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 2006  marzo 11 Sabato calendario

Ora di religione: un po’ a tutti o niente a nessuno. Corriere della Sera 11 marzo 2006. Una delle prime richieste avanzate al ministro Pisanu dalla Consulta islamica recentemente istituita è stata quella di introdurre un’ora di Islam nelle scuole

Ora di religione: un po’ a tutti o niente a nessuno. Corriere della Sera 11 marzo 2006. Una delle prime richieste avanzate al ministro Pisanu dalla Consulta islamica recentemente istituita è stata quella di introdurre un’ora di Islam nelle scuole. Per il momento solo come materia alternativa da offrire agli studenti che non intendono avvalersi dell’ insegnamento della religione cattolica. chiaro che se questa ulteriore pretesa di indottrinamento si aggiungesse a quella già accordata in esclusiva alla religione cattolica, non si vede perché non dovrebbero essere consentite ore di ebraismo, protestantesimo, buddismo, induismo e via dicendo. Molti di questi sistemi religiosi, peraltro, sono ufficialmente riconosciuti dallo Stato che ha stipulato con essi quelle intese che consentono la destinazione a loro favore dello scandaloso 8 per mille. Ma se viene codificato il diritto di insegnare le religioni (che oggi sono la causa spesso e l’ alibi sempre per guerre e stragi), perché non dovrebbe essere parimenti insegnato l’ ateismo? Sarebbe questo l’ unico antidoto indispensabile per depotenziare le capacità di sopraffazione e violenza insite in tutte le concezioni del mondo rivelate da immaginarie entità soprannaturali come verità assolute e immodificabili. E infine, poiché gli insegnanti di cattolicesimo sono pagati dallo Stato, ma scelti dai vescovi, ci domandiamo quale autorità islamica, protestante, ebraica e via dicendo sceglierà i nuovi docenti? E avranno la stessa insindacabile autonomia di giudizio accordata ai vescovi? E senza alcun controllo sui contenuti di pace e/o di guerra santa della religione insegnata? Giulio C. Vallocchia Presidente di No God-Atei per la laicità degli Stati Caro Vallocchia, tralascio la sua discutibile requisitoria contro le religioni e vado all’ argomento principale della sua lettera. Non credo che la scuola possa divenire una sorta di supermercato dove ogni gruppo sociale, religioso o comunitario ha diritto a uno spazio vuoto da riempire con i suoi gusti e le sue inclinazioni. Vogliamo davvero organizzare classi separate per un paio di buddisti o atei? Siamo certi che qualche gruppo non pretenda più tardi l’ insegnamento della storia del Paese d’ origine o addirittura corsi di lingua materna, come fece il governo italiano per i suoi immigrati in molti Paesi europei sin dagli anni Settanta? Credo che in queste faccende la praticità e il buon senso siano più importanti di certi astratti principi democratici. E credo che il problema dell’ ora di religione possa essere affrontato soltanto in due modi. Il primo tiene conto dei numeri. Fino a quando il cattolicesimo era la confessione di quasi tutti gli italiani, l’ insegnamento della religione cattolica nelle scuole poteva essere considerato una sorta di legato storico, consolidato dalla tradizione e dal consenso, attivo o passivo, di una larga maggioranza. Ma nel momento in cui i musulmani sono grosso modo un milione e l’ Islam è ormai la seconda religione della società italiana, mi sembra difficile negare agli uni ciò che viene concesso agli altri. Non so se il cardinale Renato Raffaele Martino esprima interamente la posizione della Chiesa, ma il fatto che il presidente del Pontificio Consiglio Giustizia e Pace approvi l’ insegnamento del Corano nelle scuole della Repubblica è un passo in questa direzione. Il secondo elimina il problema sopprimendo l’ insegnamento della religione cattolica nelle scuole pubbliche della penisola. Immagino le difficoltà. La Conferenza episcopale protesterà. I corifei delle «radici cristiane» sosterranno che gli italiani rinuncerebbero in tal modo alla loro identità. I diplomatici ricorderanno che occorre modificare il Concordato, vale a dire avviare una procedura negoziale terribilmente lunga e complicata. Eppure questa sarebbe probabilmente la soluzione migliore. Non sono il solo a pensarlo. In una bella intervista data a Giacomo Galeazzi (la Stampa del 9 marzo), un intellettuale cattolico che qualcuno definirebbe integralista, Vittorio Messori, ha detto: «Altro che insegnare l’ Islam, fosse per me cancellerei pure un vecchio relitto concordatario come l’ attuale ora di religione. In una prospettiva cattolica la formazione religiosa può solo essere una catechesi e nelle scuole statali, che sono pagate da tutti, non si può e non si deve insegnare il catechismo. Lo facciano le parrocchie a spese dei fedeli». E allorché Galeazzi gli ha chiesto se questo non sia «un passo verso la laicizzazione dell’ istruzione», Messori ha risposto: «Guardi che a togliere i crocifissi dai luoghi pubblici e il finto insegnamento della nostra dottrina nelle scuole dovremmo essere proprio noi cattolici. A che serve sfogliare un giornale in classe con un sacerdote o discutere di religione mettendole tutte sullo stesso piano? Così si crea solo confusione, non si trasmette la fede, la si disperde. Lo Stato deve lasciare che ogni confessione si attrezzi come vuole, ma a spese sue. Io mi quoterei volentieri per un nuovo assetto della catechesi». Per usare un termine conforme all’ argomento, queste parole, caro Vallocchia, mi sono parse sacrosante. Sergio Romano