Claudio Colombo Corriere della Sera, 17/04/2002, 17 aprile 2002
Tutti i colpi di Don King, Corriere della Sera, mercoledì 17 aprile 2002 Si autodefinisce «workaholic», drogato di lavoro, oppure «dawn jobber», lavoratore dell’alba
Tutti i colpi di Don King, Corriere della Sera, mercoledì 17 aprile 2002 Si autodefinisce «workaholic», drogato di lavoro, oppure «dawn jobber», lavoratore dell’alba. Ogni mattina si alza alle cinque, dà un’occhiata ai giornali e va in ufficio, dove rimane fino a sera. Importante il rito della vestizione: nelle occasioni importanti, non manca mai il catenone di oro bianco tempestato di brillanti. Guardatelo: di lui non ci si ricorda il nome, ma la faccia sì. Anzi, i capelli: dritti come spade, color sale e pepe, una vera e propria sfida alla legge di gravità. Don King, il personaggio più pittoresco e discusso della boxe mondiale, ex galeotto, un conto quasi sempre aperto con le corti di giustizia americane, non ha infilato le dita in una presa di corrente. E non è vero, come sostiene qualche detrattore, che quei capelli siano così solo perché avevano staccato la spina della sedia elettrica un attimo prima di giustiziarlo. Quella testa, Don King, la cura con pazienza e tenacia. Perché - gli è stato chiesto - si pettina i capelli all’insù? «Perché voglio toccare il cielo», ha risposto scatenando una delle sue famose, stentoree, chiassosissime risate. Questo il personaggio. Discusso, discutibile, ma indubbiamente il numero uno degli organizzatori di pugilato. Oltre trecento match mondiali organizzati con la sigla Dkp (Don King Production), una serie di cause civili e penali intentategli da un centinaio di nemici, ville sparse in ogni dove (attualmente vive a Ft. Lauderdale, in Florida), patrimonio personale stimato in un miliardo e mezzo di dollari. Innumerevoli i suoi colpi: uno per tutti, il match di Kinshasa tra Ali e Foreman, un capolavoro politico ed economico. Uno che si fa dare dieci milioni di dollari (del ’74!) da un governo africano o è un mago o sa fare proprio bene il suo mestiere. Almeno trenta i grandi del ring amministrati in quasi trent’anni di carriera. Muhammad Ali sopra tutti: «Il più grande, inarrivabile» dice Don King. E infatti il ricordo più bello della sua carriera è legato al ”Labbro di Louisville”: «Sì, il miglior colpo organizzativo, quello che mi è rimasto nel cuore, è proprio Ali-Foreman del 1974. Ma sono orgoglioso anche di altre imprese, come quella di aver portato Larry Holmes e Michael Dokes dai dilettanti al titolo mondiale dei pesi massimi senza perdere un solo combattimento». Don King è stato ospite lo scorso week-end di Campione d’Italia, che ha organizzato la sfida dei welter tra Michele Piccirillo e l’americano Cory Spinks. Sono stati, per lui, la compagna Dana e il figlio Carl, quattro giorni intensissimi, trascorsi tra due laghi (Lugano e Como), tavolate imbandite e vodke ghiacciate con acqua naturale. «Amo l’Italia - dice -. Ho molti amici qui, a cominciare da Silvio Berlusconi, che ho conosciuto nel ’91 quando venni in Italia con Mike Tyson. Mangiammo a casa sua un megapiatto di linguine all’arrabbiata. Ah, Silvio, amico mio: sapevo che avrebbe fatto carriera in politica perché, dopo il primo mandato da presidente del Consiglio, ha acquisito maggior esperienza e maggiori conoscenze. Aveva difficoltà a gestire il consenso della gente, ora non più. Indovinai quando dissi che sarebbe diventato l’uomo politico più importante d’Italia». Non indovinò, invece, quando prese in mano la carriera di Francesco Damiani: «In Italia avete avuto grandi pugili. Il più bravo è stato Nino Benvenuti, ma io ho una grande stima di Damiani, grande atleta ma soprattutto grande persona. Oggi conosco poco i vostri pugili. So che Paolo Vidoz lavora in America con Lou DiBella. Conosco Lou, è un bravo guaglione, un amico: sa far bene il suo mestiere e Paolo può star tranquillo». Inevitabile una retrospettiva sul pugilato: Don King è passato attraverso tre generazioni di pugili, ha conosciuto campioni e bidoni. Il suo giudizio è autorevole: «La boxe in questi ultimi anni ha perso importanza perché non ci sono più campioni. Non si possono fare paragoni con il passato, ma è chiaro che non esistono più atleti che sappiano essere bravi sul ring ma anche carismatici al di fuori. La gente dice: non c’è nessuno come Ali. Io sono d’accordo, però la storia dice che gli eventi si possono ripetere e io non sono abituato a piangere sul passato. La boxe può tornare ai livelli di un tempo se recupera umiltà e certe antiche tradizioni. Noi neri dobbiamo riscoprire l’orgoglio di appartenenza: è lo stesso orgoglio che mi spinse a organizzare Ali-Foreman in Africa. l’orgoglio che tanti ragazzi hanno espresso sul ring: prima neri, poi pugili». Quell’orgoglio che, all’inizio, aveva anche un pugile chiamato Mike Tyson: «Non vorrei parlare di lui, ma come si fa? Io non ho mai avuto problemi, semmai li ha avuti lui con me. Il problema è che Mike era circondato da troppi Jago, troppi mestatori che gli hanno tolto l’identità. Ma, se mettete a confronto le due carriere di Tyson, quella con me e quella senza di me, troverete la risposta». Intanto Mike, che senza Don King è comunque in ballo per disputare il titolo mondiale dei pesi massimi (l’8 giugno contro Lennox Lewis), ha citato in giudizio l’antico partner d’affari per la sbalorditiva cifra di 70 milioni di dollari. Non è l’unico a reclamare soldi dal manager con i capelli elettrici: la lista è lunga e ricca di nomi famosi. Eppure «io adoro il pugilato, è il mio mondo - sostiene Don King - credo nella sua rinascita e io ne sarò il motore. Non si vive di soli Tyson o Lewis, oggi ci sono molti buoni pesi massimi che presto li sostituiranno. Parlo di Brewster, McCline, Williams, Tua. Con Holyfield-Rahman, in giugno, rivedrete al vertice la mia organizzazione: sarà l’inizio della nuova epoca d’oro di Don King, altro che Tyson». Il 7 dicembre compirà 70 anni: ma chi glielo fa fare, con un miliardo e mezzo di dollari in banca, di continuare a lavorare invece che leggere il suo amato Shakespeare sulla spiaggia di Miami? Non c’è risposta, solo un’alzatina di spalle. L’omerica risata di Don King sta per travolgere nuovamente il mondo della boxe. Claudio Colombo