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 2006  marzo 17 Venerdì calendario

Le notizie sull’aviaria sono tutt’altro che confortanti, ora che il virus è giunto anche in Italia

Le notizie sull’aviaria sono tutt’altro che confortanti, ora che il virus è giunto anche in Italia. Abbiamo chiesto a Giulio Divo di scrivere un ”ultimissimo capitolo” di questa vicenda, alla luce degli ultimi avvenimenti. E così l’aviaria è giunta in Europa e in Italia. Quella che poteva essere una facile profezia, data la regolarità dei flussi migratori degli uccelli selvatici, sta ora diventando l’ennesimo amplificatore di allarmismo sulla questione dell’aviaria. Che il virus H5N1 potesse arrivare fino a noi era praticamente certo fin da quando, ed erano gli ultimi mesi dello scorso anno, si era capito che la malattia, almeno nel suo sviluppo veterinario, stava diventando endemica. Ciò che non poteva essere previsto, piuttosto, è che dopo la prima ubriacatura di allarmismo e paura, il tam tam del terrore tornasse a risuonare in maniera così potente, al punto da richiedere persino un intervento esplicito da parte del capo dello Stato. Credo che il ragionamento più onesto che si possa fare, in momenti come questo, debba partire da una constatazione di fatto: noi viviamo circondati perennemente da virus. E l’idea di poter sbarazzarcene come un prodotto sgradevole della catena dei viventi è assolutamente irrealizzabile. Meglio allora pensare a quanto di positivo possiamo trarre da questa esperienza: per la prima volta stiamo seguendo l’evoluzione di un virus che è potenzialmente pandemico. Avremo l’opportunità di fermarlo prima che dia il via alla miccia della temuta malattia mondiale e di istituire cordoni sanitari efficaci secondo il modello già sperimentato con success in occasione della Sars, la polmonite atipica che ha messo alla prova la cooperazione sanitaria internazionale. E poi possiamo guardare con cauto ottimismo agli sforzi che la ricerca sta producendo per trovare un agente in grado di debellare il virus e la sua progressione - possibile ma non certa - verso l’uomo. Insomma: dovremmo essere positivi, circa l’intera situazione; se ai tempi della spagnola ci fosse stato un tale livello di sviluppo della scienza medica e delle conoscenze virologiche, forse oggi non staremmo con la paura di ripetere quei tristi e foschi scenari. E non ci faremmo certo spaventare da un petto di pollo...