ཿLa Stampa 10/4/2002, 10 aprile 2002
Alla cena della strage di Pasqua almeno cinque delle vittime erano sopravvissute all’Olocausto. «Avevano con dolorosa e quotidiana volontà inventato uno stupefacente recupero: figli e nipoti, lavoro, interessi vari, sport, affetti e impegno sociale
Alla cena della strage di Pasqua almeno cinque delle vittime erano sopravvissute all’Olocausto. «Avevano con dolorosa e quotidiana volontà inventato uno stupefacente recupero: figli e nipoti, lavoro, interessi vari, sport, affetti e impegno sociale. George e Hana Yacobovich, marito e moglie, nascono in Romania nel 1923. A scuola insieme, sul medesimo treno verso Auschwitz, George salta dal treno, riesce a fuggire. Hana arriva alla famigerata rampa con padre, madre e fratelli. I suoi vengono selezionati e gassati all’arrivo, lei attraversa l’inferno e ne esce viva. Le strade dei due convergono dove è possibile immaginarsi ancora di andare avanti, in Israele, e nel ’79, ciascuno dopo un matrimonio finito e con due figli a testa, George e Hana mettono finalmente insieme la memoria e la speranza: i due compagni di scuola si sposano. La sera della cena di Pesach i due invitano a Natanya André, un figlio di Hana, con la moglie e due figlie. Il terrorista suicida, in mezzo a un mare di sangue (27 morti), ha ucciso George sul colpo, Hana lotta fra la vita e la morte, André è stato ucciso e così sua moglie, le nipoti sono ferite, ancora all’ospedale».