Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2006  marzo 18 Sabato calendario

L’antistoria di Roma. Corriere della Sera, sabato 18/3/2006. Di fronte a un prodotto come Roma , lo sceneggiato televisivo, si possono avere due punti di vista

L’antistoria di Roma. Corriere della Sera, sabato 18/3/2006. Di fronte a un prodotto come Roma , lo sceneggiato televisivo, si possono avere due punti di vista. Si può considerare con simpatia il tentativo di mettere in luce il carattere brutale dello stile di vita e della mentalità dell’antica Roma (il film riguarda gli anni 52-49 a.C.). Ovvero manifestare sgomento di fronte alla massa di errori di fatto, anacronismi, confusioni, impostazioni erronee etc. che fanno di questo film un esempio insigne di disinformazione storica . Il primo punto non deve essere sottovalutato. C’è del vero nella resa estremamente realistica di quella brutalità diffusa. Una brutalità che si esprime innanzi tutto nella guerra, che in tanto sussiste ed è così pervasiva in quanto la guerra determina e permea di sé tutta la realtà romana. La guerra è lo strumento dell’arricchimento individuale e collettivo, è il pilastro della società schiavistica. E gli uomini che fanno innanzi tutto e sopra ogni cosa il mestiere delle armi sono animaleschi in ogni loro manifestazione e assassini in ogni loro comportamento. Del resto - come ricorda spesso Hanson nei suoi libri - nessuna guerra quanto la guerra degli antichi era una palestra di assassinio come pratica individuale, culminante nel corpo a corpo col singolo nemico nel corso della battaglia. Questo è reso bene nel film, e si iscrive in una ormai consolidata tradizione cinematografica (archetipo: Il gladiatore ). Bene è reso il rapporto animalesco di questi guerrieri, anche di rango elevato (è il caso di Pompeo, nella prima parte di questo film), con il mondo femminile. E del peso - nonostante tutto - del mondo femminile nella vita romana il film cerca di dar conto, anche se, talvolta, in modi ingenui e quasi manualistici. Detto ciò, sorge la domanda: perché una produzione di questo genere, che potrebbe avere il merito di "sbrinare" il mondo "classico", di ricondurlo alle sue dimensioni effettive, di cancellarne l’odiosa monumentalità, deve poi essere macchiata di tante sciocchezze e invenzioni per quel che riguarda i dati di fatto? Perché tanta e così profusa ignoranza? ridicolo che, sin dalle prime battute, venga detto e ripetuto che la lotta in corso, a Roma, nel 52 a.C., fosse tra patrizi e plebei. Non passa per la testa dell’autore della sceneggiatura, che da almeno due secoli vi era, al comando della Repubblica, una unica nobilitas patrizio-plebea. Tale nobilitas è, nel suo insieme, l’antagonista di quel proletariato militare legato personalmente ai potenti comandanti di legioni che sarà la base sociale del "cesarismo". Nel film la disinformazione storica è grande soprattutto quando si tratta della realtà sociale romana e delle ragioni e della dinamica della guerra civile cesariana. surreale sentire il giovanissimo Ottaviano preconizzare, a tavola, che Cesare sarà costretto alla guerra civile perché "gli schiavi faticano fino a schiattare" e "i nobili si arricchiscono". Così, con mossa davvero imprevista, la posta in gioco della guerra civile diventa il riscatto degli schiavi! La ben nota controversia giuridico-costituzionale tra Cesare e il Senato viene presentata, contro ogni possibile fonte, in questi termini: Cesare vuole l’Illiria, ma il Senato gli contropropone di "accettare alcuni anni di esilio se non vuole essere proscritto". Siamo dunque di fronte ad un coacervo di sciocchezze. Di Cesare - che è già a Ravenna - viene detto che "passerà le Alpi" e marcerà su Roma. E Cesare, per parte sua, durante il "comizio" a Rimini di fronte alle sue truppe fedelissime, promette di gettare "la feccia pompeiana" "dalla rupe Tarpea"! Cicerone è una vera macchietta, e nel film è quasi un giovane. Egli è addirittura rappresentato mentre, in Senato, implora Marco Antonio di opporre il veto alle decisioni del Senato. Cosa non possibile per varie ragioni: tra l’altro perché in quelle drammatiche sedute senatorie dell’inizio gennaio 49 Cicerone non era nemmeno a Roma. E certo mai avrebbe agito a quel modo. Un’ultima notazione. La presenza di Azia, madre di Ottaviano, è letteralmente ossessiva lungo tutto il film. Non vi è alcun fondamento a sostegno di una tale centralità. Ma è decisamente ridicolo farne, tra l’altro, l’amante infaticabile di Marco Antonio. Divulgare errori è il peggio che si possa fare. il più grande aiuto che si possa dare al conservatorismo culturale e alla difesa di tipo passatista dello studio degli antichi. Luciano Canfora