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 2002  febbraio 07 Giovedì calendario

Jean-Paul Guerlain ha creato le migliori essenze degli ultimi 50 anni: può bastare un profumo a rovinare la donna più bella del mondo, Corriere della Sera, giovedì 7 febbraio 2002 Parigi

Jean-Paul Guerlain ha creato le migliori essenze degli ultimi 50 anni: può bastare un profumo a rovinare la donna più bella del mondo, Corriere della Sera, giovedì 7 febbraio 2002 Parigi. Da quasi mezzo secolo, lei è il naso della Casa Guerlain, uno dei più famosi al mondo. Che uomo peculiare è lei? «Il naso, quest’appendice in mezzo al viso, non ha molta importanza. Le donne hanno un odorato migliore degli uomini, ma questi ultimi hanno un dono speciale, cioè la fantasticheria. Per noi, che conserviamo riflessi animaleschi, l’odore è una componente significativa del desiderio. Quando spegniamo la luce, che cosa resta della donna al nostro fianco, fosse pure la più bella? Il fascino della sua voce, la sua sensualità e, soprattutto, il suo profumo. Alla domanda di cosa portasse come camicia da notte, Marilyn rispondeva: Chanel numero 5; aveva detto tutto». Naso si nasce o si diventa? «Giovanissimo, avevo un’immensa memoria olfattiva. Come diceva il mio prof di matematica, è una condizione necessaria ma insufficiente per diventare profumiere. Ammiravo Musset, Chateaubriand, Baudeliere, Stendhal. Quest’inclinazione romantica e sognatrice mi ha molto aiutato a fare il mio mestiere». Come succede alle cantanti d’opera che rifuggono da spifferi e correnti, il suo mestiere impone certe restrizioni? «Solo una: non fumare. Ho sentito alcuni colleghi dire che non bisogna mangiare speziato, è un’emerita stupidaggine». E vivere in città? «Impossibile, ecco perché passo la vita in campagna. La puzza delle pattumiere a New York o dei detergenti in riva alla Senna è abominevole». E esistono al mondo città con un buon odore? «Roma ma soprattutto Siviglia profumano, divinamente. Di recente vi ho passato otto giorni nella settimana pasquale, ed è lì che ho avuto l’idea di Aqua Allegoria. stata poi chiamata Aqua Floranerolia dal nome dell’essenza dei fiori d’arancio; io avrei preferito Eau Sévillane (Sivigliana, ndr)». Si dice che lei ricoonosca 3 mila odori. «Nulla di straordinario in questo. All’eta’ di dieci anni, i piccoli cinesi riconoscono già 10 mila caratteri». Qual è il suo odore preferito? «Quello della donna che amo o che desidero». Ama le donne alla maniera di Yves Saint-Laurent o di Vadim? «Non sono cosi’ ”vizioso” com’era Vadim, anche se mi sarebbe piaciuto avere la sua collezione! Ma amo le donne in modo diverso da quello di Yves Saint-Laurent. Non ho mai creato un profumo per un lampione. Amo le donne per la loro sensibilità, la loro eleganza, perché non posso fare a meno di loro, né intellettualmente né di certo fisicamente». Ha davvero creato tutti i suoi profumi per una donna diversa? «Quando avevo 17 anni mio nonno, poco prima di lasciarmi il suo posto, mi disse: ”Si creano profumi per la donna che si ama o con cui si vive. Purtroppo per me, ormai faccio solo profumi per vecchie signore!”. Ho creato Parure nel 1975 per mia madre, Chant d’arômes nel 1962 per la madre di mio figlio, Chamade nel 1969 per una donna molto nota della quale no dirò il nome, Nahéma nel 1979, dopo aver ammirato Catherine Deneuve nel film Benjamin, ovvero le avventure di un adolescente e Sasmara dieci anni dopo, per Decia, da allora mia musa». Le è mai capitato di fare fiasco? «Si, certe volte, tutte dolorose. Con paure, che nessuno ha capito; più tardi, nel 1985, con Derby, che volevo chiamare Centurion, dal nome dei guerrieri romani, ma mi hanno replicato che era anche il nome della biga, così è stato scelto un altro nome. Ma hanno mantenuto il flacone a forma di arco trionfale e la miscela base che avevo immaginato nelle arene in Tunisia, fantasticando sui gladiatori che si facevano mangiare dai leoni... Derby non somigliava più a niente. Da allora, è un esempio classico: viene citato nei corsi di marketing come esempio di concetto sbagliato dalla A alla Z. Infine, molto recentemente, nel 2000, c’è stato Mahora, un profumo che adoro. Decia lo portava da anni, quando per caso, incontrò la moglie di Bernard Arnault, alla quale il profumo piacque così tanto che me lo chiese. Poi il marketing mi ha fatto modificare un po’ la base, il tappo è stato disastroso, la pubblicità del tutto sbagliata. Abbiamo tutti una parte di colpa in questo fiasco, ci siamo incartati». Lei è modesto, quasi tutte le sue creazioni hanno avuto comunque un grande successo. Quali sono le sue preferite? «Vetiver, perché è il mio primo profumo, Nahema, che tutti i miei colleghi considerano di riferimento, e poi Quand vient l’été, il più bello, che ho creato nel 1998». Pierre Bergé pensa che, in un’epoca di jeans e scarpe da tennis, l’alta sartoria sia morta. lo stesso per i grandi profumi? « pericoloso credersi Luigi XV e dire come Bergé ”Dopo di me il diluvio!”. Se uno dei più grandi geni del secolo, Yves Saint-Laurent, si ritira, non vuole dire che non ce ne siano stati prima, come Balenciaga o Christian Dior, che non ce ne saranno domani o anche adesso. Per me, Oscar de la Renta crea abiti meravigliosi; il problema è un altro: l’alta sartoria è diventata un evento che attira la stampa internazionale, fa parlare delle grandi Case, ma propone tenute importabili. Personalmente, adoro andare alle sfilate con la mia musa perché so che non comprerà niente. più economico!». Nel suo mestiere, il marketing sta prendendo il sopravvento sulla creatività? «Non da Guerlain. C’è una bella differenza tra l’alta sartoria e il profumo. Se si traveste la donna più bella del mondo, rimane comunque la più bella; ma se le si mette un profumo puzzolente, non funziona più». Teme il predominio dei profumi americani creati dal marketing? «CK one, la colonia di Calvin Klein, per un breve momento è stata la più venduta del mondo. Dal giorno in cui sono stati tagliati gli investimenti pubblicitari, le vendite sono crollate del 90% in quattro anni. E per questo che penso che si tornerà sempre ai prodotti di qualità». Perché va in pensione? «Volevo già farlo a 60 anni. Bernard Arnault mi ha recuperato chiedendomi di restare a guardia del tempio. Detto questo, non ci si iscrive alla maratona a 65 anni, bisogna sapersi dimettere». Adesso chi farà la guardia del tempio? «Sono state messe in giro un sacco di stupidaggini quando Lvmh ha rilevato la Guerlain, nel 1996, hanno detto che era la nostra fine. Errore: Bernard Arnault è un uomo attento al prodotto, ha il senso della qualità. Per dirigere la Casa, ha appena reclutato l’ex capo del marketing di Dior, l’artefice del best seller dell’ anno, J’adore, un prodotto superbo. Da parte mia, sono felice di tenere un piede nella Casa: Lvmh mi ha fatto un contratto da consulente per due anni. Spero di essere messo in concorrenza coi miei amici e colleghi del Firmenich (il più grande laboratorio di creazione di basi per profumi)». Quindi non molla? «Questo mestiere è come una droga per me. Se Lvmh tra due anni non mi rinnoverà il contratto, potrò sempre farmi il mio piccolo laboratorio e continuare a inventare profumi per la donna che amo». Ama il denaro? «Per comprare oggetti d’arte sì, azioni sicuramente no, mi fanno un baffo». Nel 1998, lei ha subito una selvaggia aggressione nella sua proprietà di Rambouillet. Questo l’ha invogliata ad approfittare di più della vita? « ciò che conto di fare da ora in poi, lavorando metà del tempo, montando a cavallo ogni mattina, occupandomi dei nipotini, della mia casa a Mayotte, della mia faccenda in Tunisia, scrivendo i miei taccuini di viaggio. Pare sia un narratore ”nato”». Dopo quattro generazioni, la dinastia dei Guerlain profumieri rischia l’estinzione? «Ho tre nipotini. L’ ultimo, Paul, ha 7 anni: noto che ama il profumo e adora annusare». Elisabeth Chavelet