Mariano Maugeri Il Sole-24 Ore, 19/03/2002, 19 marzo 2002
Operaie di strada, Il Sole-24 Ore, martedì 19 marzo 2002 Treviso. Loveth è una ragazza nigeriana di 26 anni: una cascata di treccine nere, una croce d’oro al petto, orecchini di cerchi d’oro e due tagli obliqui appena accennati sulle guance, come due pagnottelle incise per non farle gonfiare troppo
Operaie di strada, Il Sole-24 Ore, martedì 19 marzo 2002 Treviso. Loveth è una ragazza nigeriana di 26 anni: una cascata di treccine nere, una croce d’oro al petto, orecchini di cerchi d’oro e due tagli obliqui appena accennati sulle guance, come due pagnottelle incise per non farle gonfiare troppo. Loveth abita a Fontanelle, un paese del profondissimo Nord-Est, una pianura senza confini che mette angoscia: campi di mais appena dissodati e colonne di Tir croati, ungheresi e rumeni che con lo spostamento d’aria increspano l’acqua delle rogge, nascoste qualche metro sotto la provinciale. Loveth era una prostituta. «Lavoravo a Firenze», racconta lei muovendo due labbra vermiglie. «Lavoravo a Firenze ma volevo essere felice», aggiunge subito. Alla ricerca della felicità arriva a Torino, accolta dalla fondazione Migrantes. Denuncia i suoi aguzzini, fa un corso di formazione per operaio meccanico e uno stage in un’azienda dell’indotto Fiat. Loveth si dà da fare, ma in Piemonte non l’assumono. «Vai a Fontanelle, lì di lavoro ce n’è finché ne vuoi», le dicono. Fontanelle, Mansuè, Gaiarine, Portobuffolè e Oderzo sono alcuni paesi della ”sinistra Piave”. Paesi tirati a lucido con le casette restaurate, la solita pianura e le solite fabbriche, tante fabbriche, forse più fabbrichette che cristiani. «Una volta ci rubavamo gli operai italiani, adesso ci rubiamo quelli rumeni: l’ultimo mi è scappato via due giomi fa», ammette sconsolato Gilberto Rui, l’imprenditore della fabbrica dove lavora Loveth, una vita sempre di corsa tra le quattro aziende dell’indotto Electrolux che gestisce con il padre e due fratelli. Una mano a tutti i piccoli imprenditori l’ha data Giovanni Pisani, il sindaco-medico di Fontanelle, 5 mila abitanti, un paese a stragrande maggioranza leghista ma con una giunta di centro-sinistra, un assessore ai servizi sociali medico, un capo dell’opposizione medico e un consigliere della maggioranza (medico anche lui, s’intende) sposato con un’esperta di progetti europei con il pallino degli emarginati, Carla Olivieri. E lei che convince il sindaco: «Ci sono fondi del ministero degli Affari sociali per l’accoglienza e l’inserimento al lavoro degli immigrati vittime della tratta e dello sfruttamento: perché non presentiamo un progetto?». Arrivano 250 mila euro e nella casetta marrone con le imposte verde, appoggiata tra la roggia e la strada provinciale, passano in due anni 32 donne, ex prostitute nigeriane, rumene, moldave, albanesi, ucraine e quattro cinesi uomini («ma per loro abbiamo trovato un altro alloggio», precisa la Olivieri). A Fontanelle approdano da tutta Italia: Lecce, Bari, Novara, Torino. L’articolo 18 del decreto attuativo della Turco-Napolitano è valido dappertutto, ma solo nel Nord-Est le prostitute trovano lavoro dopo uno stage di 400 ore in fabbrica (finanziato dalla legge). Il sindaco se le ricorda tutte: «Ah, le moldave, che ragazze splendide!». Un’opinione condivisa da parecchi abitanti di Fontanelle. Due anziani e un giovanotto volevano comunicare personalmente il loro gradimento: a notte fonda hanno pedalato fino alla casa verde e marrone, hanno bussato alla porta di legno bisbigliando di volersi appartare con una di loro. «Le ragazze ci hanno telefonato, ma non siamo intervenuti: i tre hanno capito che non era il caso d’insistere», ricordano in Municipio. Silvio Montagner, un cinquantenne con la faccia di Harry Potter, general manager della Eurocomponenti di Portobuffolé, un’azienda che trasforma la polvere di legno in pannelli che sembrano di legno massello, di ex prostitute ne ha assunte otto. E mentre c’era ha reclutato pure i quattro cinesi: «Grandi lavoratori. T’implorano di lavorare sempre di più. Se potessi vorrei solo operai cinesi». Delle operaie nigeriane, moldave e rumene, tutte passate da Fontanelle, l’imprenditore è soddisfatto: « gente che ha una gran voglia di cambiare la propria vita. E non smette mai di dimostrarlo». Mica, una rumena di 30 anni, operaia alla Eurocomponenti, tormenta i suoi colleghi perché l’aiutino a trovare una casa dove possa ospitare i due figli. Dello stipendio è contenta: «In un mese sono riuscita a guadagnare mille e ottocento euro», risponde appena si parla di soldi. Anche Loveth sostiene di essere «quasi» felice. Alla Plast di Fontanelle impacchetta i cassetti di plastica dei frigoriferi insieme con operaie baresi, ucraine, indiane, albanesi. Il suo capo reparto, Claudio, un ragazzone con gli occhi azzurri e il sorriso schietto, è entusiasta. «La lentezza degli africani? Balle. In realtà non sbagliano mai». Dopo due anni, delle 32 donne approdate a Fontanelle, 28 lavorano in aziende della zona. Quattro non ce l’hanno fatta «ma nessuna è tornata in strada», giura la Olivieri. Montagner è pronto a fare una battaglia. E s’accalora: «Questo canale funziona? perché non insistere?». Ma il Comune di Fontanelle sta per congelare il prooetto. Le elezioni sono alle porte. Pisani è alla fine del secondo mandato. E il candidato sindaco dell’Ulivo, dopo aver annusato l’aria che tira, ha preferito congelare l’esperienza delle prostitute-operaie. Pisani si sfoga: «A pochi chilometri da qui, sulla Pontebbana, di prostitute ce ne sono migliaia. Ma alla gente di Fontanelle non interessa. Loro dicono: il sindaco ci ha portato le puttane in casa. Il ministero degli Affari sociali ci ha destinato altri 60 mila euro, ma io li lascio lì. Finanziare un progetto per il reinserimento di ragazze come queste non è come negoziare un mutuo per costruire una scuola media. Per quanti sforzi faccia, un sindaco leghista che difende una casa di accoglienza popolata da ex prostitute di mezzo mondo non riesco proprio a immaginarmelo». Mariano Maugeri