MACCHINA DEL TEMPO APRILE 2006, 16 marzo 2006
Divulgatore della Weltanschaung rivoluzionaria al suono di un’inquietante colonna sonora (il rombo dei cannoni e il rullo dei tamburi di guerra), salvo poi tradirla in gran parte con la svolta autoritaria, Napoleone ha comunque lasciato un paio di tracce significative nel mondo della cultura: i musei e le scuole
Divulgatore della Weltanschaung rivoluzionaria al suono di un’inquietante colonna sonora (il rombo dei cannoni e il rullo dei tamburi di guerra), salvo poi tradirla in gran parte con la svolta autoritaria, Napoleone ha comunque lasciato un paio di tracce significative nel mondo della cultura: i musei e le scuole. Le sistematiche spoliazioni delle nazioni vinte che venivano deliberatamente depredate del loro patrimonio artistico-devozionale e degli oggetti asportati dalle collezioni private delle famiglie nobili dell’Ancien Régime (fatti spesso rientrare tra i contributi di guerra), imponevano infatti la conservazione e la disponibilità delle opere d’arte stesse. Problema risolto brillantemente dal barone Dominique Vivant Denon, che raccoglie l’immane e prezioso bottino di guerra nel nuovo Louvre e in altri 22 musei provinciali, con l’ambizione di creare una raccolta-esposizione di quanto di meglio l’umanità avesse prodotto, separandolo per la prima volta dal suo contesto originario. La stessa spedizione militare in Egitto, con tanto di archeologi al seguito, ebbe il merito di riportare l’attenzione sull’antica civiltà, anche grazie alla fortunata scoperta della Stele di Rosetta: la pietra, riportando lo stesso testo in tre scritture differenti (il demotico, il geroglifico e il greco), permise di decifrare i geroglifici. Ma soprattutto Napoleone, intenzionato a formare una classe dirigente preparata e indottrinata, creò un sistema scolastico giunto sostanzialmente invariato fino a tempi recenti, con un’educazione elementare di tipo moralistico e una superiore di stampo nozionistico, caratterizzata da una trasmissione rituale del sapere con il professore protagonista assoluto e gli allievi in posizione passiva e assimilatrice. Non si può infine negare che la figura di Napoleone continui di per sé a produrre ”cultura”. Come ricorda lo storico Jean Tulard, «a lui sono stati dedicati tanti libri quanti i giorni che ci separano dalla sua morte». Un libro al giorno, quindi, tra cui andrebbero almeno letti i testi dell’esperto di strategia David G. Chandler (Le Campagne di Napoleone, I marescialli di Napoleone), le biografie di Luigi Mascilli Migliorini e di Georges Lefebvre (ambedue intitolate Napoleone), Il memoriale di Sant’Elena, la vera autobiografia napoleonica dettata a Emmanuel de Las Cases, e la Corrispondenza generale di Napoleone Bonaparte, monumentale raccolta degli epistolari napoleonici in tredici volumi, che saranno pubblicati a poco a poco fino al 2009. E poteva il cinema resistere al fascino del grande condottiero? A descriverne la vita affascinante quanto tormentata ci hanno provato in tanti, da Abel Gance (Napoléon, 1927, e Napoleone ad Austerlitz, 1960) a Giovacchino Forzano (Campo di maggio, 1935), da Henry Koster (Désirée, 1954) a Sacha Guitry (Napoleone Bonaparte, 1954), da Sergej Bondarc<caron>uk (Waterloo, 1970) al recente sceneggiato televisivo Napoléon di Yves Simoneau (2002). Per terminare con il già citato film di Paolo Virzì N e con Codice Napoleone, film di Michael Radford sull’esilio di Sant’Elena interpretato da Al Pacino.