Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2006  marzo 28 Martedì calendario

BORGNA

BORGNA Gianni Roma 13 giugno 1947. Musicologo. Presidente della Fodazione ”Musica per Roma”. Ex assessore alla Cultura a Roma del comune di Roma, con Rutelli e con Veltroni «[...] di cui è stato il capo quand’era segretario della Federazione giovanile comunista della capitale e l’attuale sindaco era ”un diciottenne magrissimo, con occhiali enormi e i capelli lunghi. Sì: un capellone”. In mezzo agli avversari, Borgna è cresciuto. ”Ho fatto il Mamiani, che allora era un liceo di destra, tranne Angelo e Guido Bolaffi e due figli d’arte, Duccio Trombadori e Daniele Lombardo Radice. Eravamo una sorta di carboneria. Poi venne il ”68”. E l’ingresso nel Pci. ”A suo modo, era una scelta di destra. Longo e la memoria di Togliatti non esercitavano alcun fascino sui miei compagni: il Pci era il partito che aveva voluto l’amnistia ai fascisti e votato l’articolo 7 della Costituzione sui patti lateranensi, e stava per espellere gli eretici del Manifesto, che pure ai miei occhi esercitavano un grande fascino; ad esempio Aldo Natoli”. Primo incarico, segretario della sezione Monte Mario. ”Me la affidò Luigi Petroselli, il futuro sindaco, detto l’Etrusco e anche ”Joe Banana’ per i suoi tratti marcati, da pugile. La prima volta che lo vidi avevamo appuntamento davanti alla sezione ma non lo riconobbi: credevo fosse un edile. Era invece un uomo di grande cultura e di formidabile intuito politico. Per aiutarmi mi affiancò un giovane promettente, Goffredo Bettini. A Monte Mario il Pci quasi non esisteva, ci avevano pure staccato il telefono. Lo ricostruimmo, e bene, tanto che mi affidarono prima l’intera zona di Roma Nord, poi la Fgci romana. Era il 1973. Il capo uscente era Dario Cossutta. Il padre stava cadendo in disgrazia, anche perché incarnava l’immagine burocratica e moscovita del partito. Io invece ero ipermovimentista, più affascinato da Ingrao che da Amendola”. Nella Fgci c’erano Giulia Rodano e Ferdinando Adornato, ”che allora si faceva chiamare Nando. Era molto ambizioso, si atteggiava a pensatore, teneva interventi seriosi che Bettini e Veltroni interrompevano gettandogli addosso i cartoccetti. Ma gli volevo bene, e gliene vorrò sempre”. Davvero Veltroni non era comunista? ”A nessuno di noi interessava l’Unione Sovietica, tranne l’Ottobre; interpretavamo il marxismo nella chiave più libertaria possibile, la Comune di Parigi, Rosa Luxemburg. Ma in qualche modo io avevo introiettato la cultura comunista; Walter no. Anche se proprio del tutto estraneo non poteva esserlo, altrimenti non sarebbe stato lì con noi”. [...] Un altro che era abbastanza così già allora è Massimo D’Alema. ”In lizza per la guida della Fgci nazionale eravamo in tre: Paolo Franchi, Amos Cecchi e io. Ma Franchi era considerato un ”free-lance’, un intellettuale non inquadrabile in una struttura di partito. Cecchi era troppo movimentista, io pure. Fu scelto D’Alema, che alla Fgci non era neppure iscritto, come normalizzatore. Lui si mosse con l’intelligenza che gli appartiene, tentò di dialogare, ma non era adattissimo a farlo; la scelta di normalizzare, di arginare i movimenti anziché favorirli, era sbagliata in sé. Così venne il Settantasette”. Anche Borgna da giovane aveva un soprannome, Profumetto, che era un modo affettuoso di esprimerne lo spirito ”borghese”, attento ai dettagli, al gusto, allo stile, ai personaggi non strettamente legati alla politica. ”Vivevo nel mito degli Anni Sessanta e nel culto di Gino Paoli, che allora si era ritirato dalle scene e faceva l’oste a Levanto. Nel ”75 lo invitai con Fabrizio De André a cantare al Pincio. Era la prima volta che si esibivano in piazza”. Fu un trionfo: l’incontro tra cantautori e comunisti, anarchici e militanti. ”Vennero anche i jazzisti alternativi come Archie Shepp; il principe Pignatelli era entusiasta. E poi i nostri avversari di sinistra: Guido Viale, Ivan Della Mea, Daniel Cohn-Bendit”. Sarà Borgna a portare Paoli in Parlamento, dodici anni dopo. Molto stretti i rapporti con altri eretici, da Carmelo Bene, ”un genio pazzo”, a Lucio Colletti, ”frequentato e apprezzato quando attaccava il Pci da sinistra e quando prese ad attaccarlo da destra”. Con qualche incursione dall’altra parte della barricata. ”Lasciata la Fgci divenni consigliere regionale. Fu la scoperta della Dc. Per me i democristiani erano il male assoluto. Incontrai invece uomini di potere anche spietati che però erano umanamente simpatici. Come lo ”squalo’ Sbardella, che per me ha sempre avuto un debole. Non so perché, credo apprezzasse le mie letture”. I successi [...] alla Cultura gli sono riconosciuti anche a destra [...] L’Auditorium, il Macro, le mostre, i fori, le biblioteche, l’estate romana. [...] un cruccio: ”Non aver trovato la verità sulla morte di Pasolini. Era un amico caro, molto vicino ai ragazzi della Fgci. Non ho mai creduto alla versione ufficiale: Pier Paolo era un uomo fortissimo, non si sarebbe lasciato massacrare da Pelosi. Quella notte cadde in un agguato. E il movente era politico”» (Aldo Cazzullo, ”Corriere della Sera” 31/3/2006).