Simonetta Fiori, la Repubblica 23/2/2006, 23 febbraio 2006
Arriviamo al numero che l’ha promossa capopopolo. «Nel 2002 celebrammo il decennale di Mani Pulite con il volume che ha venduto più in assoluto: il dialogo tra Tabucchi e Borrelli e il confronto-scontro tra Davigo e Ferrara sono pagine da antologia
Arriviamo al numero che l’ha promossa capopopolo. «Nel 2002 celebrammo il decennale di Mani Pulite con il volume che ha venduto più in assoluto: il dialogo tra Tabucchi e Borrelli e il confronto-scontro tra Davigo e Ferrara sono pagine da antologia. C’ era già aria da girotondi, ma nessuno ne parlava. Fissammo la presentazione a Milano. Si pensò al Palavobis, 5.000 posti: ma chi lo riempiva? Mi sembrò una follia. Pochi giorni prima di quella presentazione, Nanni Moretti aveva parlato a Piazza Navona. Risultato: al Palavobis ospitammo diciassettemila persone, fuori ne rimasero trentamila. Anche i Tg asserviti dovettero darne notizia, seppure con un corredo di bugie». Presto si arrivò al milione di Piazza San Giovanni. Ma perché i girotondi si sono esauriti: troppi narcisi alla guida? «No, il narcisismo non c’ entra. Quella stagione irripetibile s’ è come esaurita. Se diviene un semipartito organizzato, il movimento cessa di essere tale». Quello fu anche il numero che le creò più grane a sinistra. «Sì, avevo registrato un lungo dialogo con D’ Alema, ma non fu pubblicato. L’ accordo era che Massimo potesse rivedere il testo prima di andare in stampa, ma solo per le migliorie stilistiche, non certo per cambiare la sostanza. Mi tornò indietro un testo zeppo di correzioni: il giudizio su Cofferati da negativo divenne ipocritamente positivo, così le valutazioni su Mani Pulite, severe nella chiacchierata, poi edulcorate o espunte. La contrattazione che ne seguì sfiorò l’ assurdo. Fino all’ ultimo fui incerto se pubblicarlo o meno, nella versione originale. Però sarebbe sembrata una trappola. Volarono minacce di querela. Decisi così di lasciare quelle pagine bianche: titoli e sommari, ma niente testo. Spiegando perché» (Paolo Flores d’Arcais)