Varie, 21 marzo 2006
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Panto Giorgio
• Meolo (Venezia) 1 ottobre 1941, Venezia 26 novembre 2006 (annegato in laguna dopo essere precipitato con l’elicottero). Imprenditore. Nel 2006 si disse che con la sua lista Nordest aveva fatto perdere le elezioni a Berlusconi • «’Fornicatori!” Questo sono, per ”Herr” Giorgio Panto, il collega Berlusconi e quelli della Lega. Il primo perché ”si era presentato come la Margaret Thatcher” e invece ha fornicato con la vecchia politica e ”si è fatto gli affari suoi”, i secondi perché ”dovevano cambiare il mondo e invece sono diventati i chihuahua del Berlusca e vanno a fornicare con don Raffae’ Lombardo”. Per questo ha deciso di andare alle elezioni da solo: ”Una sfida quasi impossibile, con questa legge ignobile che hanno fatto. Una legge buona per imbarcare i servi. Quelli che alzano la paletta. Ma mi bruciava dargliela vinta”. [...] re degli infissi e delle televisioni venete. [...] si è fatto strada nei dintorni dell’edilizia, facendo della falegnameria fondata dal nonno (ed ereditata alla morte del padre quando aveva solo 23 anni) la prima industria italiana nel settore dei serramenti e poi anche dell’arredo da giardino. [...] ha sempre avuto il cuore a destra a metà strada tra il Pli e la Dc per poi simpatizzare per la Lega. Che come lui ha fatto dell’anticomunismo viscerale una delle ragioni di vita: ”Son sempre stato così anticomunista che quando c’era la Germania Est andavo ogni tanto al di là della cortina di ferro per respirare quell’aria fetida. Mi riempivo i polmoni: aaaaah! E tornavo più anticomunista di prima”. Per l’altra Germania invece, quella occidentale dove dice d’aver scoperto l’amore (’il tedesco sulle labbra di una donna è una lingua dolcissima”) e dove iniziarono le sue fortune imprenditoriali, ha una venerazione. Per questo gli amici lo chiamano ”Herr” Panto. Pare uscito da un telefilm dell’ispettore Derrick, veste solo in giacca e maglioncino a collo alto come passeggiasse nei parchi bavaresi, ha i capelli dalle sfumature arancioni perfettamente composti come i manichini in vetrina nella Fasanenstrasse di Berlino. E sulle sue televisioni, che con Antenna3, Telenordest e Telealtoveneto raggiungono ormai tutta l’area delle Tre Venezie e toccano punte di 600 mila spettatori, fa spot elettorali che si richiamano alla sua seconda Heimat. Fa tutto lui, anche l’intervistatore. Va all’ospedale di Ehingen, piazza il microfono davanti all’eccellente dottor Trautwein Chefatz e gli chiede: ”Quanto tempo ci vuole per fare una tac o una risonanza magnetica nel suo ospedale?”. E l’altro: ”Se c’è una urgenza si fa subito. A fronte di una prenotazione, tre o quattro giorni”. Giretto per le corsie. Panorama su una stanza: ”Siamo in una stanza per pazienti normali?”. ”Ya. Ogni stanza ha due letti, il bagno, il telefono, la linea internet”. Dissolvenza, stacco e messaggio finale. ”Questo è il tipo di sanità che voglio per la mia gente”, tuona Herr Panto, bastonando subito Berlusconi: ”Non bugie elettorali! E non quell’’impegno che continua’!”. [...] Le autostrade? ”In Germania sono efficienti, senza caselli, e gratis dappertutto”. Il gas, la benzina e l’energia elettrica? ”Là si pagano la metà”. Le pensioni degli operai? ”Prendo 1.800 euro al mese”, gli risponde Karl Baumeister. E lui: ”I nostri operai veneti prendono la metà. E potrebbe essere uguale: datemi la forza per lottare perché lo sia!”. Lo stipendio dell’operaio Walter Rhem? ”Guadagno 2.400 euro almese”. E lui: ”Questi sono gli stipendi che si potrebbero avere nel Nordest! Basta con le ipocrisie elettorali. Sono trent’anni che sentiamo sempre questa solfa. [...]”. Non lo sopporta, il Cavaliere. Quasi (quasi) quanto non sopporta la sinistra: ”Che delusione! L’ho votato, nel 2001. Mi sembrava il grande uomo d’azienda che metteva a posto le cose in Italia. Pensavo: Berlusconi uguale Thatcher. Pensavo che tagliasse un mucchio di spese improduttive. E mettesse mano alla burocrazia. Soffochiamo, nelle carte [...] Pensavo: ha mostrato che i soldi li sa fare... [...] Ha continuato a farli. Per se stesso. La legge sui capital gains è stata bellissima. L’ha tolta e rimessa solo badando agli affari suoi. Micidiale. Sono incazzato nero. Doveva tagliare le spese e non ha tagliato niente. E non mi venga a raccontare che ha tagliato le tasse! Con una mano ha tagliato un punto e con l’altra ne ha presi dieci. Con le tariffe e il resto. Sa di quanto mi è aumentata l’Ici? [...]”. Più furibondo ancora, se possibile, è con la Lega. La sua prima passione politica, che oggi randella tirandosi addosso accuse e insulti non meno coloriti: ”Che fine ha fatto, la Lega? Ha perso col villaggio in Istria e Credieuronord e le sale bingo un sacco di soldi, Berlusconi le ha fatto le fideiussioni e la Lega è diventata il suo cagnolino da compagnia. Il chihuahua al quale fa fare il lavoro sporco. Ma come: la Lega con Raffaele Lombardo? La Lega!? La Lega che vedeva il Mezzogiorno come il toro vede la muleta rossa e adesso apre sessanta sedi al Sud? In Sicilia? A fornicare con Don Raffae’! Con don Raffae’!”» (Gian Antonio Stella, ”Corriere della Sera” 21/3/2006).