Francesco Merlo Sette, 11/04/2002, 11 aprile 2002
Il topo furbo con le mani impastate nel gorgonzola, Sette, 11 aprile 2002 Aveva già fatto la pubblicità, aveva già prestato la sua immagine alla Diners, ma è questa la prima volta che, «beccato con le mani nel gorgonzola», Giulio Andreotti rivolge un’irrisione, una canzonatura, uno sberleffo alla magistratura che l’ha inquisito
Il topo furbo con le mani impastate nel gorgonzola, Sette, 11 aprile 2002 Aveva già fatto la pubblicità, aveva già prestato la sua immagine alla Diners, ma è questa la prima volta che, «beccato con le mani nel gorgonzola», Giulio Andreotti rivolge un’irrisione, una canzonatura, uno sberleffo alla magistratura che l’ha inquisito. E così fa il verso alla lunga campagna politica, giornalistica e giudiziaria che lo ha per sempre trasformato nel colpevole al quale non si può rimproverare nulla, nel reo imprendibile, nell’uomo con le mani in pasta che mai però con le mani in pasta si lascerebbe beccare. Insomma da circa due settimane Giulio Andreotti esibisce con allegria questa sua proverbiale loschitudine in una campagna pubblicitaria per il gorgonzola. Sull’ultima pagina dei più importanti giornali italiani il senatore a vita porta alla bocca un pezzetto di formaggio. E sotto c’è scritto: «Giulio Andreotti beccato con le mani nel gorgonzola». Andreotti gioca dunque con la propria inafferrabilità, con la propria leggenda di Belzebù, e sia che si tratti di un’estrema verità espressa come sfida o come dispetto o come provocazione, sia che si tratti di una lucida ma rassegnata ironia, lancia una suggestione e lascia un sapore ben più forte del sapore forte dello stesso gorgonzola: è il sapore di chi sa ironizzare con il proprio destino e con la Storia, perché non c’è peso che non possa essere sopportato dall’ironia. Nell’Italia drammatica delle chiamate alle armi, delle guerre civili e delle inquisizioni, dei regimi e dei processi alla politica, dei morti e dei riciclati, Andreotti alla fine (e chi lo avrebbe mai detto?) è la leggerezza del potere, è la verita che non esiste, è l’ambiguità felice, è la Storia che lascia scarti e residui ma non reati. E forse un giorno i libri di scuola ricorderanno che Andreotti, già assolto in prima istanza dall’accusa infamante d’essere stato il referente politico della mafia, ma ancora in attesa della sentenza di Appello, ha affidato a un manifesto pubblicitario la sua beffa più assennata, ha capito che i manifesti pubblicitari arredano la nostra epoca molto più dei talk show, come un tempo accadeva con i vetri nelle chiese, o con i mosaici. Perciò Andreotti usa la pubblicità per esprimersi e non per guadagnarci, ha devoluto il suo compenso alla fondazione don Gnocchi, ma facendo la pubblicità al gorgonzola parla più di sé che del formaggio. E forse è il gorgonzola che fa la pubblicità ad Andreotti. Nessun altro cibo più del formaggio somiglia alla Storia, il formaggio che è la manna delle utopie contadine, del paese di Cuccagna dove ”una montagna di cacio grattato si vede in mezzo alla pianura”. Ma il formaggio è anche la cosmogonia che dà origine al mondo, secondo Menocchio, il contadino che fu processato e perseguitato dall’Inquisizione perché raccontava che il mondo è latte cagliato, e in principio era il caos di terra, di aria e di fuoco, ma poi «qual volume caotico fece una massa come il formaggio nel latte» e nacquero i «vermi che sono gli angeli». Ed è piena di suggestioni questa nascita di vermi che è la nascita della vita, dove il più potente e sapiente dei vermi fu Iddio, anche lui nato da un pezzo di formaggio. Anche il formaggio di Andreotti non è buono se non ha i vermi. Il senatore pubblicizza il formaggio che più puzza e più seduce, più fermenta e più nutre, il formaggio che rimanda alla sensualità, alla gola, al peccato, ma anche alla trappola per topi, all’esca e ai complotti. Ebbene Andreotti è il topo furbo che mangia il formaggio che dovrebbe intrappolarlo, che ingoia l’esca e sputa l’amo, che riesce a evitare la tagliola senza rinunciare al pezzetto di gorgonzola, che non si lascia adescare perché la Storia non può essere adescata. C’è, nell’ingenuità del fumetto sul gorgonzola, il massimo della sagacia andreottiana, c’è il candore della volpe, c’è la semplicità del sapiente. Andreotti ”beccato con le mani nel gongorzola” è la cautela dello sfrontato, è il doppiogiochismo palese, quello stesso dei due forni e del compromesso storico. Andreotti è l’ambiguità italiana; è il sorriso di Monnalisa. Francesco Merlo