il Natale a casa, ad Asuncion, in Paraguay. Alle spalle aveva un inizio di campionato esaltante, centravanti con otto gol in 14 partite, la sensazione che il futuro si stesse aprendo. Durante la degenza un’infezione ha costretto i medici ad amputare il braccio sinistro molto danneggiato. Ma come si fa a non essere disperati? ”Lo so, ci saranno brutte giornate, ma bisogna essere forti, ho visto persone lasciarsi andare e non curarsi più di sé, ma ci sono cose peggiori nella vita. Bisogna essere realisti e vedere che c’è chi soffre più di noi. E non è per avere avuto un’avventura come questa mia che voglio perdere le cose della vita”. [...] A 19 anni segna tre gol nell’esordio di Copa Libertadores contro il Nacional ecuadoregno. Sposa Maria Lourdes, che ne ha 18 [...] L’ultimo gol è stato alla Triestina, il 19 novembre. ”Ho iniziato l’azione, ho dato a Sgrigna sulla destra che mi ha restituito la palla, ho saltato un difensore e ho battuto a rete di sinistro. Non sono mancino ma colpisco dove capita”. [...] Noi giocatori dell’America Latina veniamo da famiglie umili, che non hanno le comodità, che sanno che nella vita bisogna soffrire. E io stavo per raggiungere un obiettivo per togliere da questa situazione non solo me, ma anche i miei genitori e i miei fratelli, per dare loro un altro tipo di vita. E tutto questo non accadrà [...] Io non sapevo di essere così forte. L’ho scoperto dopo, non so da dove mi venga, se dal mio passato, dall’educazione, dalla famiglia, non lo so. So solo che la vita è così e bisogna accettarla” [...]» (Corrado Sannucci, ”la Repubblica” 28/3/2006).