Antonio Ferrari Corriere della Sera, 20/02/2002, 20 febbraio 2002
Bashar gira con la moglie per non somigliare al padre, Corriere della Sera, mercoledì 20 febbraio 2002 Di sicuro non gli manca l’immaginazione
Bashar gira con la moglie per non somigliare al padre, Corriere della Sera, mercoledì 20 febbraio 2002 Di sicuro non gli manca l’immaginazione. Ieri mattina a poche ore dall’inizio della visita ufficiale in Italia, la prima di un presidente siriano nel nostro Paese, Bashar el Assad si è annunciato con una proposta-slogan: «creare un asse del bene» (le virgolette sono quanto mai necessarie), in contrapposizione all’asse composto da Iran, Iraq e Corea del Nord contro il quale sono partiti gli strali di George Bush. L’«asse del bene» punta, come scrive ”Al-Baath”, il giornale del partito unico che riflette le idee del regime, a un «rapporto di civiltà nell’area mediterranea fra Paesi arabi ed europei», e a un «approccio umanitario per giungere ad un nuovo ordine mondiale, basato sul rispetto di ciascuno». Anche le suggestioni letterarie vengono utilizzate per sottolineare il valore di una visita che segna una svolta nelle relazioni tra Siria e Italia, e soprattutto per promuovere le novità di un Paese affidato ad un giovane presidente che parla l’inglese, conosce l’Occidente, ascolta la musica pop e naviga su Internet. Non è una garanzia di trasformazione per un Paese senza libertà politiche e civili, che non garantisce il rispetto dei diritti umani, ma almeno di buona volontà. Bashar appartiene a quel piccolo gruppo di giovani arabi, diventati leader per caso perché i predestinati erano altri, che possono davvero cambiare il volto dell’Islam, smarcandosi dai rancori che dividevano i rispettivi padri. Ma se per re Abdallah di Giordania il problema è meno difficile, in quanto il mondo gli chiede di somigliare al padre Hussein, del quale porta il Dna della saggezza, per il suo amico e coetaneo Bashar el Assad è vero il contrario. Al presidente siriano si domanda infatti di allontanarsi dall’intransigenza del padre Hafez, modificando con una robusta dose di riforme l’immagine di un Paese, la Siria appunto, che sembra un lascito del defunto impero sovietico, con burocrazia soffocante, polizia repressiva, ragnatela di interessi di clan e idee assai vaghe sulla democrazia. Il problema di Bashar, al quale vanno riconosciuti determinazione e senso dell’umorismo (che non guasta), è quindi doppiamente arduo: perché l’ Occidente apprezza ciò che i sudditi della sua ”repubblica ereditaria” faticano a digerire. Le prudenti riforme, avviate in un Paese che chiede certezze al suo padre-padrone, sono dure da realizzare. Bashar è dunque costretto ad accelerare fingendo una rassicurante immobilità , non soltanto per non irritare i vecchi consiglieri di suo padre, che lo circondano di «affettuosi e costanti controlli», ma per non spaventare la sua gente con passi traumatici. Se la forma ha un valore, Bashar ha già conquistato un punto significativo . Costretto a risparmiare sulla sostanza, si affida infatti all’immagine. A differenza del padre, che viaggiava poco e mai in compagnia della moglie, viaggia molto e sempre al fianco della bella consorte, Asma, laureata in informatica. A Roma hanno portato anche Hafez, il figlioletto di 3 mesi che ha il nome del nonno. Sembra vogliano dire: siamo giovani, chiediamo fiducia. Ora, pretendere che la Siria diventi democratica in pochi anni sarebbe illusorio. Ma condizionare la collaborazione e il credito a un solenne impegno per il rispetto dei diritti umani, per la lotta al terrorismo e in favore della pace, nella prospettiva di un dialogo con Israele, è doveroso. La gioventù e la buona volontà sono cambiali accettabili, ma prima o poi tutto arriva all’incasso. Antonio Ferrari