La Repubblica 17/03/2006, pag.47 Alessandro Penati, 17 marzo 2006
La guerra delle poltrone accende il risiko bancario. La Repubblica 17 marzo 2006. Anche la casalinga di Voghera ha capito che in Italia ci sono troppe banche, e troppo piccole: sloggiato Fazio, o si fondono tra loro, o qualche straniero se le mangia
La guerra delle poltrone accende il risiko bancario. La Repubblica 17 marzo 2006. Anche la casalinga di Voghera ha capito che in Italia ci sono troppe banche, e troppo piccole: sloggiato Fazio, o si fondono tra loro, o qualche straniero se le mangia. E ha capito che Capitalia è la prima della lista: relativamente piccola, con un azionista di controllo debole, costi e sofferenze superiori alla media, facile da ristrutturare per realizzare "sinergie". Così, appena Draghi è arrivato in via Nazionale, è corsa a comperare titoli Capitalia (+40% da inizio anno), assieme a un´orda di gestori in gessato, che non hanno certo fatto ragionamenti più sofisticati. La casalinga ha anche capito che il risiko bancario (come lo chiamano nelle riviste che legge dal parrucchiere) ha poco a vedere con la sofisticata battaglia planetaria del gioco omonimo, e molto con una banale guerra di poltrone: ci sono sei presidenti e sei amministratori delegati per sei istituzioni (SanPaolo, Intesa, Capitalia, Mps, Mediobanca, Generali). Metà di loro se ne andrà a casa. Ma non prima essersi difesi con le unghie e con i denti. Lo spettacolo è assicurato. A giudicare dall´antipasto Capitalia-Intesa, promette bene: melodramma, primedonne, trame, dichiarazioni bombastiche, opa mediatiche, pubbliche mistificazioni e autorevoli fesserie. Numeri e calcoli, pochi: ma a che servono quando nel risiko ci si giocherà perfino la presidenza di Mediobanca? Comincia Bazoli, reiterando una pubblica, quanto insensata, abiura dell´Opa ostile nell´era post-Fazio. Ostile nei confronti di chi? Certamente, degli amministratori della banca obiettivo, e di chiunque tragga beneficio dal controllo: sono loro il potere e le poltrone a rischio. Per gli azionisti, un´Opa è sempre amichevole: lo è tanto più, quanto più le ostilità nella contesa per il controllo fanno lievitare il prezzo. Lo stesso vale per i clienti: chi paga di più ha il maggior stimolo a gestire nel modo più efficiente, per recuperare il proprio investimento. Se poi l´Opa è troppo amichevole nei confronti del management della banca acquistata, diventa inevitabilmente ostile per gli azionisti della banca che compra: per "amicizia" si finisce col pagare un prezzo troppo elevato, o per accettare una governance inefficiente che impedisce di ottenere rapidamente benefici dall´acquisizione. Poiché le banche offrono prodotti e servizi indifferenziati, la maggior parte dei benefici in una fusione viene dal taglio dei costi: l´ostilità è dunque un vantaggio, perché impone da subito unità di comando e di obiettivi. L´acquisizione più felice in Italia? Quella nata dall´Opa ostile del Credito Italiano sul Rolo. La peggiore? Probabilmente, la molto amichevole acquisizione di Comit proprio da parte di Intesa (grazie alla costosa opzione put per gli azionisti Comit, le inefficienze dei doppi amministratori delegati e della separazione delle due banche, prima dell´attuale assetto unitario). Per Capitalia risponde Arpe, che sente scricchiolare la poltrona e tira fuori la poison pill all´italiana (a tanto equivale l´acquisto del 2% di Intesa). La mossa è legittima, ma poco elegante: meglio presentarla come una difesa dei piccoli azionisti, per proteggerli da un´insensata speculazione. La casalinga non capisce: perché "scoraggiare" i risparmiatori a comperare a 6,7 euro quando ci sono tante banche di investimento che annunciano target price sopra i 7 euro? Senza contare che, se blocca l´attacco, la poison pill salva il manager, ma danneggia l´azionista; e molto, vista la performance del titolo Capitalia. Lo danneggia anche se il management, grazie alla poison pill, riesce a negoziare una governance a lui favorevole, ma inefficiente, come troppo spesso è successo in Italia. E se, per caso, l´investimento nel 2% di Intesa si chiudesse in perdita, chi paga? Meglio avere un´altra scusa pronta: Capitalia è intervenuta per evitare Opa striscianti e manipolazioni del titolo! Ma questi sono reati che vanno denunciati a Consob e procura: spetta a loro impedirli (e ultimamente hanno dimostrato di saperlo fare); non al management di Capitalia, con armi improprie. Si chiede infine la casalinga: perché le acquisizioni «carta contro carta» dovrebbero valere meno di quelle per contanti? Il contante è liquido, ma anche le azioni si possono vendere in ogni momento. E poi, un´acquisizione pagata con titoli equivale ad una per contanti finanziata con un aumento di capitale: una banca che vale 100, ed emette 50 di nuove azioni per darle agli azionisti della banca acquistata, ha la stessa struttura finanziaria di una equivalente, che fa un aumento di capitale di 50, per poi pagare in contanti. La differenza, dunque, non è nelle modalità di pagamento; ma di finanziamento. Se l´acquisizione è finanziata col debito, chi compra non diluisce il proprio controllo nella nuova entità che si crea con la fusione. Ancora una volta la casalinga ha l´intuizione giusta: è sempre e soprattutto una questione di poltrone. Alessandro Penati