La Stampa 08/03/2006, pag.29 Raffaella Silipo, 8 marzo 2006
Corrida: quando il giovane Andreotti. La Stampa 8 marzo 2006. «La mia gaffe peggiore? Ero un giovane studente ed ero stato mandato in biblioteca dal professore per una ricerca sul diritto mercantile
Corrida: quando il giovane Andreotti. La Stampa 8 marzo 2006. «La mia gaffe peggiore? Ero un giovane studente ed ero stato mandato in biblioteca dal professore per una ricerca sul diritto mercantile. Un signore mi disse: ”Ma lei non ha di meglio da fare che occuparsi di queste cose?” Era stata una giornataccia e io gli risposi a muso duro: ”Perché non si fa i fatti suoi?” Quel signore era Alcide De Gasperi». A raccontare l’antica figuraccia - che poi non precluse una lunga collaborazione politica - è un Giulio Andreotti nella curiosa versione di «dilettante allo sbaraglio» in una puntata del 1988 della «Corrida» di Corrado, il varietà più longevo della tv italiana, nato in radio nel 1968 e vent’anni fa sbarcato in tv. Oggi la «Corrida» viene analizzata all’Università Cattolica di Milano dal «Grande Talk» di Sat 2000, con l’aiuto del conduttore attuale Gerry Scotti - che nel 2002 ha raccolto il difficile testimone di Corrado - della storica curatrice Marina Donato e del maestro Roberto Pregadio. Un’occasione per ripercorrere la storia della televisione tra testimonianze e filmati: la nascita nel 1968 in radio (da un’idea di Corrado), la prima puntata in tv il 5 luglio 1986, gli ospiti illustri tra cui Alberto Sordi, Enzo Biagi, Andreotti appunto, la «novità» del televoto e della prima telefonata in diretta. La puntata con Andreotti è un viaggio nel passato d’Italia. Qualche volta così simile al presente, come quando il senatore racconta dei comizi: «Ero terrorizzato, ma poi imparai che l’unica cosa che conta, quando parli in pubblico, è quello che dici all’inizio e alla fine. Il resto non lo ascolta nessuno, basta dirlo con voce un po’ sicura». Qualche volta così diverso, come nel caso dei rapporti con il mondo islamico: «Ricordo quando a Roma ci fu la conferenza dell’unione interparlamentare: a un certo momento arrivò tutto turbato un commesso di Montecitorio a dirmi che la delegazione araba voleva sapere in che direzione fosse la Mecca per pregare. Avrei dovuto dire che non ne avevo la più pallida idea, invece risposi deciso: verso piazza Colonna, pensando che qualche grado di spostamento non fosse fondamentale. Ma il Profeta si vendicò, perché poco tempo dopo a Damasco mi si chiuse un dito nella portiera dell’auto». Una spiritosaggine impensabile in tempi di islamically correct. La conclusione? «Non bisogna mai disperare nella vita» dice Andreotti quasi profeticamente. «Io da ragazzo ero un asino in matematica, ma per fortuna ero bravissimo in fisica e siccome il voto faceva media sono uscito sempre con la sufficienza. Ecco, nella vita quello che conta è la media». E ricordare che siamo tutti dilettanti allo sbaraglio. Raffaella Silipo