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 2002  febbraio 25 Lunedì calendario

I trevigiani testardi vogliono far soldi a Manfredonia con aziende di vetro e mulini, CorrierEconomia, lunedì 25 febbraio 2002 Quattro anni a schiumare rabbia da una scartoffia all’altra e da un ufficio all’altro, dal Comune al ministero e dal ministero alla Regione

I trevigiani testardi vogliono far soldi a Manfredonia con aziende di vetro e mulini, CorrierEconomia, lunedì 25 febbraio 2002 Quattro anni a schiumare rabbia da una scartoffia all’altra e da un ufficio all’altro, dal Comune al ministero e dal ministero alla Regione. Quattro anni a imprecare tra bolli e protocolli, clausole, accordi sindacali, progetti edilizi, gemellaggi industriali, moduli di finanziamento. Ma alla fine l’ha spuntata la testardaggine dei trevigiani, che è riuscita a scalare la montagna di carte e timbri necessari a raggiungere il primo concreto e organico caso di delocalizzazione dal Nord al Sud: da Treviso a Manfredonia, in provincia di Foggia. Risultato a cui, ora che la macchina amministrativa è oliata, gli industriali del Nord-Est vogliono farne seguire molti altri. A cominciare dalla Basilicata, quasi certamente in provincia di Matera, dove già una trentina di aziende venete si sono dette disponibili a scendere, e dove il locale Consorzio industriale ha messo nero su bianco l’offerta di terreni, infrastrutture e servizi gratis per due anni alle imprese che si insedieranno nella valle del Bradano. La nuova area industriale di Manfredonia sarà inaugurata in pompa magna sabato prossimo, con due voli charter già stivati come sardine da Treviso: la presenza contemporanea del premier Silvio Berlusconi, del presidente degli industriali Antonio D’Amato e del segretario della Cisl Savino Pezzotta, con il presidente della Commissione europea Romano Prodi atteso in teleconferenza, suggellerà un inedito patto sociale per il Sud. E quella di tre presidenti di Regione (il padrone di casa Raffaele Fitto, il veneto Giancarlo Galan e il lucano Filippo Bubbico) attesterà che i futuri ”contratti di area”, di cui Manfredonia è l’unico realmente riuscito, saranno guidati dalle Regioni. In provincia di Foggia stanno sbarcando sedici aziende prevalentemente venete (ma anche romagnole e piemontesi), che ne genereranno un’altra cinquantina di indotto, nei settori più disparati: dal vetro agli impianti per mulini, dal tessile alla plastica. Erano partite in 24, ma alcune si sono perse per strada per le lungaggini e a causa di alcuni contenziosi sulla concorrenza. La nuova area occuperà mille dipendenti diretti e altrettanti d’indotto, preziosi come l’aria in una zona la cui economia dipendeva dall’impianto Enichem di fertilizzanti, poi chiuso per ragioni sia ambientali che di mercato. Nel progetto sono stati investiti 220 milioni di euro, a cui si sommano 157 milioni di contributi pubblici. Le imprese che si sono delocalizzate godranno di tre forme di agevolazioni: finanziarie, con contributi a fondo perduto fino al 50 per cento degli investimenti; contributive, con una riduzione del costo del lavoro tra il 20 e il 25 per cento per alcuni anni; fiscali, grazie al credito d’imposta con detassazione degli investimenti che ha sostanzialmente anticipato la Tremonti bis (e la futura cumulabilità degli incentivi è già stata proposta dalla Cisl). Sono stati quattro anni di tribolazioni dopo il via libera con il governo Prodi, in gran parte legate alla novità dell’iniziativa e alle procedure da inventare, ma ne è valsa la pena. La pervicacia degli industriali veneti è scaturita dalla volontà di dimostrare che «al Sud si può», secondo una formula piu volte invocata dal presidente degli imprenditori trevigiani Sergio Bellato: «Nel Meridione sono possibili vere iniziative industriali con vera occupazione. Basta definire condizioni competitive, regole, e permettere alle imprese di lavorare in sicurezza». Ai problemi burocratici si sono aggiunti, incredibile ma vero, quelli del reperimento del personale: molti giovani, dopo il primo colloquio, hanno rifiutato di trasferirsi al Nord anche per soli pochi mesi di stage formativo, nonostante l’offerta di alloggio e stipendio. La Sangalli Vetro, la più grande azienda della nuova area con trecento assunti, aveva addirittura acquistato un ex albergo a Vittorio Veneto a tale scopo. Ma alla fine il progetto è decollato. E non poteva che decollare con il modello Nord-Est, in virtù del quale a muoversi non sono le singole industrie, ma l’intero sistema, tra associazioni di categoria, Camere di commercio e aziende di credito: Veneto Banca ha acquisito trenta sportelli tra Puglia e Basilicata, e accompagnerà i «propri» imprenditori nell’intrapresa. Nasce, cosi, una forma di delocalizzazione del tutto nuova e diversa rispetto a quella orientata all’Europa orientale, dove già si sono insediate molte aziende italiane, già avviata negli anni scorsi, specie in Romania. A Est si va per produzioni standardizzate, ad alta intensità di lavoro e basso valore aggiunto. Al Sud si va e si andrà per produzioni ad alta qualificazione professionale, che giustifichino il maggior costo del lavoro. E già si guarda alla Basilicata, dove la presenza di comparti produttivi omogenei al Nord-Est (arredamento con Natuzzi, I’alimentare, l’indotto Fiat legato a Melfi) aprirà una nuova sfida: gemellare non più le singole industrie, ma interi distretti. Clonandoli da Nord a Sud Roberto Morelli