MACCHINA DEL TEMPO APRILE 2006, 17 marzo 2006
Ricordo nitidamente il giorno in cui ho trovato la forza e il coraggio per provare a risalire la china
Ricordo nitidamente il giorno in cui ho trovato la forza e il coraggio per provare a risalire la china. Ero ricoverato in ospedale, nella sezione alcologia, quando è entrata mia moglie con il più piccolo dei nostri tre figli, ancora in braccio. stata una vera folgorazione. Ho iniziato a piangere e ho continuato per quaranta minuti almeno. stato allora che ho ripreso per davvero il mio cammino». Si racconta così, con gran semplicità e profonda umanità, Pino Roveredo, vincitore ex aequo del Premio Campiello edizione 2005 col libro Mandami a dire (quattordici racconti editi da Bompiani, 9 euro). Nel suo passato affollato di bicchieri vuoti e bottiglie rovesciate, pesano esperienze quali il carcere, il manicomio con la camicia di forza, un’infanzia silenziosa a fianco di due genitori, entrambi sordomuti, spesso considerati l’alibi per quel suo profondo disagio giovanile che lo ha portato a un passo dalla fine. Nel suo passato, però, c’è anche la scrittura «senza la quale, forse, non sarei qui». Memorie di morte i primissismi scritti («li ho gettati via»), memorie di vita quelli attuali. «Ho capito di essere entrato in una spirale pericolosa il giorno in cui mi sono alzato prima del solito per rifugiarmi in un bar a bere un caffè corretto dopo l’altro: rigorosamente senza zucchero perché la mano mi tremava e non riuscivo a centrare la tazzina. Tuttavia, non volevo ammettere di essere diventato alcolista e i ricoveri psichiatrici che mi aiutavano a disintossicarmi, rimettendomi in pista per qualche tempo, mi rafforzavano in questa sciocca ostinazione». Un’ostinazione che lo porta, anno dopo anno, a bere di tutto, persino aceto, in un crescendo di dipendenza fisica e insoddisfazione psicologica. «Nei primi giorni della cura ti senti bene, la coscienza non si agita. Ma è solo un’illusione. Ben presto subentra il bisogno di riprovare quel piacere insidioso ed effimero, assieme al rimorso per le cose brutte che hai fatto, le bugie, gli inganni che hai elargito a tutti, soprattutto a coloro che ami”. E allora entri in crisi e riprendi a bere – ... finché ti assale l’angoscia e ti rendi conto di essere un alcolista incallito. Capisci di essere senza via d’uscita». Una via d’uscita Roveredo l’ha trovata: nella moglie e nell’affetto dei figli. Anche se, pur a distanza di anni, per lui ogni giorno è un giorno da combattere perché «... il biglietto per la risalita costa caro: non si paga né con farmaci né con i miracoli».