Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2002  marzo 28 Giovedì calendario

La missione di padre Martin: salvare libri della Ddr, La Stampa, giovedì 28 marzo 2002 Berlino. Sembrava che guardasse i libri come gli altri, accarezzando le copertine polverose con le dita, ma quando ha alzato lo sguardo aveva gli occhi lucidi: «Prima per riuscire ad avere un libro così avrei dovuto dar via un intero stipendio, comprarlo sottobanco, leggerlo di nascosto

La missione di padre Martin: salvare libri della Ddr, La Stampa, giovedì 28 marzo 2002 Berlino. Sembrava che guardasse i libri come gli altri, accarezzando le copertine polverose con le dita, ma quando ha alzato lo sguardo aveva gli occhi lucidi: «Prima per riuscire ad avere un libro così avrei dovuto dar via un intero stipendio, comprarlo sottobanco, leggerlo di nascosto. Oggi me lo regalano, tanto nessuno lo leggerebbe oppure finirebbe nella spazzatura». una delle tante storie raccontate da padre Martin Weskott, un pastore evangelico che nell’antico refettorio della sua chiesa ha raccolto centinaia di migliaia di libri provenienti dalle biblioteche, dalle librerie e dalle case editrici della ex Germania orientale. E che accoglie chiunque voglia vederli offrendogli un tè e invitandolo a prendere ciò che gli interessa senza chiedere soldi in cambio. «Questa è una biblioteca imperfetta, come la Ddr era un paese imperfetto». Libri che nessuno vuole più, perché le biblioteche sono state chiuse per mancanza di sussidi, le librerie e le case editrici sono in gran parte fallite o si sono trasferite all’ovest, dove il mercato è un’altra cosa. Circa 800 mila esemplari, che oggi si sono ridotti a 400 mila, «ma altri ne arriveranno». Siamo a Katlenburg, nella Bassa Sassonia, un paesino nella zona ovest del paese che all’epoca della divisione distava dal confine circa venticinque chilometri. Dopo il ”Trattato fondamentale” del 1973, l’accordo che prevedeva il reciproco riconoscimento delle due Germanie e che costituì il primo decisivo risultato della Ostpolitik di Willy Brandt e l’inizio della ”normalizzazione” tra i blocchi, i tedeschi dell’ovest ottennero il permesso, 12 volte l’anno, di trascorrere un giorno nella Ddr. La famiglia di padre Martin viveva a Erfurth, nell’est: «Anche mio nonno era un pastore evangelico, morì di un infarto nel 1966 perché la situazione generale si era fatta per lui insostenibile. I miei genitori riuscirono a fuggire all’ovest, ma parte della mia famiglia era rimasta ancora lì». Dodici volte l’anno, padre Martin tornava a visitare luoghi e persone, dalla mattina alla sera. «I libri che si trovavano allora nella Ddr erano molto belli, specialmente le collane dei classici e di storia dell’arte. C’era tanta ideologia, è vero, ma anche tanta buona letteratura: penso a Stefan Heym, Volker Braun, Christa Wolf». Quando tornò nella Ddr dopo il crollo del muro quei libri erano pronti per il macero: dall’ovest infatti non arrivarono solo banane e capitali, ma anche montagne di letteratura fino ad allora proibita in Germania orientale. Una vera invasione di carta, che l’ufficio per i libri di Lipsia (un’istituzione che sopravvisse ancora due anni dopo la fine della Ddr) cercò di risolvere invitando le case editrici dell’est a fondersi con quelle dell’ovest. Il mercato comune non avrebbe potuto garantire la sopravvivenza di case editrici che si alimentavano soprattutto di sussidi statali: i costi di distribuzione, in particolare, non potevano essere sostenuti da case editrici come la ”Volk und Gesundheit” (Popolo e salute), finanziata interamente dall’allora ministero della Cultura. Fu così che molte case editrici furono assorbite, altre sparirono. E i libri? Jürgen Petry, che all’epoca era direttore dell’Ufficio dei Libri di Lipsia (Lkw), dichiarò: «Sono anch’io un germanista, e so che cosa significa distruggere la letteratura. Ma in un caso come questo, in cui non c’è abbastanza spazio per raccogliere tutta questa carta, non conosco altra alternativa del macero». Le proteste di tanti piccoli editori dell’est fecero poco rumore: l’unificazione era nel pieno, si trattava di risolvere problemi gravi come l’equiparazione dei salari e il riordino delle istituzioni. Figuriamoci se si poteva pensare a che fine avrebbero fatto i libri. «Nelle vicinanze di Lipsia c’era un enorme campo a cielo aperto - racconta padre Martin - dove centinaia di migliaia di volumi vennero buttati come fossero spazzatura. Rovistando mi accorsi che erano gli stessi per cui qualche anno prima la gente rischiava di venire denunciata alla Stasi, se per caso gli fossero stati trovati in casa». Anche se il sistema era molto efficiente per quanto riguardava il controllo e la censura, qualcosa ogni tanto sfuggiva alla vigilanza occhiuta della Ddr. Malgrado la divisione culturale del comitato centrale aveva redatto un preciso codice di comportamento per l’associazione degli scrittori e malgrado agenti della Stasi sorvegliassero di continuo il lavoro degli autori, quando la Wolf stava per pubblicare La ricerca di Christa T. si sentì ammonire dal presidente dell’Unione scrittori Max Walter Schulz con le parole «Ricorda le tue radici, Christa». Il libro sembrava virare un po’ troppo verso una pericolosa deriva soggettivistica. Tenere in casa un libro di Stefan Heym dopo il 1979, anno in cui lo scrittore fu espulso dall’Unione scrittori, significava ad esempio venire iscritti nei registri della Stasi. «Qual è il vero problema? - protestò allora Heym - Il problema è la letteratura. L’associazione degli scrittori dovrebbe esistere per sostenere coloro che cercano di mostrare il nostro mondo nella sua natura contraddittoria e di renderlo intelligibile. Al contrario essa emana risoluzioni che confermano all’apparato che ha ogni ragione di reprimere proprio questo aspetto della letteratura». «Oggi sembra tutto così lontano», dice padre Martin ricordando quegli episodi. E se non ci fosse il suo silenzioso simulacro alla memoria, costruito dalla spazzatura o dalle donazioni, e visitato ogni domenica da tanti abitanti della zona che cercano di riappropriarsi di vecchie letture, di quell’epoca sarebbero sparite anche le ultime tracce. «Per leggere questo libro bisogna essere in possesso di un permesso speciale» - si legge nel retro di uno dei tanti volumi accatastati nell’umido refettorio di Katlenburg. Il titolo è mezzo cancellato dall’usura: L’interpretazione dei sogni, Sigmund Freud. In un angolo sono ammucchiate centinaia di copie di Hinz und Kunz di Volker Braun (traducibile con «Tizio, Caio e Sempronio»). «Sono tutti gli esemplari della prima edizione - spiega padre Martin -. Il libro venne pubblicato con grosse difficoltà, poi qualcuno, forse per ordine della divisione cultura del Comitato centrale, acquistò tutte le copie e le chiuse in un magazzino. Non arrivarono mai in libreria, molte si sono rovinate, le altre sono qui». Cunicoli, scale, strettoie. E libri dovunque, di qualsiasi genere: i classici del socialismo Marx e Engels, la letteratura impegnata proveniente da Ungheria, Bulgaria, Cecoslovacchia, fumetti, favole per i bambini della Ddr, dove il paradiso è in terra e gli angeli sono operai, libri di scuola, di ingegneria, di fisica. La prima volta che padre Martin è finito sulle pagine dei giornali è stato quando uno scienziato del Max Planck Institut venne a visitare la strana biblioteca e trovò, nella sezione scientifica, la ricetta del silicato di magnesio, contenuta in un vecchio libro di fisica dell’Università di Dresda. Sulla base di quelle indicazioni è stato possibile creare una ceramica speciale che oggi compone la montatura di un fotospettrometro della sonda Nasa ”Cassini”, in orbita per analizzare Saturno. «Chi l’avrebbe mai detto», ripete ancora oggi padre Martin, sorridendo del prodigio ”made in Ddr”. In un angolo i libri donati dai privati, costretti a traslocare o a trasferirsi in case più piccole: «Questo è uno dei pochi libri sui bambini con problemi psicologici - dice il pastore mostrandoci il titolo di una giovane studiosa - sa, nella Ddr questo genere di libri era meglio non pubblicarli. Il socialismo non prevedeva handicap». Certo, forse bisognerebbe ordinarli, metterli in un luogo meno umido, catalogarli per autore... Padre Martin sorride. Chi viene qui non cerca soltanto libri. Francesca Sforza