18 marzo 2006
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Mendez Edison
• Nato a il 16 marzo 1979. Il calciatore dell’Ecuador che segnando il gol dell’1-0 contro la Croazia permise all’Italia di passare il primo turno ai mondiali del 2002: «Più di Del Piero, Vieri o Totti l’Italia grandi firme è stata salvata da un campesino ecuadoregno di nome Edison eccetera eccetera Mendez. Se Dio c’è ed è giusto, come ha detto Trapattoni, allora dovrà ricordarsi anche di questo ragazzo di 23 anni che guadagna duemila dollari al mese, specie nel caso in cui arrivi anche il momento di dividere un ricco premio tra gli azzurri. [...] E’ un ”negro de la sierra”, un nero di montagna: viene dalla Valle del Chota, una distesa arida e desolata ad oltre mille metri di quota e due ore di corriera dalla capitale, perché il treno non ci passa, dove la gente sopravvive grazie all’acqua del Rio Chota, quando ne ha voglia. E’ una delle zone più povere del Paese e siccome è dal letame che nascono i fior, da lì arrivano i talenti del calcio ecuadoregno, come De La Cruz, Delgado, Guerron o Chala, perché - ci spiegano - quelli lassù sono diversi dai ”neri di mare”: crescono giocando a pallone scalzi ma mica sulla sabbia, ché sono capaci tutti, bensì sul terriccio e sulle spine, senza far caso ai piedi che sanguinano. Mendez viveva in una casa senza acqua né luce, come quasi tutti i ventimila abitanti di quella valle dimenticata da Dio ma non dai talent scout, e quando non giocava lavorava nei campi col padre. A 17 anni l’hanno portato a Quito nel Deportivo, una squadretta di mezza classifica che però almeno gli passa una bell’appartamento dove vivere coi genitori, sei fratelli e la moglie Cristina cui ha dedicato la rete. Una decina di suoi parenti, tra cugini, cognati e nipoti, vivono sparsi in Italia, a Roma e Milano dice lui, dando l’idea di aver citato le uniche due città italiane che conosce. Dice che sono contadini (a Roma e Milano?) e che insomma si arrangiano, badano agli anziani, tirano a campare in qualche modo. Magari hanno fatto festa e chissà che facce li hanno circondati quando raccontavano che l’Italia l’aveva qualificata un loro cugino. Manco a dirlo il suo sogno è di venire pure lui in Italia, ma a giocare, più precisamente nella Roma, che nomina con un sorrisone da qua a là. [...] A Valle del Chota adesso ci torna solo ogni tanto per giocare a calcio coi ragazzini che ora, vedendolo, avranno un motivo in più per continuare a correre scalzi sulle spine dietro una palla» (Emilio Marrese, ”la Repubblica” 14/6/2002).