John Keegan La Stampa, 05/03/2002, 5 marzo 2002
Il Pentagono ha capito che contro bin Laden le armi del futuro sono quasi inutili, La Stampa, martedì 5 marzo 2002 WASHINGTON, dove mi trovo, è tutta un ronzio di discorsi sul futuro della guerra in corso
Il Pentagono ha capito che contro bin Laden le armi del futuro sono quasi inutili, La Stampa, martedì 5 marzo 2002 WASHINGTON, dove mi trovo, è tutta un ronzio di discorsi sul futuro della guerra in corso. C’è chi disquisisce su quale sarà il più probabile prossimo conflitto - Iraq e Corea del Nord sono i paesi più gettonati - ma si parla anche moltissimo di quali forme assumerà il combattimento. Il presidente Bush ha appena ottenuto dal Congresso un extra di 84 miliardi di dollari per la Difesa (che è più dell’intero bilancio militare della Gran Bretagna). Come spenderli, adesso? La difesa anti-missile è la prima risposta. La tecnologia è costosa e richiede di essere perfezionata sul piano operativo. C’è un forte sostegno popolare - per non parlare di quello dei militari e dell’industria - all’idea che l’America venga protetta dalla minacce degli ”Stati canaglia”. I quali, d’altra parte, non dispongono ancora delle tecnologie belliche dalle quali dovremmo proteggerci. Però gli Stati canaglia, al pari dei terroristi che sponsorizzano, sono versati nella guerra a bassa tecnologia, con il risultato paradossale che i paesi militarmente più avanzati, a partire dagli Stati Uniti, stanno dedicando grandi sforzi all’incremento delle loro capacità di combattimento in alcune delle forme più vecchie di guerra. Gli eventi afghani hanno dimostrato che l’uomo sul campo di battaglia continua a essere cruciale come è sempre stato nella sconfitta del nemico. La guerra in Afghanistan ha anche smentito la credenza, popolare fra i disfattisti, che il terrorismo sia una specie di pervasivo miasma sociale, senza basi né risorse che si possano identificare e colpire. La breve campagna afghana ha dimostrato che i terroristi dipendono, quanto gli eserciti regolari, da basi e strutture di addestramento, linee affidabili di rifornimento e afflusso di uomini per rimpiazzare le perdite. Le organizzazioni del terrore possono essere sconfitte come gli eserciti regolari; anzi sono persino più vulnerabili, se colpite nei punti giusti. I loro punti più deboli sono i centri direttivi, perché pare che i capi non condividano affatto la vocazione al martirio dei loro sottoposti; tutto il contrario, semmai. Ma quando i leader si rifugiano in località remote, come hanno fatto quelli di Al Qaeda, l’alta tecnologia occidentale non fornisce le armi necessarie a trovarli e ucciderli. Dato che i soldati delle forze speciali - i più idonei a combattere sulla prima linea antiterrore - sono a loro volta vulnerabili ai terroristi quando si tratta di lanciare l’attacco finale, si avverte sempre più l’esigenza che dispongano della capacità di ”vedere” il nemico a distanza. A complemento dei sensori statici che già hanno, le forze di terra americane sono interessate a svilupparne di mobili in grado di vedere e sentire, annusare e percepire vibrazioni. Si tratterebbe di uno sviluppo della sorveglianza aerea dei Predator usati con tanto successo in Afghanistan, da affiancare con mezzi così piccoli da poter stare in uno zaino. I dati raccolti andrebbero poi elaborati da un centro di controllo e usati per dirigere automaticamente il fuoco di una piattaforma mobile senza equipaggio umano. Si sta lavorando per dare a tali piattaforme la mobilità e la potenza di fuoco di un grande carro armato, ma molto più leggero e facilmente trasportabile per via aerea. L’aria e il mare sono particolarmente favorevoli alla scoperta a distanza, alla identificazione del bersaglio e alla guida delle armi automatizzata. Ma anche questi sistemi possono sbagliare, come dimostra la terribile esperienza dalla nave da guerra americana Vincennes i cui missili Aegis, totalmente automatizzati, in un’operazione nel Golfo nel 1988 abbatterono un aereo civile iraniano pieno di passeggeri, identificato per errore come un apparecchio militare nemico in missione di attacco. I sistemi basati a terra sono in genere meno suscettibili di errore, però i bersagli a terra si prestano meno a essere identificati a distanza. La ricerca di Bin Laden è un esempio calzante. Benché egli sia più alto della media, i suoi cacciatori non hanno mai avuto la fortuna di identificarlo in mezzo a una folla. Al massimo, potrebbero avere ucciso un uomo alto non ancora identificato, il cui Dna stanno ora confrontano con quello dei parenti. La caccia a Bin Laden e i duri combattimenti su piccola scala che ha comportato illustrano bene quanto poco nella guerra antiterrorismo ci sia da sperare dai progressi tecnologici. Se alla fine egli verrà individuato e ucciso, è probabile che ciò sarà dovuto ai vecchi metodi di caccia: perlustrare il terreno e mappare i movimenti locali e i rifugi delle unità terroristiche - in breve, gli attuali metodi delle forze speciali. Questo non significa che i moderni sistemi di sorveglianza aerea senza equipaggio non siano stati essenziali negli stadi preliminari delle operazioni che hanno portato o stanno portando alla liquidazione di Al Qaeda in Afghanistan. Ma non sembra probabile che bastino a inquadrare il bersaglio. D’altra parte, finora sfortunatamente non sono riuscite a inquadrarlo neanche le forze speciali, e non perché non ci abbiano provato. Durante i combattimenti attorno a Tora Bora ci sono andate molto vicino. Donnald Rumsfeld, il segretario americano alla Difesa, in un’intervista ha respinto l’idea che dispiegare più truppe sul terreno possa essere la mossa risolutiva. Ha persino messo in dubbio l’importanza di prendere Bin Laden. Ha chiaramente torto. Prendere o uccidere Bin Laden sarebbe decisivo per eliminare la cappa scura che è calata sull’Occidente dall’11 settembre. Aumentare il numero di soldati che gli danno la caccia sarebbe altamente desiderabile. D’altra parte deve trattarsi di soldati del tipo giusto. Le forze speciali, sia americane che britanniche, rifiutano rinforzi qualitativamente non all’altezza, che ne diluiscano l’efficacia. E dal momento che, come abbiamo visto, le loro capacità di combattimento non possono essere aumentate nemmeno con la tecnologia, la soluzione non può essere che aumentare il numero di soldati che i governi occidentali sono disposti a rischiare in missioni offensive all’estero, addestrandole secondo standard da forze speciali. John Keegan