Marco De Martino Panorama, 04/04/2002, 4 aprile 2002
Il Pentagono sottoterra, Panorama, 4 aprile 2002 La strada che riporta gli Stati Uniti nella guerra fredda attraversa la campagna della Pennsylvania al confine col Maryland
Il Pentagono sottoterra, Panorama, 4 aprile 2002 La strada che riporta gli Stati Uniti nella guerra fredda attraversa la campagna della Pennsylvania al confine col Maryland. Non ci sono segnali sulla strada provinciale, c’è soltanto una chiesa di pietra a marcare il punto in cui chi sa volta a destra, su una strada sterrata che porta verso la Raven Rock Mountain. Il contadino Hal Neill, che ha una casa ai piedi della montagna, sa che il bunker ha quattro ingressi ma in 30 anni che abita in zona lui ne ha trovati solo tre: « un posto misterioso, quello, c’è una intera città sotterranea là sotto» dice indicando il luogo dove si nasconde quello che da queste parti chiamano il ”Pentagono sotterraneo”. Il sito R, come più propriamente lo definiscono alla Casa Bianca, è uno dei centri di comando da cui gli Stati Uniti continueranno a operare in caso di attacco nucleare dei terroristi contro Washington. Alcuni sono convinti che sia il luogo da cui il vicepresidente Dick Cheney, che da sei mesi ha abbandonato la sua residenza ufficiale, guida il cosiddetto governo ombra. Solo di recente gli americani hanno scoperto che circa cento funzionari abbandonano a rotazione la capitale per vivere sottoterra per periodi che vanno da poche settimane a due mesi. Dove vadano non è certo, ma qualche indizio c’è. Tre ore dopo l’attacco al Pentagono, cinque elicotteri sono atterrati in zona, seguiti da una colonna di auto nere. Da allora il traffico è incessante [...] Secondo il ”CityPaper”, un settimanale di Filadelfia, in consiglio comunale siede un ex agente della Cia: la metà del paese lavorerebbe ogni giorno sottoterra, anche se nessuno lo ammette. Ci sarebbero sei piani di uffici scavati nella roccia, un lago sotterraneo che fornisce acqua, 3 mila posti letto compresa una suite per il presidente. ’Alternate joint communication center” e il nome che il centro ha nei pochi siti Internet che il govemo non ha ancora oscurato. Strategicamente situato a 150 chilometri da Washington e a 20 chilometri dalla residenza presidenziale di Camp David, con cui secondo alcuni è collegato, il sito R è uno dei cento bunker che circondano la capitale in un raggio di 300 chilometri. La costruzione della rete sotterranea fu voluta dal presidente Harry Truman subito dopo il primo test nucleare sovietico nel 1949: gli storici sostengono che subito dopo la Casa Bianca i missili russi avrebbero puntato sul sito R. Dopo il crollo del Muro di Berlino era stato deciso di diminuire il personale attivo nel bunker, ma l’attacco dell’11 settembre ha riportato il sito R al centro dei piani di continuità del governo: «Sono stati necessari investimenti nei bunker, che cominciavano a mostrare la loro età» ha scritto il ”Washington Post” nell’articolo che svelava le dimensioni del governo ombra, senza però rivelarne i luoghi [...] L’esistenza della rete sotterranea è nota sin dagli anni 60: la crisi dei missili con Cuba portò il paese a un passo dall’attivazione del piano di emergenza. Ad assicurare il collegamento fra tutti i centri sarebbe la Fema, l’agenzia federale che interviene nelle emergenze nazionali, che opererebbe dall’enorme città sotterranea nascosta a Mount Weather nella West Virginia. Secondo l’istituto di ricerca Global security, il centro occupa 434 acri ed è costato circa un miliardo di euro. La porta di ingresso pesa 34 tonnellate e impiega da 10 a 15 minuti per chiudersi. Dietro di essa si cela una città composta da venti palazzi per uffici di tre piani di altezza, ospedale, supermercato, centro per la cremazione dei cadaveri, studi radiofonici e televisivi. Il centro della Fema, dove possono dormire circa 2 mila persone, entra spesso in funzione. Quando una tempesta di neve bloccò l’attività di una centrale a Denton, nel Texas, migliaia di telefonate vennero dirottate a Mount Weather: il tempo medio di attesa di chi chiamava fu di 12 secondi. Il programma di continuità del governo in caso di emergenza divide i membri del governo in tre gruppi distinti, indicati con le prime tre lettere dell’alfabeto fonetico: l’Alfa destinato a rimanere a Washington, il Bravo che si trasferirà a Mount Weather, il Charlie che verrà assegnato ad altri centri sotterranei come il sito R. Non è previsto alcun rifugio per le famiglie, ma poco altro si sa dei dettagli del piano: deputati e senatori anzi ne hanno appreso l’esistenza dai giornali, dettaglio che ha provocato non poche proteste. «Quello che sconcerta è che in caso di disastro si prevede solo la sopravvivenza del potere esecutivo: gli altri sono lasciati al loro destino» si lamenta con ”Panorama” Wayne Madsen, che per anni ha lavorato alla National security agency. Sotto accusa è in particolare Tom Ridge, responsabile della Homeland security, che ha il compito di coordinare i piani. C’è anche chi mette in discussione l’idea stessa che una evacuazione sia possibile: a differenza di quello che succedeva durante la guerra fredda, quando il lancio di un missile intercontinentale dava il tempo per attivare piani di emergenza, la detonazione di una bomba nucleare portatile da parte dei terroristi non avrebbe alcun preavviso. In simulazioni di attacchi svolte di recente a Washington agenti della Delta force, che è stata scelta per sventare la catastrofe in caso di preavviso, hanno potuto fare poco anche dopo avere identificato l’ordigno: «Anche se si sapesse che una bomba viaggia su un furgone lungo il fiume Potomac in direzione della Casa Bianca, le nostre possibilità di intervento sarebbero limitate» riconosce uno degli agenti che hanno partecipato alle simulazioni. E se c’è chi pensa che questa sia una ragione in più per mantenere un governo ombra, altri ora guardano sconsolati i cartelli che sono apparsi all’improvviso in tutte le strade di Washington indicando le strade migliori per l’evacuazione della popolazione civile. Marco De Martino