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 2002  marzo 28 Giovedì calendario

La cacarella di Berlusconi, Sette, 28 marzo 2002 Come si sa, durante il Consiglio d’Europa, che si è tenuto a Barcellona la settimana scorsa, Silvio Berlusconi si è ammalato di gastroenterite, uno di quei mali capricciosi che tutti sperimentiamo, indisposizione banale fatta di crampi brutali, complicate crisi di liberazione, debolezze, stordimenti e, in genere, penosi silenzi

La cacarella di Berlusconi, Sette, 28 marzo 2002 Come si sa, durante il Consiglio d’Europa, che si è tenuto a Barcellona la settimana scorsa, Silvio Berlusconi si è ammalato di gastroenterite, uno di quei mali capricciosi che tutti sperimentiamo, indisposizione banale fatta di crampi brutali, complicate crisi di liberazione, debolezze, stordimenti e, in genere, penosi silenzi. Invece Berlusconi, davanti alla malattia, viene preso da una sorta di ”voluptas patologica”, ha un rapporto estroverso con i propri acciacchi, percepisce, nella sregolatezza del proprio intestino, la vita che fluisce. Infatti gli uomini del suo staff, Paolo Bonaiuti, Marco Ventura, Gianni Castellaneta, e naturalmente egli stesso, e persino il riservatissimo Gianni Letta, tutti hanno fornito una dovizia di dettagli che, più che medica, è romanzesca. Sono state contate ventitré spremute di limone, la colpa è stata attribuita al latte di cammella che Berlusconi aveva bevuto in Arabia Saudita. Poi, per evitare un nuovo incidente con l’Islam, Berlusconi ha messo sotto accusa l’aria condizionata che il suo maggiordomo Sandro Parodi aveva lasciato accesa. Ma i giornalisti hanno saputo da un politico della delegazione rumena quali cibi Berlusconi aveva mangiato in Spagna. Infine per liberare l’intestino è intervenuto Romano Prodi che gli ha mandato una pillola di Bimixin, vecchio farmaco di tradizione, e subito lo staff si è diviso in fan del Bimixin e in fan dell’Enterovioformio. Quindi è stato comunicato ufficialmente che Berlusconi aveva chiesto a Prodi una seconda pillola, e per provarne gli effetti miracolosi il Cav. si è presentato «guarito» ai giornalisti: «Volete che vi faccia un saltino?». E ha fatto il saltino. Sono stati emessi persino due comunicati ufficiali, ed è davvero difficile trovare nella storia altri esempi di premier o capi di Stato che si dolgono e al tempo stesso tempo si divertono con le circostanze e con le sfumature dei propri malori, li trasformano in un teatro oscuro ma sempre animato, in deliziose infantilità, in scherzi da oratorio salesiano. Dunque a Barcellona Berlusconi ha alluso alla propria gastroenterite con eufemismi ammiccanti, l’ha esorcizzata designandola con parole coperte e risolini esplicativi, si è riferito a essa per litote, linguaggio cifrato, espressioni attenuate che però ha accompagnato con inequivocabili strizzatine d’occhio, cenni d’intesa e gesti della mano. Vi immaginate Tony Blair che accenna ai propri disordini e rumori intestinali chiamandoli «notizie dall’interno»? Ebbene Berlusconi lo fa. Un intero consiglio nazionale di Forza Italia all’hotel Villa Pamphili di Roma fu dominato da quella che egli, facendo l’occhiolino, chiamò «la vendetta di Montezuma», e tutti gli altri «la cacarella di Berlusconi». Il Cav. arrivò pallido ma allegro, e spiegò che tanti secoli fa lo spirito dell’imperatore azteco, ucciso da conquistatori spagnoli, aveva inviato loro una terribile dissenteria. Più tardi all’improvviso e per celia, chiedeva ai fedelissimi: «Chi di voi mi ha avvelenato?». Poi raccontò allusivo d’essere stato testimone al matrimonio dell’amico Martusciello. E quello: «Non sono stato io, nessun altro invitato si è sentito male». Quindi Berlusconi salì sul palco. Si asciugava la fronte con il fazzoletto. E quando arrivò l’ora del telegiornale interruppe il suo discorso traendone una curiosa fierezza che venne trasmessa in diretta al Tg5: «Interrompo la relazione, ma sappiate che non è perché ho perso... il filo». Ma è il rapporto di Berlusconi con la malattia e con gli acciacchi del (proprio) corpo che meriterebbe uno studio profondo. In lui non c’è mai tristezza, vuoto o disincanto. Il pensiero della malattia non è mai secco e denigratorio, la guarigione è una fiammata di entusiasmo collettivo, tutti sono mobilitati contro quei malanni che egli non cessa di interrogare e di esibire, li mette in comune per sconfiggerli in comune: «Guardate che occhiaie ho», dice quando gli vengono le borse sotto gli occhi. Anche le grandi malattie, come il famoso cancro alla prostata che egli ha combattuto e vinto , sono malattie «sociali» contro le quali Berlusconi ha un modo gagliardo, ottimista di rapportarsi, dando del tu al pericolo ma esibendosi in un chek-up di sé scritto da se stesso, ma per tutti: «Sapeste quante ne ho passate», dice in cerca di domande. C’è un rimedio a tutto, al corpo troppo vissuto, alla pancia a pera, alla statura, alla calvizie, alla cacarella. Per l’alito ordina ai suoi deputati di masticare mentine alla violetta. Li accarezza sul viso per vedere se si sono sbarbati. Da anni ormai, qualsiasi cosa accada, ogni lunedì va dal dentista. E, tra le regole che ha imposto ai parlamentari di Forza Italia, c’è pure quello di pulire il bagno, anche quando lo ha sporcato qualcun altro. Tanti anni fa, quando riceveva in casa l’amico Craxi che, soffrendo di prostata, andava spesso in gabinetto e qualche volta sporcava, era lo stesso Berlusconi che andava poi a pulire «per evitare che i camerieri si accorgessero che Craxi aveva sporcato». Come si vede in lui ci sono al tempo stesso infantilismo e grandezza morale. La dignità, per Berlusconi, è truffare il dolore, l’umiliazione, l’età. Una volta, appena operato e guarito, chiese all’amico che era andato a trovarlo in clinica: «Scommetti che non avevo niente, e questi medici mi hanno operato per farsi pubblicità?». Francesco Merlo