Corriere della Sera 18/03/2006, pag.37 Sergio Romano, 18 marzo 2006
Richelieu, il cardinale che non piaceva a Dumas. Corriere della Sera 18 marzo 2006. Mi piacerebbe leggere un suo «ritratto» di Armand-Jean Du Plessis, meglio noto come il cardinale Richelieu
Richelieu, il cardinale che non piaceva a Dumas. Corriere della Sera 18 marzo 2006. Mi piacerebbe leggere un suo «ritratto» di Armand-Jean Du Plessis, meglio noto come il cardinale Richelieu. La sua azione politica, oltre alla sua leggendaria capacità, è fonte per me di grande ammirazione. Lorenzo Trabalza Caro Trabalza, debbo supporre che lei non sia stato, negli anni della sua adolescenza, un accanito lettore di Alexandre Dumas. Per i ragazzi che sono cresciuti divorando «I tre moschettieri» e «Vent’ anni dopo», Richelieu è un prelato intrigante e maligno, continuamente intento a fabbricare trame e complotti contro le nobili figure del re e della regina. Le confesso che ho fatto fatica a sbarazzarmi di queste convinzioni e che ci sono riuscito soltanto dopo essermi occupato un po’ più seriamente della storia di Francia nel Seicento. Agli inizi del secolo la Francia era una autocrazia imperfetta. Il potere del re era teoricamente assoluto, ma limitato di fatto da una straordinaria varietà di poteri locali e feudali. I Parlamenti (in particolare quello di Parigi) erano tribunali di prima istanza, corti d’ appello, magistrature amministrative, ed esercitavano sui decreti reali una funzione notarile che poteva tradursi in un diritto di veto. I funzionari erano servitori della Corona, ma avevano comperato le loro cariche, ne erano proprietari e potevano spesso trasmetterle ai figli. I governatori delle province esercitavano i loro poteri in nome del re, ma erano nobili, possedevano terre e castelli, ed erano comunque, indipendentemente dalle loro cariche, il vertice gerarchico della nobiltà locale. La Chiesa era tutelata dai suoi antichi statuti. Le corporazioni rivendicavano la loro autonomia sulla base di carte e patenti di origine feudale. Persino gli ugonotti (l’ espressione di origine tedesca con cui venivano chiamati i protestanti francesi) avevano creato sin dalla seconda metà del Cinquecento una struttura religiosa e militare, dominata dal Protettore generale delle chiese di Francia, che è stata definita «un vero Stato nello Stato». Per governare questo intreccio di poteri e privilegi, il re era costretto a minacciare e blandire, negoziare e patteggiare, distribuire favori e comperare lealtà. Il regno di Francia era un grande mercato politico dove ogni potere aveva un prezzo e questo sistema di governo si chiamava per l’ appunto «marchandage». L’ uomo che distrusse questo mostro semifeudale e creò lo Stato moderno fu Richelieu, vescovo di Luçon e, dal 1622, cardinale di Santa Romana Chiesa. Era stato chiamato a corte per conciliare i diversi orientamenti del re e della regina, ma in breve tempo riuscì a impadronirsi di tutte le leve del potere. Era cardinale, ma questo non gli impedì di andare d’ accordo con gli Stati protestanti nell’ interesse della Francia contro la Chiesa romana. Fu amico dei protestanti valtellinesi e tedeschi, ma questo non gli impedì di ordinare l’ assedio della roccaforte ugonotta di La Rochelle (episodio del penultimo atto del «Cyrano de Bergerac», il dramma in versi di Edmond Rostand) e di stroncare le loro resistenze in Linguadoca. Quando Richelieu morì nel 1642, la Francia aveva cambiato volto. Aveva uno Stato più forte, dove i grandi feudatari erano stati costretti a piegare la testa, e i funzionari della Corona obbedivano al re. Vi furono, dopo la morte di Richelieu, altre crisi. Ma un altro cardinale, Mazarino e il giovane Luigi XIV, cresciuto alla scuola del ministro italiano, completarono la sua opera. Lei potrebbe chiedermi ora, caro Trabalza, perché Alexandre Dumas sia stato così severo con un uomo di tale statura. Il motivo non fu politico, ma letterario ed è lo stesso che spinse lo scrittore francese ad armare il suo yacht per seguire la spedizione dei Mille in Sicilia. Amava gli uomini generosi, nobili, ardimentosi, e ne creò quattro: Aramis, Athos, Porthos e d’ Artagnan. Erano tutti molto più simpatici del cardinale, ma assai meno intelligenti. Sergio Romano