MACCHINA DEL TEMPO APRILE 2006, 17 marzo 2006
Studi recenti effettuati da EVGN (European Vascular Genomics Network, www.evgnvascularscience.org), un network di eccellenza che riunisce 25 istituti europei impegnati nello studio delle malattie cardiovascolari, hanno dimostrato che le cellule endoteliali che ricoprono come un soffice tappeto le pareti interne dei vasi sanguigni hanno un ruolo che va al di là della semplice funzione di rivestimento
Studi recenti effettuati da EVGN (European Vascular Genomics Network, www.evgnvascularscience.org), un network di eccellenza che riunisce 25 istituti europei impegnati nello studio delle malattie cardiovascolari, hanno dimostrato che le cellule endoteliali che ricoprono come un soffice tappeto le pareti interne dei vasi sanguigni hanno un ruolo che va al di là della semplice funzione di rivestimento. Tra le molte funzioni, queste cellule regolano il tono vascolare e intervengono in alcune risposte immunitarie e infiammatorie. Se però la normale attività dell’endotelio viene meno, le pareti delle arterie si irrigidiscono pregiudicando lo scorrimento del sangue e spianando la via alle malattie cardiovascolari. Meno sangue, infatti, significa meno ossigeno: è l’inizio di un letale effetto domino che determina lo sviluppo dell’aterosclerosi. Sotto l’endotelio danneggiato iniziano a depositarsi molecole di colesterolo, detriti organici, molecole che inducono infiammazione: si generano così le placche aterosclerotiche. Queste possono ingrandirsi e bloccare il lume del vaso, o staccarsi (sono molto fragili) e iniziare a circolare, andando a ostruire un vaso lontano di calibro minore. In ogni caso, un distretto corporeo resterà senza ossigeno: se il vaso occluso irrora il cuore si avrà l’infarto del miocardio, se invece a bloccarsi è un’arteria che porta il sangue al cervello si avrà un ictus cerebrale. Tra i principali obiettivi clinici di EVGN c’è l’angiogenesi terapeutica: ovvero, come riuscire a stimolare la ricrescita dei vasi nelle regioni ischemiche danneggiate.