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 2002  febbraio 08 Venerdì calendario

Punta secca, Corriere della Sera, venerdì 8 febbraio 2002 Come sono i giovani scrittori italiani? Per rispondere con uno vecchio, con Gadda, sono ora saturnini ora dionisiaci, ora eleusini ora coribàntici; o, aggiungo io, ora sobri, ora spericolati, ora pudibondi ora impudenti

Punta secca, Corriere della Sera, venerdì 8 febbraio 2002 Come sono i giovani scrittori italiani? Per rispondere con uno vecchio, con Gadda, sono ora saturnini ora dionisiaci, ora eleusini ora coribàntici; o, aggiungo io, ora sobri, ora spericolati, ora pudibondi ora impudenti. D’altra parte, giovani non è una categoria letteraria. Non esiste. Non c’è che la diversità e, talvolta, l’opposizione. Se Stefano Dal Bianco è, nel rimpianto, sobrio e contenuto (Ritorno a Planaval) e Silvia Ballestra, nella gioia, allegra e spericolata (Nina), chi tra Vitaliano Trevisan e Matteo Galiazzo è pudibondo e chi è impudente? Il mondo è posteggiato in discesa di Galiazzo e I quindicimila passi di Trevisan hanno in comune l’editore Einaudi. Nulla per il resto, né la storia raccontata né lo stile. Gli autori non hanno in comune neppure l’età: Trevisan è del 1960, Galiazzo del 1970. Sono però ai due punti opposti e simmetrici di una immaginaria linea dell’esibizione, o della semplice ostensione. Trevisan, la sua cultura, nabokovianamente, l’attribuisce al fratello un po’ schizzato, tutto genio e sregolatezza, un tipo non privo di muscoli: come testimonia la bibliografia citata in fondo al racconto, che comprende, tra l’altro, Marx (i Lineamenti fondamentali della critica dell’economia politica, ovvero i Grundrisse nell’originale tedesco del 1857) e Derrida ( La scrittura e la differenza nell’originale francese del 1967), Kafka (naturalmente i Diari ) e Bernhard (però, con ogni probabilità, farina del sacco di Trevisan). Opposto il caso di Galiazzo. Sempre in calce al suo racconto, in una nota extratestuale, egli avverte di non aver letto Tolstoj, Kerouac, Proust, Salinger, Pasolini, Hesse, Pirandello, Hemingway, Hugo, Fenoglio, Primo Levi, Carver, Conrad e tutti quelli che immaginiamo. Questi, per noi, sono i casi incerti. Non sapremmo a chi attribuire l’inclinazione a essere pudibondo; e a chi quella a essere impudente. Franco Cordelli