27 marzo 2006
Tags : Jean-Michel. Aulas
Aulas JeanMichel
• Nato ad Arbresle (Francia) il 22 marzo 1949. Imprenditore. Padrona del Lione (calcio). «[...] una testa piccola piene di idee calcolate. Comprare il Lione nel 1987, trasformarlo in squadra di vertice, vincere la Ligue, costruire un marchio, stare in Europa, avere bilanci in attivo, vincere la Champions. [...] Aulas è il teorico del calcio economico. Aulas voleva un impero e lo voleva in Francia dove gli imperi brillano e cadono dentro voraci rivolte di piazza. Il suo vive di stabilità e di forti alleanze. Figlio di una giornalista, Aulas ha imparato il potere della parola e ha deciso di non usarla, usa solo i numeri. Parla di bilanci, di rapporti e di profitti, di età e investimento quando si tratta di calciatori, di liberismo che sembra un’idea però è un’equazione. A 20 anni ha fondato la Cegid (Compagnia di gestione per l’informatica), oggi ha più di 1400 dipendenti. La società gestisce i tre quarti del mercato francese e dopo un accordo con la Microsoft, buona parte di quello europeo. stato il primo problema, uscire dai confini e convincere i partner, i pesci grossi del software, che i solidi successi sviluppati in riva al Rodano meritavano altri sbocchi. Alla fine degli anni Novanta ci è riuscito e ha copiato lo schema nel calcio, ha trovato i finanziamenti di Jerome Seydoux capo della Pathé-cinema, azionista della casa di distribuzione Gaumont diretta dal fratello Nicolas (l’altro fratello, Michel è presidente del Lilla). Soldi freschi, 15 milioni di euro per uscire dalla fase risanamento ed entrare in quella di crescita. Non di splendore. ”La mia non è una lotta di potere e una lotta economica, ho guardato i successi dell’Olympique Marsiglia, ho visto fluttuare il Paris Saint Germaine, siamo diversi, io investo solo nella regolarità. Il successo parte dai bilanci: puliti, costanti, in crescita. Non mi interessa una notte di sbronza in finale e l’anno dopo depresso dalla campagna acquisti sballata. Io non ho costruito una squadra, ho costruito un marchio”. Ol, due lettere impresse sulle maglie dell’Olympique Lione, sui caschi della catena di coiffeur, sulle portiere dei taxi, sulla fiancata delle auto di una scuola guida con sede in ogni quartiere, negli stemmi delle porte di Argençon, il ristorante che segue la storia di Paul Bocuse, simbolo della gastronomia lionese. Ol sta sulle bottiglie di beaujolais, sopra gli schermi tv, in basso a destra quando i francesi si sintonizzano sul canale monotematico del club. Ol vuole essere come il Manchester United: ”Quella è la strada, sono un tipo solido, se pensi solo alle vittorie, alla prima crisi devi ripartire, se costruisci un’identità riconoscibile e redditizia non dipendi dalla classifica. Non ti si svuota lo stadio alla terza sconfitta consecutiva”. [...] All’Uefa i successi del Lione vanno di traverso perché Monsieur Lyon è anche il cuore del nuovo battagliero G14. l’unico che siede al tavolo di superpotenze senza avere una sola coppa europea. Ci è arrivato con i numeri, con i conti a posto e gli attivi in aumento e senza essere quotato in borsa perché in Francia le società calcistiche non lo possono fare. In Francia sono abituati a una botta e via, stritolati dal pubblico in protesta come Marsiglia, come Parigi. Poi c’è l’Ol che non è una squadra, è un marchio costruito con un sofisticatissimo software, la testa di Jean-Michel Aulas» (Giulia Zonca, ”La Stampa” 27/3/2006).