MACCHINA DEL TEMPO APRILE 2006, 16 marzo 2006
La riforma giudiziaria e degli ordinamenti giuridici rientra a pieno titolo nelle misure di carattere amministrativo e nel progetto globale napoleonico che, come le monarchie di antico regime, tendevano all’assoluto controllo da parte dello Stato centrale e al ristabilimento e mantenimento dell’ordine sociale e politico
La riforma giudiziaria e degli ordinamenti giuridici rientra a pieno titolo nelle misure di carattere amministrativo e nel progetto globale napoleonico che, come le monarchie di antico regime, tendevano all’assoluto controllo da parte dello Stato centrale e al ristabilimento e mantenimento dell’ordine sociale e politico. Introducendo comunque alcune novità significative, come spiega ad Appuntamento con la Storia Marina Caffiero, professoressa ordinaria di Storia Moderna all’Università ”La Sapienza” di Roma: «Il codice civile – poi integrato da un codice criminale, uno commerciale e uno di procedura civile - fu uno strumento di razionalizzazione del diritto e della sua uniformazione a tutto lo Stato. Da questo punto di vista si superavano ampiamente i pur importanti codici settecenteschi di molti sovrani riformatori europei (in genere mere raccolte di norme e ordinanze già esistenti). Centro del nuovo codice civile era il principio di proprietà come diritto sacro, assoluto e inviolabile. Il codice definiva le regole del gioco della società borghese: la prima era la modernizzazione e l’individualizzazione della proprietà attraverso l’abolizione della feudalità, degli usi e delle proprietà comuni, tutelando gli interessi e il ruolo socio-politico della borghesia in ascesa e soprattutto del notabilato dei proprietari terrieri che il codice l’avevano fatto redigere». E la seconda? «Era la parte che riguardava la famiglia, il sistema successorio e il ruolo delle donne, che ha lasciato tracce nella legislazione di molti paesi europei ed extraeuropei (Benelux, Germania, Svizzera, Polonia, Canada francese). Le nuove leggi di successione imponevano infatti la divisione in parti eguali dell’eredità tra tutti i figli, maschi e femmine, scardinando il sistema della primogenitura dell’antico regime e garantendo la più ampia circolazione della proprietà». Allora in cosa andrebbe criticato? «Il Codice ha sancito per un secolo e mezzo la subordinazione delle donne nella vita privata oltre che nei diritti civili e politici in tutti i Paesi (cattolici) in cui fu introdotto e conservato: il diritto del divorzio, per esempio, era stato mantenuto, ma con forti restrizioni rispetto alla stessa legge rivoluzionaria del 1792. Per di più veniva rafforzata l’autorità maritale e sanzionate l’inferiorità giuridica e l’incapacità civile delle donne, che restavano ancora escluse dalla cittadinanza politica, come già stabilito dalla Rivoluzione. Si può quindi dire che il codice civile napoleonico fu nello stesso tempo incarnazione della modernità giuridica, ma anche frutto di un compromesso tra vecchio e nuovo a vantaggio del nuovo Stato emerso dalla Rivoluzione». Come cambiarono gli ordinamenti giuridici dei nuovi Stati? «I giudici dei tribunali civili e criminali, tranne i giudici di pace, elettivi, furono nominati direttamente dal governo e dichiarati inamovibili. Poi si introdusse una gerarchia dei tribunali (400 di prima istanza e 28 corti d’appello). Enorme fu la quantità di giudici e formidabile l’apparato poliziesco. Su queste istituzioni amministrative è stata costruita la Francia contemporanea. Di grande importanza fu la nomina alla testa dei dipartimenti e dei circondari di prefetti e sotto-prefetti, funzionari designati (e revocabili) dal governo. Queste figure, eredi degli intendenti provinciali di Luigi XIV, rappresentavano il potere esecutivo, controllando non solo gli aspetti amministrativi (ordine pubblico, approvvigionamenti, mercati, tasse, coscrizione militare), ma anche lo spirito pubblico e la raccolta di informazioni sul territorio, tramite inchieste e le famose statistiche». Una vera novità, queste ultime... «La statistica diventa davvero base e legittimazione della scienza amministrativa, e lo stretto rapporto con la politica e le pratiche di governo appare evidente nel progetto quasi utopistico di elaborare una topografia statistica dei dipartimenti francesi (ma anche degli Stati occupati) che doveva raccogliere e ordinare informazioni su ogni aspetto della vita economica e sociale. Le statistiche, raccolte accuratamente negli archivi centrali, costituiscono oggi una delle fonti più preziose per la ricostruzione storica. L’informazione e la conoscenza diventavano di fatto la base del buon governo e il metodo di controllo e di instaurazione dell’ordine. Il controllo del centro sulla periferia fu così garantito e la centralizzazione divenne la caratteristica, poi esportata in tutta l’Europa napoleonica, dell’organizzazione statale francese». Dal punto di vista giuridico, qual è stata l’eredità di Napoleone? «Le sue conquiste hanno lasciato in Europa un’eredità che ha superato le frontiere nazionali condizionando fino a oggi la storia degli ex Stati occupati, modellando ideologie e pratiche di governo tanto degli oppositori (ad es. lo Stato pontificio) quanto dei sostenitori di Bonaparte. Secondo lo storico Stuart J. Woolf, questa eredità si è concentrata soprattutto attorno al nazionalismo e alla modernizzazione amministrativa e giuridica, di lì in avanti utilizzata come modello: furono pochissimi i governanti ”restaurati” che abolirono in toto le riforme napoleoniche introdotte nei loro territori. Ne sono derivati il rafforzamento sociale delle classi possidenti e delle élites proprietarie e la loro crescente lontananza dal popolo. Inoltre, in reazione al centralismo autoritario e al dirigismo economico del regime napoleonico nacque il liberalismo, inteso sia nelle sue connotazioni politiche (di costituzionalismo e di libertà), sia in quelle economiche (di liberismo)». Quali sono gli aspetti più attuali? «Il codice napoleonico insiste su alcuni principi fondamentali usciti dalla Rivoluzione che valgono ancora oggi: eguaglianza di fronte alla legge, laicità dello Stato, libertà di coscienza, libertà di lavoro, riconoscimento del merito e non del sangue. Rinforzando il liberalismo economico, esso ha inoltre contribuito alla nascita del capitalismo. Invece la parte più datata, come abbiamo già detto, è quella relativa alla famiglia e alle donne, sottomesse all’autorità assoluta del marito e ridotte a tutela sul piano giuridico. La legislazione familiare costituisce una violazione flagrante del principio di eguaglianza proclamato dalla Dichiarazione dei diritti del 1789».