G.O., ཿCorriere della Sera 10/4/2002, 10 aprile 2002
Due metodi: la forza e la diplomazia. E quando la prima non funziona, non hai altra scelta. «’Michael B
Due metodi: la forza e la diplomazia. E quando la prima non funziona, non hai altra scelta. «’Michael B., 30 anni, è un riservista di un’unità combattente. Da domenica vestirà di nuovo la divisa e spera di indossarla solo per un mese, come prevede la norma. Ma la situazione nei Territori potrebbe costringerlo a rimanere più a lungo. Michael, sposato, segue un master in ”Scienze del Medio Oriente” e lavora in un istituto per giovani con problemi. Paura? ”Ne ho tante”. Fa una una pausa, non vuole pronunciare quel verbo. Morire. Poi riprende: ”Quando vedo la realtà in cui ci troviamo, penso che questo sia il mio compito. Devo e voglio proteggere il mio Paese”. E cosa dicono i suoi compagni dell’unità? ”Provano le stesse mie sensazioni. Ma alla fine ci salutiamo con la frase che si scambiano tutti gli israeliani in questi giorni: ”Andrà bene”. Cosa pensa di questa guerra? ”Ritengo che sia necessario fare qualcosa per far terminare questa situazione. Abbiamo due metodi: la forza e la diplomazia. E quando la prima non funziona, non hai altra scelta”. E’ convinto che sia la risposta giusta? ”Sì, dopo aver visto gli attentati a Netanya e Haifa durante la nostra Pasqua. Ho visto il fiume di sangue, mi ha colpito l’immagine dei tavoli del ristorante della strage: c’erano ancora i bicchieri colmi di vino”. E sua moglie non è preoccupata? ”Ha più paura di me. Io so che vorrebbe dirmi di non partire, però capisce la mia scelta”. Cosa prova dentro di sé? ”è come se avessi due identità. Quella nazionale, di appartenenza al Paese, e la mia privata. Però se la prima viene colpita sto male anche nel privato. Risultato: andare nei Territori è un dovere”».