Varie, 22 marzo 2006
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SCARAFFIA Lucetta Torino 23 giugno 1948. Storico • «All’età di 2 anni Lucia Scaraffia decise di cambiarsi il nome in Lucetta e nessuno in famiglia trovò la forza di obiettarle alcunché
SCARAFFIA Lucetta Torino 23 giugno 1948. Storico • «All’età di 2 anni Lucia Scaraffia decise di cambiarsi il nome in Lucetta e nessuno in famiglia trovò la forza di obiettarle alcunché. A 12 ebbe una crisi mistica: ”Temendo di voler diventare suora, facevo le novene, dieci avemarie al giorno, per ottenere la grazia di non finire in convento”. Pregava anche Gesù per la conversione della zia Angela Scaraffia, una coriacea comunista che era stata l’amante di Gaetano Salvemini e che sarebbe morta elettrice di Rifondazione, segno che non tutte le suppliche salgono al cielo. Chi la legge sulla prima pagina dell’Osservatore romano o sul Corriere della sera o sul Riformista, chi segue le sue lezioni di storia contemporanea alla Sapienza di Roma, chi la vede dibattere in tv di aborto e di eutanasia, chi ne apprezza il raziocinante ardore di cattolica dichiarata all’interno del Comitato nazionale per la bioetica [...] pensa che Lucetta Scaraffia sia così fin dalla nascita: uno scricciolo ascetico. Poiché invece è destino degli spiriti liberi diventare eretici quando regna l’ortodossia e ritornare ortodossi quando dilaga l’eresia, la mite studiosa dal carattere ferrigno è stata anche militante marxista, sessantottina, protofemminista, divorziata. [...] nell’ultimo segmento della sua vita da eretica: vuole sposare in chiesa Ernesto Galli della Loggia, storico ed editorialista del Corriere, col quale vive da 21 anni e che civilmente è già suo marito. [...] Il Tribunale del vicariato di Roma ha dichiarato nullo il precedente matrimonio con un compagno di università della Statale di Milano. ”Mi sposai in chiesa solo per accontentare mia madre. Era il 1971. A celebrare le nozze fu il cappellano di San Vittore”. Nel 1982 ebbe una figlia con lo storico Gabriele Ranzato, anch’egli reduce da un matrimonio fallito. L’apparente disinvoltura nei rapporti con l’altro sesso sembrerebbe più consona alla Casa delle donne di via del Governo Vecchio che all’austero appartamento dei Parioli dove Scaraffia e Galli della Loggia abitano, sullo stesso pianerottolo di Fulco Pratesi. Il presidente onorario del Wwf è confinante di salotto, precisamente dal lato dove si trova il caminetto stipato di libri scritti da Lucetta. Dev’essere anche per questo che Il Foglio l’ha paragonata a Giovanna d’Arco. C’è in lei una sorta di predestinazione al rogo. Proviene da una famiglia cattolica? ”Solo per parte di madre. Mio padre era massone. Costruiva raffinerie nel Mediterraneo. La Sardegna, dove trasferì la famiglia da Torino, è stata il mio primo altrove. Mamma mi portava solo alla Rinascente di Cagliari, secondo lei l’unico luogo frequentabile. Non mi permise mai d’indossare i jeans. A Milano feci il ”68 in tailleur”. Estremista come suo fratello Giuseppe [...] compagno di Silvia Ronchey. ”Sì, ma io non ho mai preso né dato manganellate. Durante gli scontri in cui fu ucciso l’agente Antonio Annarumma finii accerchiata dai celerini. Mi salvò il mio tailleurino azzurro. ”Signorina, che ci fa lei qui?’ mi misero al sicuro i poliziotti prima della carica. E al liceo Parini non ho mai scritto sulla Zanzara. Quando lessi sul giornalino d’istituto le interviste raccolte dalla mia compagna di classe Claudia Beltramo Ceppi, ci restai malissimo. Ma come? Tutte quelle studentesse, in grembiule nero come me, facevano sesso, o almeno dicevano di farlo, e io niente? Ero talmente avvilita che l’insegnante di religione, un prete all’antica, dovette consolarmi: ”Non se la prenda, per fortuna non siete tutte uguali’. Mia madre m’impediva persino d’andare al cinema, considerato un luogo di perdizione. [...] Per quello che sarebbe potuto accadere nel buio della sala. Vedevo i film di nascosto, col terrore che qualcuno mi riconoscesse. Quando a 19 anni smisi d’andare a messa, si disperò: ”Adesso non hai più una morale!’. Frequentare la parrocchia per mia madre significava non avere rapporti sessuali”. E diventò femminista. Fra le prime in Italia [...] ”Una reazione alle assemblee del Movimento studentesco, dove solo i maschi potevano concionare. Però alle riunioni di autocoscienza facevo scena muta, ero sconvolta dai racconti intimi delle mie compagne. Poi una di loro mi spedì a Londra con un suo fidanzato, erede di un industriale lombardo, per incontrarvi le femministe inglesi. Quelle militanti aggressive e la sporcizia e il disordine che regnavano nella loro comune non mi piacquero. Quando il mio accompagnatore fu chiuso a chiave nello sgabuzzino delle scope perché non ascoltasse i nostri discorsi, cominciai ad avere qualche dubbio”. E si mise a studiare le sante e le suore. ”Erano diventate di moda fra gli storici, data la grande abbondanza di fonti. Ma guai a occuparsi della loro spiritualità. Influenzata dal femminismo, mi avvicinai a Rita da Cascia e a Teresa d’Avila solo per fare storia sociale, null’altro. I testi delle sante cominciarono a parlarmi al di là delle mie intenzioni. Capivo che c’era qualcosa di più, ero sedotta dall’oggetto dei miei studi”. Fino a che vent’anni fa è ”tornata a sentirsi appassionatamente cattolica”, parole sue. In che modo? ”Ho avuto una conversione vera. Era domenica, tornavo dall’edicola. Vidi molta gente radunata davanti alla Basilica di Santa Maria in Trastevere, allora abitavo lì. C’era pure Giulio Andreotti. Un passante mi spiegò che si festeggiava il ritorno di un’icona restaurata, una madonna del VI secolo. Mi ritrovai non so come nel primo banco della chiesa. Entrò l’icona, preceduta da una lunga processione. Il coro intonò l’Akathistos bizantino, il più antico inno liturgico dedicato alla Madre di Dio. E io mi sentii male. [...] Fui invasa da un fortissimo senso di luce, di calore, di presenza. Ho capito che lì c’era, ecco. C’era e mi diceva qualcosa. Mi si rivelava. Le parole sono rozze, non possono spiegare la gratuità della grazia divina. Da allora mi pare d’essere completamente cambiata [...] Ho incontrato le missionarie del Sacro Cuore di Gesù. Mi sono letta tutte le lettere della loro fondatrice, Santa Francesca Cabrini, proclamata da Pio XII patrona degli emigranti. Quando ho detto a Ernesto che avevo accettato di scrivere la biografia di una suora sconosciuta, Chiara Grasselli, ha creduto che fossi impazzita. Invece ne è nato Il Concilio in convento, uno dei libri cui tengo di più. Per realizzarlo ho intervistato molte cabriniane, compresa la direttrice della Columbus, la famosa clinica milanese, una donna che parla da pari a pari con i luminari della medicina. [...]”» (Stefano Lorenzetto, ”Panorama” 1/1/2009).