Varie, 16 marzo 2006
LཿAURA
L’AURA (Laura Abena) Brescia 13 agosto 1984. Cantante • «’Fra un uomo e un pianoforte non ho dubbi: scelgo il piano [...] non è una battuta: l’uomo che fa per me dovrebbe avere troppe caratteristiche specifiche e non negoziabili. Sì, dovrebbe essere un genio” [...] Il suo stile di vita, di scrittura e di canto sembrano arrivare da un altro pianeta. A spiegare tutto non bastano né gli anni di studio del pianoforte (cominciato da bambina) né i successivi studi di violino e di chitarra. ”Sono cresciuta in un paesino che non mi va nemmeno di nominare. E non è stato facile. Forse perché sono una persona riservata e odio il ”le voci girano... la gente mormora’. Così ero abbastanza frustrata e ho dovuto per forza crearmi un mio mondo, altrimenti sarei diventata come loro. A determinare questo mio bisogno di chiudermi e scrivere è stata la crudeltà dei bambini, dei miei coetanei. Quando si accorgono che uno ama il bello, l’arte, i sogni, infieriscono. Le mie amiche si sbaciucchiavano coi maschietti, io preferivo sognare d’essere una supereroina che combatteva contro il male”. Ma il suo senso di straniamento forse ha anche un’altra origine: L’Aura non guarda mai la tv: ”Divoro dvd di ogni genere, soprattutto film, ma non vado mai sulla normale programmazione. Forse è la reazione alla troppa tv vista da bambina [...] Il canto è uno strumento fra i tanti. La figura del cantante mattatore del carrozzone non mi convince” [...] Il suo regista preferito è Ingmar Bergman ”perché è gelido e sottile anche nelle emozioni che comunica”. Quanto alla musica, ”ascolto roba elettronica ed etnica. E, del passato, molto progressive rock come King Crimson, PFM, Area, Orme”. Il bilinguismo creativo nasce da due classi di liceo frequentate a Berkeley: ”In California ho imparato che non bisogna mai dare per scontato nulla e che occorre umiltà di fronte a persone che non parlano la tua stessa lingua e non ti conoscono. L’italiano frequenta per tutta la vita le stesse persone per non avere problemi”. A volte i brani nascono in una lingua e poi vengono tradotti nell’altra. Per esempio Dar Lin è stato pensato in inglese e poi riscritto in italiano: ”All’inizio volevo parlare di un uomo che lascia la famiglia per una donna più giovane. Poi un ragazzo mi ha raccontato delle molestie subite da bambino. E la canzone della storia ha preso un’altra piega”» (Mario Luzzatto Fegiz, ”Corriere della Sera” 16/3/2006).