Alessio Altichieri, ཿCorriere della Sera 15/4/2002, 15 aprile 2002
Un secolo fa uccidere i neonati era una pratica tutt’altro che insolita nelle Orcadi, ma anche nelle Shetlands
Un secolo fa uccidere i neonati era una pratica tutt’altro che insolita nelle Orcadi, ma anche nelle Shetlands. Lynn Abrams, storico all’università di Glasgow, cita il caso di una Margareth Walterson, che diceva di aver «sgravato un certo peso di cui non si era mai accorta». Gina Skaar, buttato il figlio in mare, fu trovata in un letto «inzuppato di sangue»: secondo lei erano le mestruazioni che le erano mancate per oltre un anno. Questi atteggiamenti erano assai rafforzati da superstizioni e leggende di origine scandinava (le Orcadi furono feudo norvegese). Tra le altre, la ferma convinzione che si dovesse «nascondere la gravidanza, per evitare l’attenzione dei folletti». Infatti, «se il bambino non cresceva sano e forte, si pensava che le precauzioni contro questi ”spiriti fatati” non fossero state sufficienti: il neonato sano era stato sicuramente trafugato e la creatura messa in culla al suo posto era un changeling, un bimbo delle fate», in tutto somigliante a quello vero. «Tale credenza allontanava i genitori dai bambini, i quali ai loro occhi non erano più figli, ma creature innaturali».