Paolo Mieli Corriere della Sera, 06/03/2002, 6 marzo 2002
L’altra storia del Sud, Corriere della Sera, mercoledì 6 marzo 2002 Il desiderio di recupero dell’identità meridionale
L’altra storia del Sud, Corriere della Sera, mercoledì 6 marzo 2002 Il desiderio di recupero dell’identità meridionale. La puntuale rassegna che Ottavio Rossani ha dedicato, sul ”Corriere” di domenica, ad una pubblicistica neoborbonica in vena di nostalgie dinastiche e di riletture risorgimentali, riapre una questione delicata. Cosa significa, sul piano storiografico, il revisionismo o, per meglio dire, l’innovazione? Nei suoi libri, lei caro Mieli, ha più volte sollevato il problema di un Risorgimento spesso interpretato in modo teleologico, facendo prevalere cioè l’ottica delle conclusioni (l’unificazione politica del Paese) e sottovalutando le ragioni degli Antichi Stati. Una sottolineatura importante, che tuttavia non va confusa con le istanze illustrate nell’articolo di Rossani, le quali finiscono per sostituire ad un eventuale pregiudizio filosabaudo un pregiudizio (dinastico) opposto. Credo che i dibattiti non accademici sul nostro passato siano un fatto positivo, dimostrando la presenza di una forte domanda di storia da parte dell’opinione pubblica. Né mi scandalizzo se, nel passaggio dalla ricerca accademica alla discussione mediatica, temi e opinioni vengono semplificati. Questo non toglie che il lavoro storico, come ogni disciplina scientifica, sia un ambito epistemologico sottoposto a procedure definite e che, accademici o nostalgici, quanti lavorano sul passato siano tenuti a rispettarle. Senza scorciatoie analitiche e senza ingenuità ermeneutiche. Dopo tutto, chi sta oggi rileggendo (revisionando) la storia dell’Ottocento italiano non sono i ”neoborbonici” ma quegli studiosi - da Alberto Banti a Ilaria Porciani, Marcella Marmo, Umberto Levra ecc. - che nelle loro opere, attraverso lo scavo documentario e una coraggiosa sperimentazione metodologica, pervengono a nuove ipotesi interpretative. Spassionate ma rigorose. Paolo Macry, Napoli Caro professor Macry, come non essere d’accordo con il contenuto e con la forma della sua lettera? Anch’io penso che le kermesse dei neoborbonici e lo studio critico della storia del Mezzogiorno vadano tenuti distinti. Ben distinti. Ma da tempo cerco di capire perché abbiano un così grande successo le manifestazioni di recupero dell’identità meridionale - non solo borbonica - che precedette (e successivamente avversò) l’Unità d’Italia. E me lo spiego, almeno in parte, con la constatazione - anche sulla base di un’esperienza diretta - che al Sud si ha, da parte di molti, direi dei più, l’impressione che la loro vera storia non sia stata ancora del tutto raccontata. Di conseguenza mi ha stupito non poco, quando ho letto l’interessante articolo di Rossani a cui lei fa riferimento, notare l’atteggiamento assai poco indulgente di uno storico di rango qual è Giuseppe Galasso, il quale ha bollato questo genere di iniziative come per metà folkloristiche e per metà di nessuno spessore culturale. Comprendo i motivi per cui Galasso si è espresso in questi termini. Ma credo che da parte sua ci sia un eccesso di difesa nel sostenere le proprie opinioni. Come se aprirsi a un confronto con quelle tesi fosse semplicemente un fastidio. O addirittura potesse mettere in pericolo qualcosa. Io credo invece che una serena discussione con i portatori di quegli argomenti vada fatta. E vada fatta nello spirito di chi è disposto a riconoscere qualche torto dei vincitori e qualche ragione dei vinti. Che è lo spirito giusto per occuparsi, bene, di storia. Paolo Mieli