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 2002  marzo 18 Lunedì calendario

Copiare è un diritto, basta avere il copyleft, la Repubblica, lunedì 18 marzo 2002 San Francisco. La Open-Cola sfida Coca e Pepsi, rivela la propria ricetta di produzione e dice: copiatemi

Copiare è un diritto, basta avere il copyleft, la Repubblica, lunedì 18 marzo 2002 San Francisco. La Open-Cola sfida Coca e Pepsi, rivela la propria ricetta di produzione e dice: copiatemi. Linux, il programma di software gratuito, in pochi anni è diventato il primo rivale del Windows di Microsoft. Ora c’è Wikipedia, l’enciclopedia online che tutti possono copiare e integrare aggiungendo nuove definizioni. E il popolo dei teenagers continua imperterrito a copiare musica gratis da Internet e si rifiuta di pagare le case discografiche. La rivolta contro la proprietà privata delle opere dell’ingegno invade nuovi territori. Abbasso il copyright, viva il copyleft, è lo slogan di un movimento anticapitalista che nasce nel cuore del sistema. Tra right e left il gioco di parole allude a destra e sinistra, ma non solo: contrappone il diritto d’autore remunerato e la ”copia lasciata” a disposizione di tutti, la libertà di copiare. Open-Cola è il primo caso di un prodotto di consumo che nasce con ”formula aperta”, nel senso che il produttore regala sul suo sito Internet le istruzioni per fabbricarlo, ed è aperto a ogni suggerimento per migliorarlo. Il modello è copiato dal mondo dell’informatica, dove fin dalle origini una corrente libertaria e anticapitalista cercò di impedire l’appropriazione privata delle innovazioni a fini di profitto. Nel lontano 1975 - agli albori del personal computer - nella Silicon Valley californiana nasceva il celebre Homebrew Club, un’associazione di giovani ricercatori appassionati di nuove tecnologie, ostili agli interessi della grande industria, e pronti a tutto pur di impedire che l’establishment si impadronisse delle loro scoperte. Lì nacque il termine ”hacker”, che all’origine non designava i cyberpirati bensì i giovani scienziati animati da ideali antiautoritari e dal sogno di promuovere la massima diffusione sociale delle nuove tecnologie. Nel 1984 l’informatico Richard Stallman del Mit lanciò la Free Software Foundation e il movimento dell’open source - ”sorgente aperta” - per promuovere la divulgazione gratuita dei codici-sorgente che custodiscono i segreti di funzionamento dei programmi di software. L’etica hacker ha trovato poi un alleato insperato e prezioso nella logica dell’efficienza. Via via che il computer diventava uno strumento di massa, e l’industria del software (Microsoft in testa) sfornava a getto continuo nuovi programmi, molti informatici si sono persuasi che la formula del software aperto si presta meglio a veloci correzioni e perfezionamenti. Il segreto industriale che circonda i sistemi Windows, per esempio, fa sì che solo i tecnici della Microsoft possono correggere i difetti che regolarmente accompagnano le prime versioni. Se invece tutti possono partecipare attivamente al miglioramento del prodotto, lo sforzo corale dei consumatori motivati può dare risultati eccellenti. All’inizio degli anni Novanta lo studente finlandese Linus Torvalds lanciò il più celebre sistema operativo open source, ”sorgente aperta”. Il suo Linux è disponibile gratis su Internet, è una valida alternativa a Windows (lo usano già 18 milioni di computer in tutto il mondo ed è consigliato nientemeno che dalla Ibm), potete modificarlo, copiarlo, regalarlo ad altri senza pagare un centesimo. In cambio della gratuità gli utenti sono invitati a segnalare errori e a migliorarlo. Un gruppo di esperti seleziona le proposte valide, e così Linux è in costante progresso grazie al volontariato di milioni di appassionati informatici. Chi introduce una modifica di successo viene anche premiato con riconoscimenti accademici, tale è il prestigio di Linux negli ambienti universitari americani. Sulla scia di Linux il movimento copyleft si trasforma in valanga. Ora ha anche una legge che lo tutela, la General Public License: quando un prodotto nasce con il marchio copyleft, può essere copiato cambiato e distribuito da chiunque, ma sempre con l’obbligo della gratuità. Nessuno può fare il furbo, brevettarlo e impadronirsene a fini di profitto. La popolarità del copyleft si salda con vari fenomeni di rigetto del copyright. C’è stato il celebre caso Napster, il sito che ha permesso a milioni di adolescenti di ”scaricare” da Internet canzoni e brani musicali senza pagare un centesimo di diritti d’autore. Condannato un anno fa dal tribunale di San Francisco, Napster ha generato però dozzine di cloni, altri siti che continuano a sfuggire alla caccia delle case discografiche. Crollano le vendite dei cd, e un’intera generazione di teenagers ormai dà per scontato che la musica non si paga. A San Francisco è nata l’Electronic Frontier Foundation per difendere le libertà civili nell’era digitale: tra l’altro promuove un modello di copyleft chiamato Open Audio License, per i musicisti che vogliono offrire le loro opere gratis su Internet senza finire nelle grinfie dell’industria discografica. In un campo molto diverso, l’industria farmaceutica è sotto assedio per l’esosità con cui pretende di estrarre profitti dai suoi brevetti, vendendo farmaci salvavita (come le cure anti-Aids) a prezzi inaccessibili per i paesi poveri. Dopo l’11 settembre un colpo inaspettato alle multinazionali farmaceutiche lo ha sferrato George Bush, che ha piegato le leggi sui brevetti imponendo alla Bayer di dimezzare il prezzo dell’antibiotico per l’antrace. Wikipedia è l’enciclopedia online che permette a chiunque di modificare e integrare le sue ”voci”. è un puro prodotto copyleft, ha già 20.000 articoli e ogni mese si arricchisce di nuovi contributi. «Alla gente piace l’idea - dice il suo caporedattore Larry Sanger - che la conoscenza possa essere distribuita e sviluppata liberamente». Ma l’esperimento più rivoluzionario di copyleft riguarda nientemeno che un processo in tribunale. Lawrence Lessig, uno dei massimi giuristi dell’università di Stanford, sta preparando una causa storica contro la legge americana sui diritti d’autore. Lo fa per conto di un editore online, la Eldritch Press, che vorrebbe offrire su Internet libri il cui copyright è scaduto, ma è penalizzata dalla nuova legge Usa che ha esteso la durata del copyright da 50 a 70 anni dopo la morte dell’autore. Il giurista Lessig ha lanciato un appello a tutti gli studenti di diritto delle università americane, da Stanford a Harvard, perché contribuiscano a definire assieme a lui gli argomenti legali per contestare la legge sul diritto d’autore. è nato così il primo caso di Open-Law: gli argomenti legali sono a disposizione anche di altre associazioni di cittadini che si mobilitano contro il copyright. «In un mondo in cui cresce l’opposizione al potere delle grandi aziende, ai diritti restrittivi sulla proprietà intellettuale e alla globalizzazione, l’open source emerge come una possibile alternativa, un mezzo per contrattaccare» ha scritto Graham Lawton sul ”New Scientist”. Con il copyleft anche il movimento noglobal può scoprire di avere un’altra freccia al suo arco: proprio in America, nel centro del capitalismo mondiale, la legge consente di vietare la proprietà privata. Federico Rampini