Marcello Veneziani il Giornale, 18/03/2002, 18 marzo 2002
Willy Wagner, il nazista che salvò 50 italiani, il Giornale, lunedì 18 marzo 2002 Una giunta di centrosinistra si appresta a intitolare una strada ad un ufficiale nazista, la prima nel mondo
Willy Wagner, il nazista che salvò 50 italiani, il Giornale, lunedì 18 marzo 2002 Una giunta di centrosinistra si appresta a intitolare una strada ad un ufficiale nazista, la prima nel mondo. A voler essere grossolani, la notizia sensazionale sarebbe questa. Ma la storia di cui vi narrerò è ben più tragica, eroica e delicata. ambientata nell’Italia lacerata dell’8 settembre 1943, l’Italia spaccata e spaesata del Sud, in particolare la Puglia, attraversata da tedeschi inferociti per il «tradimento» italiano e da sovrani d’Italia in fuga a Brindisi in cerca di salvezza. Cominciano le rappresaglie. A Trani i tedeschi prendono in ostaggio cinquanta cittadini e li destinano alla fucilazione. è il 18 settembre. C’è pure un bambino di dieci anni, Giuseppe Amorese, che attende mano nella mano di suo padre Alfonso, ammassato con gli altri 49 pugliesi nei giardini dell’attuale piazza della Repubblica. L’arcivescovo di Trani Francesco Petronelli si offre in ostaggio per salvare la vita ai cittadini, il segretario del Fascio di Trani Antonio Bassi e il podestà fascista Giuseppe Pappolla si recano con il prelato dall’ufficiale tedesco che ha in consegna i cinquanta ostaggi per chiedere di risparmiare la loro vita. Incontrano un ragazzo dal viso luminoso, biondo con gli occhi pieni di cielo, come gli svevi che avevano dominato secoli prima quelle terre. Il giovane tenente si chiama Willy Wagner, li ascolta e poi assume la decisione fatale: libera gli ostaggi. I cinquanta tranesi si salvano. Wagner è sottoposto a rapido processo per grave insubordinazione e il giorno dopo la sua decisione di liberare gli ostaggi viene fucilato proprio nei pressi del Castello Svevo di Barletta. Mio padre, all’epoca militare, ricorda di aver vegliato in armi il luogo che raccolse il corpo del giovane tenente. Una fossa che lo stesso ufficiale, non solo metaforicamente, si era scavato da solo. Di questo episodio si era persa memoria nei fondali dell’oblio e del disprezzo nei confronti del tedesco invasore. A Trani e a Barletta le sue tracce erano dimenticate. Il nome del giovane ufficiale ricorre solo in una lapide a Montecassino, assieme agli altri tedeschi caduti nella battaglia intorno all’abbazia. Adesso apprendiamo dalle cronache locali della ”Gazzetta del Mezzogiorno”, che alcuni cittadini di via Andria, in Trani, hanno deciso di ricordare quel gesto eroico, anzi il consapevole martirio di quel militare tedesco «biondo e di gentile aspetto», come Corradino di Svevia. Tra quei cittadini ci sono alcuni degli ostaggi scampati alla morte. Un debito di gratitudine che riemerge dopo quasi sessant’anni. Un debito da saldare in extremis, prima che la notte cancelli gli ultimi testimoni. Quei cittadini hanno chiesto al sindaco di Trani di intitolare a Willy Wagner una strada, una piazza, o una pineta. Che è forse più evocativa per un tedesco nel suo estremo passaggio al bosco degli eroi, secondo la mitologia guerriera delle antiche saghe germaniche cantate da un altro, eccelso Wagner (di cui Hitler era estasiato). Credo che quel tenente meriti qualcosa di più di un boschetto o di una via. Salvare la vita ad altri uomini è impresa da eroi. Farlo avendo la certezza di perdere la propria è un sacrificio da martiri. E farlo rinunciando dolorosamente all’etica dell’obbedienza, al rispetto delle gerarchie e degli ordini militari e magari perfino all’adesione ad una comune Weltanschauung, una visione del mondo sinceramente condivisa, dev’essere stato tragicamente lacerante. Un soldato, un prussiano, un ufficiale del Führer che accetta non solo il martirio ma anche l’infamia di passare per traditore pur di salvare vite sconosciute e straniere, è impresa straordinaria. Quante fosse ardeatine e quanti feroci rappresaglie, quanti bombardamenti su popolazioni inermi e quanti rastrellamenti, deportazioni e stragi ci saremmo risparmiati con gesti d’insubordinazione come questo; e non solo da parte di ufficiali tedeschi. Ma sono gesti assoluti, impossibili, perché è già raro e difficile essere eroi, ma è impossibile essere eroi e insieme martiri, destinati per giunta all’oblio degli uni e al giudizio d’infamia degli altri. Willy Wagner rinunciò non solo alla vita ma anche alla gloria perché nessuno lo ricordò né tra i tedeschi né tra gli italiani e la sua divisa lo destinava comunque alle fosse comuni del disprezzo universale. Eppure casi come il suo, benché straordinari, non furono poi isolati. E atti di coraggio come quelli compiuti dall’arcivescovo di Trani o dalle autorità fasciste del luogo che prendevano le difese dei cittadini e non sposavano le ragioni degli alleati tedeschi, non furono così rari nel nostro Paese. Da Giorgio Perlasca ai soldati di Cefalonia, passando per tanti solitari casi, inghiottiti dal silenzio. Generosità ingenerosamente cancellate. Onore al tenente Willy Wagner, soldato d’Europa dal cuore pietoso. Marcello Veneziani