Francesco Merlo Corriere della Sera, 12/02/2002, 12 febbraio 2002
L’ex integralista Khaled aveva difficoltà a non guardarsi il sesso, Corriere della Sera, martedì 12 febbraio 2002 Parigi
L’ex integralista Khaled aveva difficoltà a non guardarsi il sesso, Corriere della Sera, martedì 12 febbraio 2002 Parigi. Khaled non aveva ancora 14 anni quando tornò a casa di corsa, buttò via tutte le canzoni pop, le sostituì con le salmodie del Corano, e giurò che mai più avrebbe guardato la televisione. Poi si tolse i jeans, indossò la gellaba corta, e anche il padre capì che Khaled stava impazzendo per Dio, perciò disse che aveva perso un figlio, e i due presero a guardarsi con gli occhi della collera, solo qualche volta con quelli della pietà. A tavola, per esempio, Khaled cominciò a mangiare con le mani, e presto a seguire tutte le bizzarrie del galateo coranico: «Bisogna sedersi con la gamba sinistra piegata sotto la sedia e quella destra raccolta ad angolo. Il cibo si afferra con tre dita e non con due, che sarebbe segno di protesta, né con cinque, che è segno di rifiuto». Ancora, «si deve bere tre volte, e mai utilizzare la mano sinistra. Nel bagno bisogna entrare con il piede sinistro e uscire con il destro; all’opposto nella Moschea si entra con il piede destro e si esce con il sinistro». Adesso che ha superato i trent’anni, ha una laurea in medicina, Khaled al-Berry dice che l’odio è una buona scuola, ma a condizione di uscirne, di sapersene distaccare, di guadagnare in altezza e in ampiezza quel che si perde in intensità. Ha capito che la libertà è l’invasione della vita. Sa che «la terra è più bella del paradiso». Perciò ricorda, e raccontando si libera del suo avvelenamento, dell’inferno morale, del fuoco celeste, del Dio che lo divorava quando, insieme ai fratelli, pestava i cristiani, gridando ad ogni calcio «Allah Akbar» e «guarda come Dio onora i credenti e umilia gli infedeli». Insomma, aveva 14 anni e Khaled era già folle di Dio, gracile rampollo di una famiglia tra le più rispettabili e stimate del Cairo, che è una città internazionale, una metropoli mediterranea, capitale di una grande civiltà, dove non c’è solo l’Islam. Eppure Khaled, in quella città, nel suo quartiere, girava come una cattiva notizia e, oscuro enigma di violenza e ribellione, era già temuto e rispettato, e tutti gli riconoscevano il diritto «di ordinare il bene e di vietare il male». Nessuno gli diceva «buongiorno» o «grazie», ma «va’ ragazzo, e che Dio ti dia la vittoria». Khaled rispondeva: «Che Dio ti ricompensi e ti accordi ogni bene». Per le strade fiutava l’aria e subito rimproverava le donne profumate perché «chi sente il profumo di una donna non sentirà quello del paradiso». Accorreva minacciando quando gli uomini stringevano la mano alle donne perché, come insegna il Profeta, «è molto meglio mettere il braccio in un braciere di fuoco che sfiorare la mano di un donna». Tutti definitivamente capirono chi era quando, dalla terrazza di casa sua, interruppe una partita sparando sul pallone: «Avevo visto che ragazze e ragazzi stavano giocando insieme. E le ragazze avevano alzato le gonne fino al ginocchio, mostrando le caviglie. Era una trasgressione grave. Sentivo che era mio dovere, come musulmano, di mettervi fine. Perciò presi il fucile da caccia... Il colpo impietrì tutti. Nessuno osava muoversi. Finché la madre di quei ragazzi venne fuori, e mi fissò lungamente prima di avanzare lenta, tra mille precauzioni. Allora abbassai il fucile... Poi, quando udii una ragazza cristiana dare degli idioti ai musulmani, chiamai uno dei fratelli e gli mostrai la casa. Mezz’ora dopo il padre della ragazza venne a chiedermi scusa a nome di sua figlia». I Fratelli musulmani controllano il territorio come fanno i cani. Divisi in ”cellule”, cominciarono presto a rinchiudere Khaled in un’identità tramandata, con la pretesa «di rifare il mondo nella purezza del Corano, contro le democrazie parlamentari, contro gli Stati laici, per la gloria del mondo arabo...». Imparano a memoria i versetti e puniscono i delitti sessuali: «L’adultera e il suo amante furono trascinati fuori casa e frustati a sangue. Un medico che assisteva chiese pietà per loro dicendo che Dio risparmia i suoi servitori, ma un fratello gli rispose che non bisognava avere alcuna indulgenza proprio per rispettare la religione di Dio». I Fratelli studiano la legge divina, il Diritto e la Giurisprudenza sacre, e imparano nelle scuole di Etica «a bagnarsi nell’acqua fredda per reprimere il desiderio». O a digiunare, nella convinzione che, se non mangi, non hai la forza di masturbarti: «Mi misi a digiunare regolarmente il lunedì e il giovedì. Poi scelsi di digiunare un giorno e di mangiare l’altro, finché decisi di digiunare cinque giorni per settimana col risultato che il desiderio sessuale diminuiva ma la mia salute si rovinava». I fratelli si sottopongono dunque ad un regolamento vessatorio, con una spietata contabilità degli errori e delle punizioni. «Un giorno un fratello tirò fuori il coltello e si triturò l’unghia del pollice continuando a chiacchierare e a sorridere». A un altro vennero inflitti ottanta colpi di bastone sulle piante dei piedi. Con gli omosessuali sono spietati: «Ne uccisero uno e spezzarono le ossa all’altro a colpi di mazza, e poi gli tagliarono un orecchio». Khaled, che è il primo fondamentalista islamico a raccontare la propria educazione sentimentale al fanatismo, spiega che la sola maniera lecita di praticare la sessualità era quella del matrimonio religioso: «Ma dovevamo farlo seguendo le regole del Profeta e della tradizione. Dunque è bene pregare e prosternarsi almeno due volte prima di abbracciare la sposa, invocare il nome di Dio prima di penetrarla, e questo per impedire a Satana di possedere il bambino che potrebbe essere concepito... E mai la donna deve vedere il sesso del marito così come il marito non deve veder il sesso della moglie». Del resto è buona regola evitare di guardare anche il proprio organo genitale «seguendo l’esempio di Osman Ben-Affan, il più pudico dei compagni del Profeta, che non aveva mai visto il proprio sesso». E Khaled, che pure è stato in prigione, si è liberato di Allah, ha pubblicato la propria autobiografia (tradotta in francese con il bellissimo titolo La Terre est plus belle que le Paradis, JcLattès Editeur), e ora vive in Europa, ancora oggi nota, senza ironia, che la cosa più difficile di quegli anni fu «non guardare mai il mio sesso. Non sempre ci riuscivo. In compenso però presi l’abitudine di non toccarlo mai con la mano destra». Francesco Merlo