La Repubblica 08/03/2006, pag.50-51 Enric González, 8 marzo 2006
Non c’è solo il cilicio. La Repubblica 8 marzo 2006. L´interesse dell´Opus Dei per farsi conoscere ed espandersi negli Stati Uniti non è nuovo
Non c’è solo il cilicio. La Repubblica 8 marzo 2006. L´interesse dell´Opus Dei per farsi conoscere ed espandersi negli Stati Uniti non è nuovo. Il fondatore dell´organizzazione, San Josemaría Escrivá, ne parlò in numerose occasioni. Il primo centro aprì a Chicago, nel 1949, soltanto due anni dopo «l´uscita» dell´Opus Dei dalla Spagna e la fondazione di una casa a Roma. Chicago resta l´unica città statunitense dove l´Opera conta su una presenza consistente. Oltre a ciò, le cifre degli affiliati non impressionano proprio. Negli Stati Uniti sono circa 3.000, dei quali soltanto 200 risiedono a New York, la città dove l´Opus Dei dispone, dal 2001, di un grattacielo in centro. In buona misura, l´idea di usare a proprio vantaggio la pubblicità (negativa, ma enorme) fatta loro da Il Codice da Vinci, indica l´interesse particolare che per l´organizzazione rivestono gli Stati Uniti e alcuni dati potrebbero essere indicativi dell´inizio di una espansione in questo paese. Nel 2003, quando è stato pubblicato il romanzo, la sede newyorchese dell´Opus Dei aveva ricevuto 3.860 richieste di informazioni. Bradley Arturi, colui che risponde a queste richieste, riferisce che nel 2005 il numero dei contatti è salito a 6.870, un numero che rappresenta una crescita del 40 per cento. Le affiliazioni, tuttavia, mantengono il ritmo precedente. David Gallagher, responsabile di questo aspetto, stima che la crescita annua oscilli tra l´1 e il 2 per cento, l´equivalente di una media di quasi 40 nuove affiliazioni l´anno. «E presto per sapere se tutta questa pubblicità indiretta si rifletterà sul numero delle richieste di ammissione negli Stati Uniti», precisa il portavoce internazionale Marc Carroggio. La «politica della trasparenza» si è tradotta, per esempio, in lunghi servizi televisivi diffusi dalle principali reti statunitensi e da una notizia apparsa sulla prima pagina del New York Times. Certi dettagli aneddotici sono stati una festa per la stampa, come per esempio, il fatto che l´unico Silas (il nome del monaco albino del romanzo) che nella realtà appartiene all´ordine è Silas Agbim, un gentilissimo operatore di borsa che abita a Brooklyn, nato nel Biafra (Nigeria) e per niente albino. «Come narrativa, l´opera di Dan Brown è molto coinvolgente, presa come realtà è velenosa», commenta Agbim. L´Opus Dei ha tenuto nei confronti della Columbia-Sony, che ha prodotto la versione cinematografica de Il Codice da Vinci (la prima del film a livello mondiale è prevista per maggio, videogioco incluso), lo stesso atteggiamento di «non belligeranza» adottato con la casa editrice Random House-Bertelsmann. Thomas Bohlin, il vicario degli Stati Uniti, ha spedito tre lettere a Amy Pascal, la presidentessa della Columbia. La prima, datata 15 gennaio 2004, sostiene che l´argomento costituisce una «grave ingiustizia» a causa della «distorsione dell´identità istituzionale» dell´Opus Dei. Il tono delle tre lettere è gentile. La risposta della Columbia, nei tre casi, è stata altrettanto gentile e nient´altro. La Columbia ha offerto all´Opus Dei la possibilità di partecipare alla gestione di una pagina di forum su Internet; l´Opera (e la Conferenza Episcopale degli Stati Uniti) hanno declinato l´offerta. Per far conoscere la realtà dell´Opus Dei e l´irrealtà de Il Codice da Vinci, il sacerdote numerario John Wauck, ha creato un blog in inglese molto divertente: www.davincicode-opusdei.com. L´Opus Dei ribadisce che non ci saranno boicottaggi al film e di «non avere alcun desiderio di sollevare polemiche». La Columbia, intanto, ha trasformato l´edificio dell´organizzazione sulla Trentaquattresima Strada in una singolare attrazione turistica. Molti turisti si fermano per farsi fotografare davanti all´ingresso. «A volte si forma qui davanti un calca e in certe occasioni qualcuno ha osato chiederci della camera di tortura», racconta Robert Boone, uno dei custodi dell´edificio. Qual è la risposta a questo tipo di domande? «Che la stanza della tortura si trova nello scantinato, dove altro potrebbe essere?». Per approfittare in qualche modo di essere diventati un´attrazione turistica, accanto alla porta è stato collocato un espositore con depliant sull´Opus Dei. Sul cartello si legge: «Per i fan de Il Codice da Vinci: se vi interessa la vera Opus Dei, prendetene uno». Alla sede newyorchese arrivano anche molte lettere indirizzate al «vescovo Aringarosa», il personaggio de Il Codice da Vinci. L´indirizzo è in genere quello di Lexington Avenue che compare nel romanzo, sbagliato in un certo senso, perché corrisponde alla residenza delle donne. Quella maschile, dove risiederebbe Aringarosa se esistesse, si trova sulla Trentaquattresima Strada appena girato l´angolo. Alcune lettere sono piene di insulti, altre semplicemente deliranti. Lunedì scorso, hanno ricevuto una lettera di un uomo che sosteneva di aver scoperto, dopo aver letto Il Codice da Vinci di essere Dio, Gesù Cristo e Zoroastro allo stesso tempo. Coloro che scrivono al «vescovo Aringarosa» sono convinti che l´Opus Dei accumuli potere e custodisca segreti cosmici. In realtà, l´Opus Dei si rimpicciolisce quando si traduce in cifre. Con i suoi 85.000 membri, rappresenta lo 0,008 per cento dei cattolici nel mondo. Le affiliazioni annue variano tra le 600 e le 700. Hanno due cardinali, circa quaranta vescovi dei 4.500 vescovi cattolici e circa due dozzine di membri nella curia vaticana. Fuori dalla Spagna, che con i suoi 35.000 affiliati continua ad essere il centro di gravità dell´organizzazione, e di paesi come Italia, Perú, Messico e Filippine, l´Opus Dei è quasi invisibile. In Gran Bretagna, dove la prima residenza fu fondata nel 1946, le reticenze del cardinale Basil Hume (1923-1999) e la stessa cultura del paese hanno bloccato la sua crescita: vi sono solo 400 membri (uno di loro, Ruth Kelly, è attualmente la ministra dell´Istruzione del governo laburista). Un altro discorso merita la «qualità» dei membri dell´Opus Dei. Solitamente si attribuisce all´Opera un interesse speciale per affiliare i professionisti di alto livello e i dirigenti politici. Tra i numerari - i celibi che abitano, salvo dispense, nelle residenze, e che si sottomettono a una severa disciplina di lavoro, preghiera e mortificazione - , se non altro, questa fama è giustificata. I portavoce ribadiscono che l´Opus Dei è aperta a tutti e che ci sono molti esempi di parrucchieri e tassisti membri dell´Opera a dimostrare l´interclassismo dell´organizzazione. John Allen, autore di una approfondita ricerca sull´Opera, fa notare nel suo libro Opus Dei, «che inizialmente l´Opera si orientò decisamente verso le élite della società, ma che oggi non è più così». La realtà, tuttavia, è lenta a cambiare. «Il profilo generale è ancora costituito da colletti bianchi, sia tra i numerari sia tra i sopranumerari, e sono rari gli operai. Il numerario tipico ha un alto livello formativo e professionale. Ma questa «è una legge socioeconomica», ricorda Allen, «perché sono le persone che appartengono già all´organizzazione ad attirare l´interesse dei possibili nuovi membri facendo propaganda nel proprio ambiente». Risalta, nonostante tutto, il fascino che l´Opus Dei esercita tra le casalinghe. All´Opus Dei appartengono donne di tutte le estrazioni sociali e di occupazioni molto diverse, ma l´alto numero di adesioni di madri di famiglia tra le sopranumerarie ha spostato la bilancia interna dalla parte delle donne. L´Opus Dei che nelle sue origini spagnole era un´istituzione chiaramente maschile (né la madre, né la sorella di Escrivá riuscirono ad affiliarsi) afferma che oggi il 55 per cento dei suoi membri sono donne. Ai sopranumerari (il 70 per cento del totale), ai numerari (il 20 per cento) e ai sacerdoti (il 2,2 per cento) si aggiunge nell´Opus Dei una categoria chiamata «numerarie ausiliarie». Si tratta di circa 4.000 donne che si occupano prevalentemente della gestione interna delle residenze, compito che include il lavoro domestico. Questa funzione ha suscitato accuse di maschilismo e di discriminazione, alle quali i dirigenti dell´Opera (e le stesse ausiliarie) tentano in ogni modo di ribattere. La spiegazione risale alle origini, quando Escrivá volle trasferire nell´organizzazione religiosa l´ambiente familiare della propria casa, dove si erano tenute le prime riunioni dell´Opus Dei. Escrivá parlava spesso della necessità di «un tocco femminile» nelle residenze. Oggi questo argomento suona superato, ma i numerari e le numerarie considerano essenziale il lavoro delle «ausiliarie», che assumono la funzione di «madre» (con l´autorità che ciò comporta) e rendono i centri dei «posti veramente accoglienti e ospitali». «Queste persone», afferma Juan Manuel Mora, «svolgono come mansione professionale i compiti di una normale madre di famiglia e il loro lavoro ha la stessa dignità di quello di un ministro». La vita quotidiana di un numerario dell´Opus Dei è organizzata rigidamente. La giornata inizia con la frase «Serviam» (servirò) appena si aprono gli occhi. I numerari sono tenuti a frequentare quotidianamente la messa e a comunicarsi, a recitare l´angelus, il rosario, a leggere i Vangeli, a ripetere una serie di orazioni e a praticare esercizi di meditazione. Devono, inoltre, portare il cilicio (una fascia di cuoio irta di uncini metallici), annodato a una coscia, per un paio di ore al giorno, e una volta alla settimana devono flagellarsi le natiche con una specie di frusta recitando un Ave Maria. «Essere numerario è più vicino a un rapporto di amore che a un obbligo che comporta sofferenza: senza la base di un rapporto personale affettuoso con Cristo, tutto sarebbe ridicolo», afferma Marc Carroggio. Le punizioni corporali hanno contribuito in maniera notevole a diffondere le leggende sinistre che circondano l´Opus Dei, soprattutto perché San Josemaría Escrivá era spesso cruento nelle sue flagellazioni. Esistono testimoni che confermano la scia di sangue che talvolta lasciava dopo essersi flagellato. I membri dell´organizzazione ridimensionano l´importanza di queste pratiche, la cui funzione è quella di «condividere» in piccola misura la sofferenza di Cristo. Sono dispiaciuti per l´attenzione che nel mondo esterno all´Opus Dei si dà a «qualcosa di secondario, che occupa appena l´1 per cento del nostro tempo». «Ritengo molto più importanti altri tipi di «mortificazioni» che ci imponiamo, come la volontà di servire e il fatto che si dia importanza a dettagli come la puntualità», è il commento di un numerario. Il portavoce della Santa Sede, Joaquín Navarro-Valls, uno dei più conosciuti numerari dell´Opus Dei, è convinto che due ore di palestra siano più mortificanti del cilicio. Un altro numerario ci ha confessato che più di una volta ha scordato la pratica quotidiana del cilicio e che non ha più sanguinato a causa delle mortificazioni fisiche. I portavoce dell´organizzazione ricordano che l´uso del cilicio non è assolutamente anomalo nel cattolicesimo, poiché i gesuiti, per esempio, lo utilizzarono fino agli anni Sessanta, spiegando inoltre che ai nuovi membri si raccomanda prudenza, e mai il contrario, quanto all´uso degli strumenti di dolore. Chi lascia l´Opus Dei con amarezza (una piccola minoranza rispetto al totale, ma troppo vasta per considerare trascurabili le sue denunce) accusa in genere l´organizzazione di «fare il lavaggio del cervello» e di annullare la personalità delle persone a forza di imporre limiti alla libertà e di imporre mortificazioni e disagi. Il prelato, il vescovo Echevarría, ha ammesso pubblicamente che l´Opus Dei può aver fatto del danno a certe persone e ha chiesto scusa per questo. La spiegazione ufficiale è che, in effetti, l´Opus Dei non è, come la birra Guinness, piacevole a tutti i palati, e che la disciplina che in alcuni accresce l´autostima e acutizza l´esperienza religiosa, risulta per altri intollerabile. Al portavoce Juan Manuel Mora, preme sottolineare che i cilici, il dormire sulle tavole e le occasionali docce fredde «non sono assolutamente rappresentative». «Non abbiamo inventato noi la mortificazione corporale, né è esclusivamente nostra», aggiunge. «La nostra principale caratteristica è proprio il contrario: le cose comuni». Un giovane numerario ha detto che i piccoli sacrifici sono necessari «perché altrimenti ci adagiamo». «Un eccessivo ozio» dei numerari suona paradossale, vista la loro agenda quotidiana. Ma c´è anche un´altra prospettiva. «La preghiera e il resto non ci pesano. Siamo cattolici convinti e ci teniamo a vivere fino in fondo la nostra religione; d´altra parte, viviamo in residenze nelle quali qualcuno prepara da mangiare e fa le pulizie, affinché noi possiamo lavorare e studiare in pace: il rischio è quello di diventare uno scapolo che si è sistemato», ha spiegato lo stesso numerario. Nonostante tutto, sono numerose le persone per così dire gelose della vita comunitaria dell´Opus Dei. Un esempio è quello di un giovane numerario, la cui madre è sopranumeraria e condivide pertanto i mezzi e i fini dell´organizzazione, e che è, ciononostante, preoccupata: «Mia madre», spiega il numerario, «sa che sto bene, ma continua in qualche modo a pensare che io conduca una vita normale e si sorprende del fatto che io preferisca dormire in una residenza quando vado a visitarla. Forse fatica ad accettare che quando si entra nell´Opus, si entra a far parte di una nuova famiglia». Sia gli uomini, sia le donne si impegnano a partecipare ogni sera a una riunione dove si parla e dove i numerari riproducono, per quanto possibile, la vita famigliare. Il clichè vuole i numerari persone piuttosto bigotte. Il loro riflesso di automortificazione può essere rinvenuto in alcuni piccoli dettagli, come per esempio non chiedere al ristorante il piatto che più preferiscono, ma internamente, le loro politiche per quanto attiene il cibo e il bere sono liberali e nessuno viene punito se dovesse ruttare: anche il fondatore lo faceva spesso. L´ambiente interno è alquanto gioviale. I numerari si recano ogni giorno sul posto di lavoro con un duplice proposito: fare il proprio lavoro il meglio possibile per fare cosa grata a Dio e comportarsi in maniera tale che i loro compagni possano prenderli a modello. Quest´ultimo aspetto fa parte della missione evangelizzante che, in principio, si assumono tutti i cattolici. Ma i membri dell´Opus Dei si trovano sempre di fronte allo stesso dilemma: è appropriato far sapere ai colleghi di lavoro che si appartiene all´Opera? Qual è il momento più opportuno per dirlo? Possono sorgere delle difficoltà sul lavoro? Quando due numerari si trovano, la cosa più normale è che si salutino con qualcosa che sembra una parola d´ordine, ma che è in realtà soltanto la parola latina «Pax», «pace». All´Opus Dei si attribuisce una certa tendenza a funzionare come una rete massonica e ad adoperarsi con grande efficacia nella promozione professionale dei propri membri. Tutti i numerari che abbiamo sentito affermano, al contrario, che appartenere all´organizzazione non è d´aiuto. «Al contrario, molte colleghe ti guardano come una bestia strana quando apprendono che sei dell´Opus», commenta uno. è molto difficile elaborare un elenco esatto delle proprietà dell´Opus Dei, perché a volte gestisce dei centri che non sono di sua proprietà e altre volte si limita a dare «assistenza spirituale» o a fornire professionisti a centri che, invece, non s´identificano interamente con l´Opera. La «lista canonica», raccolta da John Allen nel suo libro e che abbiamo verificato con i portavoce dell´Opera, include quanto segue: - quindici università (la principale è Pamplona) con circa 80.000 studenti; - sette ospedali con circa 1.000 medici, 1.500 infermiere e circa 300.000 pazienti; - undici business school, tra le quali l´Iese di Barcellona e l´Ipade in Messico; - 36 scuole elementari e superiori (cinque delle quali negli Stati Uniti) con circa 25.000 allievi, nelle quale l´Opus Dei si occupa dell´aspetto religioso; - 97 scuole professionali, con circa 13.000 studenti; - 166 residenze universitarie che accolgono circa 6.000 persone, le quali non appartengono che in minima parte all´Opus Dei. A ciò si devono aggiungere attività come Harambee, un fondo creato sulla scia della canonizzazione di Escrivá de Balaguer per finanziare progetti di sviluppo in Africa, e decine di piccoli centri come quello che, da diversi anni, funziona nel Bronx, a New York, per aiutare i giovani a studiare e arrivare all´università. Questi centri vivono grazie a sponsor esterni. Enric González