Francesco Battistini Corriere della Sera, 18/03/2002, 18 marzo 2002
Il mestiere di spia palestinese, Corriere della Sera, lunedì 18 marzo 2002 Gerusalemme. «Siamo come i cani per i ciechi: di giorno li accompagniamo nei pericoli, la sera aspettiamo gli avanzi
Il mestiere di spia palestinese, Corriere della Sera, lunedì 18 marzo 2002 Gerusalemme. «Siamo come i cani per i ciechi: di giorno li accompagniamo nei pericoli, la sera aspettiamo gli avanzi. Se il cane scopre un serpente in giardino, il padrone che fa? Gli dà l’osso migliore. Se avvertiamo d’una sassaiola, bastano cento dollari. Ma se l’informazione è un kamikaze, è tutta un’altra cifra: cinquemila, come minimo». Sulla scalinata che porta al Muro del Pianto le rughe si contraggono e l’occhio scatta, ogni volta che s’apre la porta del bar e qualcuno entra a mangiarsi un felafel. Sono 35 anni che N. vive in fuga, ma non s’è ancora abituato a parlar poco al telefonino, a bucare gli appuntamenti, a guardarsi anche l’ombra. N. è quel che gli israeliani chiamano un collaboratore e i palestinesi una lurida spia, che gli uni devono prezzolare e gli altri vorrebbero linciare. Nell’ultima settimana, sei amici suoi sono finiti a testa in giù (a Ramallah) o trascinati in piazza (a Betlemme) e si capisce che stamane N. sia più prudente del solito: «Hanno sparato tre colpi sulla mia casa, un cecchino che stava a 70 metri. Mia sorella ha avuto problemi, a Hebron. Giro con la pistola, una mano sempre in tasca. Ma non ho fatto la plastica al viso: la mia faccia è una e io non devo vergognarmi». N. è il palestinese che nel ’75 sventò un attentato a Henry Kissinger, il segretario di Stato americano: «Dormiva all’hotel King David - racconta -. Venni a sapere che quattro razzi katyuscia erano pronti a Armon Hanaziv: tre diretti sul Muro del Pianto, uno sull’albergo. Quel giorno credo d’aver salvato molte vite, non solo la pace». Fu sempre con le soffiate di N. che gli israeliani arrestarono in flagranza l’arcivescovo siriano Hilarion Capucci, mentre attraversava il confine carico d’esplosivi per Al Fatah. Il denaro c’entra fino a un certo punto, dice: «Nel ’67 io vivevo ad Abutor, nella parte giordana di Gerusalemme. Avevo 24 anni, m’ero appena sposato, come tutti temevo l’arrivo dei tank israeliani. Ci uccideranno, mi dicevano, violenteranno i bambini. Invece, mi accorsi, vivevamo meglio che sotto i giordani. E io mi sentivo una formica caduta in una pozzanghera, che s’appiglia a tutto pur d’uscire. Decisi di passare dall’altra parte». Gli israeliani hanno ripagato N. con una casa e un lavoro: capo della manutenzione a quel Muro del Pianto che salvò dai razzi. «Non ho smesso di fare l’informatore, però, e continuerò a farlo: odio chi uccide la gente innocente». Non ha alcun rimorso, per gli scempi dell’esercito di David nei campi profughi: «è il mestiere del soldato - dice -. Se un terrorista si ripara dietro un’ambulanza o dentro un ospedale, e i militari sparano, la colpa non è loro». Il controspionaggio dello Shin Bet ha fissato un tariffario al centesimo: 500 dollari al cameriere che ascolta i clienti, 700 al tassista che segnala gli spostamenti. Per la Pasqua ebraica, è tradizione che le famiglie si liberino di tutto ciò che lievita, pane o pasta: molti pacchi quest’anno finiranno a migliaia di ”spioni”. Dal 1997 esiste anche un’’Organizzazione per l’aiuto ai collaboratori d’Israele” che rilascia tanto di tesserino plastificato, nome e foto, mille shekhel (quasi 300 euro) di quota associativa: N. non paga da due anni, per protesta, «perché il governo non fa nulla per proteggerci, eppure è a noi che lo deve, se riesce a fermare qualche kamikaze». Gli ultimi linciaggi hanno scioccato l’uomo. «Ho parlato col padre di Ahmad Deifallah, uno dei due di Betlemme. Lo spionaggio non c’entra: l’hanno ucciso perché sapeva qualcosa sull’Autorità palestinese». Racconta anche di Riad Liftawi, lo scorticato di Ramallah: lo Shin Bet gli aveva dato una jeep piena di microspie, da vendere a un uomo della sicurezza di Arafat, Abu Haliwa; quando un elicottero Apache ha centrato l’auto con un missile, uccidendo Haliwa, i miliziani sono andati a massacrare Riad e ad appenderne il cadavere sulla piazza dei Leoni. Qualche mese fa, il consiglio palestinese di Tira ha pubblicato perfino un libretto, I 10 comandamenti. Come comportarsi coi collaborazionisti: vietato seppellirli nei cimiteri («rendono impuri gli altri corpi»), guai a chi sposa i loro parenti o fa affari con loro, proibito accoglierli in moschea e ricordarli nelle preghiere, tenere i propri figli alla larga dai loro... «Ci trattano da animali», storce la bocca N.: «Capirei una pallottola in testa e via: è la guerra. Ma questi macelli... Rabin ha messo un serpente nel letto degli israeliani, Peres l’ha spostato sotto il cuscino, e adesso tocca a noi buttarlo fuori». Anche in cambio di trenta denari? «Ho 12 figli e 36 nipoti. Sarei fiero che qualcuno di loro facesse come me». Francesco Battistini