18 marzo 2006
DE GRADA Raffaele.
DE GRADA Raffaele Zurigo (Svizzera) 28 febbraio 1916, Milano 1 ottobre 2010. Critico d’arte • «[...] ha attraversato tutto un secolo senza che ciò lo abbia profondamente cambiato. [...] Che cosa rende uomini come Raffaele De Grada diversi da tutti gli altri? Probabilmente un’esistenza vissuta intensamente, partecipata, inventata di giorno in giorno, ma, soprattutto, una grande, grandissima umanità (viene spontaneo accostarlo a un personaggio come il grande storico dell’arte Gian Alberto Dell’Acqua). È proprio questa umanità che non ha mai fatto avvizzire, in lui, quella parte del “fanciullino” di pascoliana memoria. Il vezzo di non dire la propria età, Raffaele se lo trascina da tanto. Se qualcuno gliela chiede, fa finta di non sentire e cambia discorso. Nel 1986 ha 70 anni a denti stretti: deve lasciare l’insegnamento a Brera per andare in pensione (in pensione, per modo di dire: subito lo chiamano a dirigere l’Accademia Galli di Como). E 70 restano sino al ’96, quando, in un anno ne recupera dieci, perché costretto dalle circostanze. Un giorno, mentre è al Corriere, arriva una telefonata di Carlo Bo. L’autore di Letteratura come vita sente che è presente anche Raffaele, chiede di salutarlo. Una frase (“Eh, cosa vuoi, caro Carlo, fra due settimane sono 80”) svela il mistero. Così il giorno dell’anniversario, il Corriere, con un pezzo in Terza pagina, ricorda il suo collaboratore di circa mezzo secolo. C’è una spiegazione perché De Grada non ne ami parlare: “Rischio di camminare per le strade senza che nessuno mi saluti; pensano che ormai non servo più”, osserva. Non è così: il ricordo sul Corriere sveglia dal letargo anche persone di cui Raffaele non ha notizie da parecchi lustri. Un bilancio? Si tenga conto del critico, del docente, del politico. Nato a Zurigo nel 1916 (il padre è il famoso pittore Raffaele; e per distinguerlo, il figlio viene chiamato Raffaellino), a 19 anni scrive su L’Italia letteraria di Massimo Bontempelli. Poi la famiglia si trasferisce in Italia: Gussola (Cremona), San Gimignano, Firenze (la sua casa è frequentata da Libero Andreotti, Carena, Graziosi, Colacicchi, Loria, Carocci) e Milano. Nel capoluogo lombardo è allievo di Antonio Banfi. Suoi compagni di strada: Remo Cantoni, Luciano Anceschi, Vittorio Sereni, Enzo Paci. Con Ernesto Treccani fonda la rivista Corrente di vita giovanile. Antifascista, nel ’38 e nel ’43, si fa, rispettivamente, sette e cinque mesi a San Vittore. Partigiano, subito dopo la guerra, a Firenze, è nominato direttore dell’Eiar (l’attuale Rai), mentre l’amico Carlo Levi va a dirigere La Nazione. Giornalista, deputato, docente all’Accademia di Brera. Libri: su Umberto Boccioni, Giovanni Boldini, Mario Mafai; sui Macchiaioli; sull’800 italiano ed europeo e su decine di artisti contemporanei. [...]» (Sebastiano Grasso, “Corriere della Sera” 18/3/2006).